Quasi morta. Блейк Пирс

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Quasi morta - Блейк Пирс


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spazzolino, il dentifricio, il sapone e una maglietta di cotone per dormire sembrarono un salvavita per Cassie, che dovette consegnare altri Euro in cambio.

      “La tua stanza è in fondo al corridoio. Il tuo letto è il più vicino alla porta e hai una cassetta di sicurezza”.

      “Grazie”.

      “Il bar è da quella parte. Possiamo offrire ai nostri clienti la birra più economica di Milano”. La ragazza sorrise mentre posava la chiave della cassaforte sul bancone.

      “Mi chiamo Gretchen”, aggiunse.

      “Io sono Cassie”.

      Ricordandosi del motivo per cui si trovava lì, Cassie chiese “Avete un telefono? Internet?”

      Trattenne il fiato mentre Gretchen considerava la domanda.

      “Gli ospiti possono usare il telefono dell’ufficio solo in caso di emergenza”, disse. “Ci sono molti posti nelle vicinanze dove è possibile fare telefonate e usare un computer. Sono elencati in bacheca vicino alla libreria, e troverai anche una mappa”.

      “Grazie”.

      Cassie si guardò alle spalle. Aveva notato la bacheca entrando, sulla mensola più in alto. Era una grossa lavagna, ricoperta da pezzi di carta.

      “Mettiamo anche annunci di lavoro in bacheca”, spiegò Gretchen. “Facciamo ricerche giornaliere su tutti i siti e stampiamo gli annunci. Alcuni ci contattano direttamente se hanno bisogno di qualcuno part-time, come per esempio per fare il cameriere, riempire gli scaffali, o pulire. Quei lavori solitamente vengono pagati in contanti, giornalmente”.

      Sorrise a Cassie con affetto, come se sapesse bene cosa volesse dire essere in un Paese straniero con pochi soldi.

      “La maggior parte dei nostri ospiti riesce a trovare lavoro, se vuole, perciò se te ne serve uno, fammi sapere”, aggiunse.

      “Grazie ancora”, rispose Cassie.

      Si diresse subito verso la bacheca.

      C’era un elenco di cinque posti nei dintorni dove si potevano usare telefono e internet, e Cassie trattenne il respiro quando vide che vi era il nome della Cartoleria, ma che recentemente era stato coperto da una croce con un appunto, “Chiuso”.

      Quello era un buon segno, perciò Cassie decise di chiedere a Gretchen se poteva controllare l’elenco degli ospiti. Si diresse nel salottino, vedendo che la ragazza aveva appena aperto una birra e si stava sedendo sul divano tra un gruppo di persone che ridevano.

      “Ecco un altro ospite”.

      Un giovane snello con un accento inglese, che sembrava anche più giovane di Cassie, si alzò di scatto e aprì il frigorifero.

      “Sono Tim. Cosa posso servirti?”

      Notando l’esitazione della ragazza, disse, “Abbiamo un prezzo speciale per l’Heineken”.

      “Grazie”, rispose Cassie.

      Pagò, e lui le passò una bottiglia ghiacciata. Due ragazze dai capelli scuri, che parevano essere gemelle, si alzarono da uno dei divani vicini per farle spazio.

      “A dire il vero, sono venuta qui perché speravo di trovare mia sorella”, disse, sentendosi nervosa mentre parlava.

      “Mi chiedo se qualcuno di voi possa averla conosciuta, o se è stata qui per caso. Ha i capelli biondi – o per lo meno era bionda quando l’ho vista l’ultima volta. Il suo nome è Jacqui Vale”.

      “Siete lontane da tanto?” chiese con affetto una delle ragazze more.

      Quando Cassie annuì, aggiunse, “È molto triste. Spero tu riesca a trovarla”.

      Cassie bevve un sorso di birra. Era gelida e ricca di malto.

      Gretchen stava scorrendo il telefono.

      “Non abbiamo avuto nessuna Jacqui qui a dicembre. O a novembre”, disse, e Cassie sentì il cuore sprofondare.

      “Aspetta”, disse Tim. “Ho in mente qualcuno”.

      Chiuse gli occhi, come per ricordare qualcosa, e Cassie lo fissò con ansia.

