Delitti Esoterici. Stefano Vignaroli

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Delitti Esoterici - Stefano Vignaroli


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L'ho anche dovuta riprendere perché, seduta al tavolo, si era accesa una sigaretta e fumava in sala. Non erano presenti molti avventori, e nessuno si sarebbe lamentato, ma essendo proibito dalla legge, sa, sono dovuto intervenire!»

      «Era sola?»

      «Sì, sola.»

      «E solitamente viene da sola o in compagnia?»

      «Dipende. A volte sì, viene sola, ma spesso è in compagnia di una sua amica mora, una bella donna dall'accento straniero. Sembra che le due facciano coppia, qui in zona si dice che siano lesbiche.»

      Per pronunciare queste ultime parole si avvicinò a noi, abbassando il tono della voce.

      «Omosessuali» lo corressi.

      «Sì, è giusto. Oggi, nelle grandi città, non vi si fa più neanche caso, ma nelle nostre zone non siamo molto abituati a certi atteggiamenti.»

      «Bene, mio caro Luigi, basta così! Direi che io e l'ispettore Giampieri gradiremmo mangiare qualcosa. Che cosa ci propone?»

      «Beh, come vi dicevo prima non c'è molta scelta a quest'ora. Vi posso consigliare un bel piatto di trofie liguri al pesto alla genovese con fagiolini e patate, un piatto unico che vi lascerà di certo soddisfatti.»

      «Ce ne porti due porzioni abbondanti.»

      Era ormai quasi sera quando raggiungemmo Imperia e parcheggiammo avanti al distretto di Polizia.

      «Eccoci qua» disse Mauro. «Hai raggiunto il tuo nuovo posto di lavoro. Qui siamo in una zona decentrata della città, mentre la Questura è proprio in centro, in Piazza del Duomo. Credo che domani mattina, prima di iniziare qualsiasi attività, dovremo farci un salto. Il questore è uno che tiene molto ai formalismi e quindi ti dovrai pur presentare a lui!»

      Mauro mi guidò in un labirinto di corridoi e uffici, fino a raggiungere quello che sarebbe stato il mio ufficio.

      «Certo, ma prima di recarmi in Questura, gradirei fare conoscenza con il personale in servizio qui. Pensi che sia possibile incontrare gli uomini in prima mattinata?»

      «Farò in modo che siano tutti qui, salvo eccezioni giustificabili, alle otto. Per ora, credo tu voglia riposare. Là in fondo c'è una stanza con un letto e il bagno è nel corridoio. Troverai i tuoi bagagli e, di qualsiasi cosa tu abbia bisogno, sappi che io passerò la notte nella guardiola.»

      «Beh, finché non troverò una sistemazione migliore, mi adatterò, poi vedremo. Adesso sono troppo stanca per cercarmi un altro alloggio. E poi, comunque, sono abituata a vivere nel posto in cui lavoro!»

      Diedi un'occhiata alla mia scrivania, dove già troneggiava uno scatolone, contenente tutti gli atti delle indagini sulle persone scomparse a Triora. Non avevo certo voglia di metterci le mani al momento, anche perché temevo che qualsiasi cosa pescata lì dentro avrebbe potuto modificare le idee che mi ero fatta nel corso della giornata. Meglio ragionare a caldo e non farsi influenzare dal lavoro degli altri! A ogni buon conto, il mio occhio si posò su una copia di una rivista mensile. La afferrai, la sfogliai e mi soffermai sull'articolo che parlava dei misteri di Triora, uscito in occasione della scomparsa dei tre giornalisti, che facevano parte della redazione della rivista: Stefano Carrega, Giovanna Borelli e Dario Vuoli. Era riportato, in un riquadro, uno spezzone tratto da appunti del quaderno del Vuoli, rinvenuto all'interno della tenda abbandonata dei tre.

       Che senso ha cercare le streghe? Soprattutto, chi sono e come si riconoscono le streghe oggi? Non c'è più Inquisizione che ce le indichi. Forse esistono ancora, forse hanno solo un aspetto diverso. Nel 1587 era più facile riconoscerle: “Le vedrete mettere immagini di cera e sostanze aromatiche sotto la pala dell'altare. Ricevono la Comunione del Signore non sopra, ma sotto la lingua, perché possono così facilmente cavarsi dalla bocca il corpo di Cristo per servirsene nelle loro pratiche odiose. Inoltre ciò che distingue una strega da una peccatrice, o da una donnaccia, è la capacità di volare nella notte”...

