La Corona Bronzea. Stefano Vignaroli

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La Corona Bronzea - Stefano Vignaroli


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della città. Sarà finalmente la giovane Lucia Baldeschi a prendere le redini del governo ed evitare che Jesi cada nelle mani di nemici che da sempre incalzano alle sue porte? Certo, non si può lasciare il governo in mano a quattro nobili corrotti o, peggio, affidarlo al legato pontificio inviato dal Papa. Ma Lucia è una donna, e non è facile assumere ruoli di potere, tradizionalmente demandati agli uomini. E Andrea, il suo amore, che fine avrà fatto, dopo essere scampato al patibolo ed essersi dileguato al seguito del Mancino? Ritornerà in scena per aiutare la sua amata? O controverse vicende lo condurranno verso tutt’altri lidi?

      E ricordiamo anche la storia parallela, quella della studiosa Lucia Balleani, nostra contemporanea, che forse ha incontrato finalmente l’amore della sua vita, che la condurrà per mano a scoprire insieme al lettore nuovi arcani segreti.

      Insomma, gli elementi ci sono tutti per affrontare una lettura che di nuovo ci condurrà tra vicoli, piazze e palazzi di una splendida città marchigiana, famosa nel mondo per aver dato i natali all’Imperatore Federico II: Jesi. Buona lettura!

       Stefano Vignaroli

      CAPITOLO 1

      Bernardino aveva riaperto gli occhi dopo giorni e giorni di incoscienza. Nonostante la sua stanza fosse nella penombra, i suoi occhi furono abbagliati dalla luce e dal bianco candido dell’ambiente in cui si trovava. Una piccola stanza, spoglia, dalle pareti bianche, senza quadri, senza affreschi al soffitto, senza neanche la compagnia di uno scaffale con dei libri. Pensò di essere già giunto in Paradiso, ma i dolori lancinanti che avvertiva su tutto il corpo gli facevano capire di essere ancora in vita. Sentendolo lamentarsi, una suora gli si avvicinò e gli portò alle labbra la tazza di brodo di pollo, che fino allora gli aveva costretto a ingurgitare nonostante lo stato di incoscienza. Anche se freddo, Bernardino lo trangugiò con avidità, fino a che non gli andò attraverso e iniziò a tossire. Ma riafferrò il braccio della suora, che stava allontanando da lui il prezioso liquido, in quanto sentiva la gola talmente arsa, che pensava di essere uscito da quell’inferno di fiamme solo pochi minuti prima. E invece era passato quasi un mese, dal giorno dell’incendio della sua bottega.

      «Siete ancora molto debole, amico mio. Poco alla volta, o saranno guai. Il Dottore mi ha raccomandato: pochi sorsi e spesso. E il Dottor Serafino è uno che ci sa fare, altrimenti a quest’ora non sareste più tra noi!», gli disse la suora gentilmente, ma con voce ferma.

      «Il Cardinale, è stato il Cardinale…», provò a dire Bernardino, con la voce che si strozzava tra nuovi colpi di tosse.

      «Sì, sì, è stato il Cardinale Baldeschi a volervi far curare proprio in questo luogo, grazie all’intercessione della sua cara nipote. Purtroppo il Cardinale non c’è più. Una disgrazia, un’orribile disgrazia. Il Cardinale è stato ucciso, da una delle sue serve da quello che so, una certa Mira. Lo ha fatto precipitare dal balcone del suo studio, dopo averlo trafitto con un affilatissimo coltello. Si dice che il Cardinale abbia sorpreso la ragazza mentre stava rubando nel suo studio. È nata una lite tra i due e l’anziano ha avuto la peggio. Ma la serva è stata arrestata, e pagherà per le sue colpe. Ah, se pagherà!»

      Nonostante i dolori, Bernardino afferrò la mano della suora e fece uno sforzo sovrumano per parlarle.

      «Mi state dicendo che il Cardinale Artemio Baldeschi è morto? È la verità? Ma… quanto tempo è passato da quando ho perso conoscenza? Da come parlate, non sembrano fatti riferibili a ieri o all’altro ieri. E che ne è stato di Lucia Baldeschi? Da quello che mi dite deve essere rimasta sola!»