      “Non vengono molti americani qui, perciò mi ricordo l’accento. Non ha prenotato una stanza, è venuta con un’amica che stava qui. Ha bevuto qualcosa e poi se n’è andata. Non era bionda; aveva i capelli castani, ma era molto carina, e ti assomigliava un po’. Forse qualche anno più grande”.

      Cassie annuì incoraggiandolo. “Jacqui è più grande di me”.

      “L’amica la chiamava Jax. Abbiamo incominciato a parlare quando l’ho servita, e mi ha detto che stava in un paesino. Credo fosse a un’ora o due da qui. Ora, ovviamente, non mi ricordo il nome del paese però”.

      Cassie si sentì mancare il respiro, al pensiero che sua sorella fosse effettivamente stata lì. A trovare un’amica, proseguendo con la sua vita. Non sembrava che fosse sul lastrico, disperata, o tossicodipendente, né in una relazione violenta, e nemmeno in alcuno dei terribili scenari che Cassie aveva temuto ogni volta che aveva pensato a Jacqui, e si chiese perché non si fosse mai messa in contatto con lei.

      Forse la famiglia non era stata così importante per lei e non sentiva il bisogno di ricontattarla. Anche se erano molto affiatate, erano state le avversità a renderle unite, dover sopravvivere agli scoppi di rabbia del padre e all’instabile vita familiare. Jacqui avrebbe potuto volersi lasciare quei ricordi alle spalle.

      “Non sapevo che avessi una così buona memoria in merito ai volti, Tim”, lo prese in giro Gretchen. “O funziona solo con le belle ragazze?”

      Tim sorrise, sembrando imbarazzato. “Ehi, era stupenda. Stavo pensando di chiederle di uscire, ma poi ho scoperto che non viveva a Milano, e ho pensato che probabilmente non sarebbe stata comunque interessata”.

      Ci fu un coro di protesta dalle altre ragazze.

      “Che sciocco! Avresti dovuto chiederglielo”, insistette la ragazza seduta accanto a Cassie.

      “Non ho ricevuto le giuste vibrazioni, e credo che avrebbe detto di no. In ogni caso, Cassie, se mi dai il tuo numero, farò del mio meglio per ricordarmi il nome del paese. Se mi torna in mente ti scrivo”.

      “Grazie”, disse Cassie.

      La ragazza diede il suo numero a Tim e finì la birra. Sembrava che fossero tutti pronti per un altro giro e avrebbero proseguito fino a dopo mezzanotte, ma lei era esausta.

      Si alzò e salutò tutti prima di andare a fare una doccia calda e sdraiarsi a letto.

      Fu solo quando tirò su le coperte che si ricordò, con uno shock, che i suoi medicinali per l’ansia erano ancora nella sua valigia.

      Aveva già subito in passato le conseguenze per il fatto di aver saltato una pillola. Faceva fatica a dormire se non era a pari con le pastiglie, ed era propensa ad avere incubi molto realistici. Talvolta, era diventata sonnambula, e Cassie si sentì nervosa all’idea che potesse succederle in un dormitorio condiviso.

      Poteva solo sperare che la birra, assieme al fatto di essere esausta, avrebbero tenuto lontano i brutti sogni.

      CAPITOLO QUATTRO

      “Svelta. Alzati. Dobbiamo andare”.

      Qualcuno stava colpendo la spalla di Cassie, ma lei era stanca – talmente stanca da riuscire a malapena ad aprire gli occhi. Combattendo la sua spossatezza, riuscì a svegliarsi.

      Jacqui era accanto al suo letto; i luminosi capelli castani mettevano in risalto una nera giacca alla moda.

      “Sei qui?” Emozionata, Cassie si sedette, pronta ad abbracciare sua sorella.

      Ma Jacqui si voltò.

      “Sbrigati”, bisbigliò. “Stanno arrivando”.

      “Chi sta arrivando?” chiese Cassie.

      Pensò immediatamente a Vadim. Le aveva afferrato la manica, strappato la giacca. Aveva piani in serbo per lei. Era riuscita a scappare, ma ora lui l’aveva ritrovata. Si sarebbe dovuta immaginare che


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