      Già, magari verso la fine del '500 ancora la gente comune non sapeva riconoscere i trucchi e le illusioni di queste ciarlatane, e li prendeva per magia o stregoneria. Ma nel XXI secolo, andiamo! Questi tre giornalisti erano andati a cercare le streghe nel loro paese, e magari le avevano trovate! E si erano fatti rapire da loro? Ma via! Questa era tutta una montatura, ma a che scopo? Nascondere un delitto, voler far sparire le proprie tracce, o per quale altro motivo? E cosa c'entrava la setta, come diavolo si chiamava? Enomolas id ivres. Cosa poteva significare?

      Con la mente affollata da questi interrogativi, mi andai a lavare e mi ritirai nella stanza indicatami da Mauro. Le giornate erano lunghe e anche se erano quasi le nove di sera, fuori c'era ancora luce. Mi distesi sul letto senza neanche tirar giù le coperte. Mi stavo appisolando, quando sentii bussare alla porta. Era Mauro, che recava un bicchiere di carta con una bevanda fumante.

      «Non è dei migliori, è Tè del distributore automatico, ma ho pensato che poteva essere piacevole prima di coricarsi. Hai voglia di qualcosa da mangiare?»

      «No, grazie, devo ancora digerire le trofie.»

      «Beh, comunque ho una notizia per te. Il tuo cane, Furia, sarà qui al più tardi entro domani pomeriggio. Ho fatto ripulire il box in cortile, dove il tuo predecessore teneva il suo Pastore Tedesco. Penso che, per il momento, possa essere una buona sistemazione.»

      «Grazie di tutto, Mauro! Ma ora lasciami riposare. Sono molto stanca e domani dovremo affrontare un'altra giornata davvero intensa! Buonanotte.»

      Cercai nella valigia una leggera camicia da notte, mi spogliai e mi misi a letto. Mi addormentai e sognai streghe che volavano a cavallo delle loro scope, che si riunivano per invocare Satana, che partecipavano a Sabba sotto grossi alberi di noci. E poi inquisitori che le catturavano, le torturavano, le processavano e le facevano bruciare al rogo. Ma il fuoco non riusciva a consumare i loro corpi e ridevano e scherzavano, nonostante i vestiti e i capelli in fiamme. E, alla fine, le streghe si allontanavano dal luogo del supplizio, palleggiando tra loro bambini in fasce.

      CAPITOLO V

      L'indomani mi alzai di buon ora e iniziai a sistemare il mio ufficio. Verso le sette e mezzo notai che il distretto iniziava ad animarsi. Le stanze si riempivano, qualcuno si faceva un caffè al distributore, altri scherzavano e si scambiavano battute nell'attesa di dedicarsi all'attività lavorativa. Era un clima che mi ricordava gli anni di servizio trascorsi in questura ad Ancona. Iniziai a girare per i corridoi e salutare chi incontravo, erano tutti molto affabili e ricambiavano il mio saluto con un sorriso o una cordiale stretta di mano. Bene, il mio nuovo posto di lavoro non era male! Riconobbi il sovrintendente che avevo apostrofato la mattina precedente a Triora.

      «Buongiorno, sovrintendente...?»

      «D'Aloia, Dottoressa, mi chiamo Walter D'Aloia, ai suoi ordini!»

      «Bene, D'Aloia, riusciresti a procurarmi una di quelle lavagne a fogli bianchi e dei grossi pennarelli di vari colori? Ho bisogno di fare il punto sull'indagine e scrivere degli schemi mi aiuta a non perdere di vista nulla.»

      «Nel giro di qualche minuto le farò avere tutto ciò che ha chiesto.»

      «Grazie. Vi aspetto tutti alle otto in punto per le dovute presentazioni.»

      All'ora stabilita, una ventina di persone, di cui quattro donne, erano schierate avanti a me, mentre Mauro era al mio fianco e me le presentava, elencando nomi, gradi e attitudini di ognuno.

      «Un'ottima squadra!» commentai. «Io e l'ispettore Giampieri saremo molto impegnati nelle indagini sull'omicidio di Triora quindi, per quanto riguarda le normali attività, esse saranno coordinate dall'ispettore Gramaglia, che è il più anziano di voi. La sovrintendente Laura Gigli, che è un'esperta informatica, aiuterà invece noi due. Non credo che io e l'ispettore Giampieri ce la faremmo a condurre a termine da soli un'indagine che appare così complessa. Nei limiti del possibile e quando sarà il momento, mi avvarrò comunque della collaborazione di tutti voi, quindi tenetevi pronti. Ora ritornate pure alle vostre attività. Mauro, Laura! Voi no, rimanete qui con me.»

      Quando fui sola con i due, presi in mano un pennarello e cominciai


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