      «State calmo. Ve lo ho detto, non dovete fare sforzi! Avete passato un mese su questo letto, in preda alla febbre, al delirio, ai sogni che attanagliavano la vostra anima e il vostro cuore. Io e le mie consorelle disperavamo che ce la poteste fare. E invece, il buon Dio ancora non vi ha voluto accogliere nella sua casa, e siete ancora tra noi. Farò avere un messaggio a Lucia Baldeschi, avvertendola che avete ripreso conoscenza. Ne sarà ben felice e verrà di certo a farvi visita i giorni prossimi.»

      «Sorella, mandatela a chiamare subito. Palazzo Baldeschi è proprio qui di fronte, in questa stessa Piazza, lo posso addirittura intravedere dalla finestra!»

      La suora sorrise e ritirò la mano, ancora trattenuta da quella di Bernardino.

      «Per la sua sicurezza, la Signora si è ritirata nella residenza di campagna della famiglia, vicino Monsano, insieme alle sue figlie e ai loro precettori. Il Papa ha già provveduto a nominare un nuovo Cardinale, che è in arrivo da Roma. Siccome non si sa che idee abbia, la Contessina Lucia preferisce starsene lontana dalla città per il momento. Considerate che Jesi è allo sbando completo! Non abbiamo più né un’autorità civile, né religiosa, e potremmo essere facile preda di nemici, sia interni, che esterni. Quindi ritengo saggia la decisione della nobile donna, al fine di proteggere se stessa e le sue figlie. Non dobbiamo dimenticare che il suo promesso sposo, Andrea, è ancora in circolazione e potrebbe giungere da un momento all’altro, a reclamare il suo seggio di Capitano del Popolo, nonché la mano della nobile Baldeschi.»

      «Dopo tutto ne avrebbe il pieno diritto. Il titolo di Capitano del Popolo gli spetta e nelle vene della piccola Laura scorre il suo sangue», disse Bernardino, con la voce che cominciava quasi a schiarirsi.

      «Vi siete ripreso da poco e già non riuscite a tenere a freno quella maledetta bocca? Non dite eresie! Non vi è bastato scampare dalle fiamme una volta? Volete finirci di nuovo?», replicò la suora con ironia, andando a chiudere gli scuri della finestra per far piombare la stanza nel buio. «Riposate, ora, che ne avete bisogno!»

      «Una cosa sola, sorella. Ho lo stimolo di dover orinare. Come posso fare? Non riuscirò mai ad alzarmi da qui!»

      «Come pensate di aver fatto in tutti questi giorni? Rilassatevi pure tranquillamente. Vi abbiamo applicato un tubo flessibile, che convoglia direttamente i vostri umori in un vaso che è sotto il letto.»

      Bernardino lasciò andare l’urina, meravigliandosi di come in effetti nella stanza aleggiava un odore strano, dovuto ai medicinali e agli impiastri che gli avevano applicato sulle ustioni, ma non si avvertiva affatto odore di escrementi. E ne doveva aver fatti in un mese che era rimasto corico a letto!

      Mentre non ricordava nulla dei deliri e dei sogni dei giorni precedenti, da quel momento in poi il riposo di Bernardino fu costantemente agitato da incubi, da sogni e da visioni, che egli stesso, nel dormiveglia, quasi stentava a distinguere dalla realtà. Ora si rivedeva circondato dalle fiamme, ora si sentiva protetto tra le braccia dolci di Lucia. E già, solo ora capiva che era lei che l’aveva soccorso, che gli aveva salvato la vita. L’aveva vista distintamente sopra di lui, prima di perdere conoscenza. E si sarebbe aspettato di rivederla accanto a lui appena avesse riaperto gli occhi. Ma ogni volta che li riapriva, si ritrovava nella stessa stanza semibuia, inerme, incapace anche di sollevarsi appena. Le sole presenze umane erano le suore, ora una, ora un’altra, che si alternavano al suo capezzale, dandosi da fare a cospargerlo di unguenti e impiastri e a cercare di fargli inghiottire il solito brodo. Sembrava che in quell’ospedale non ci fosse altro alimento che quello. Solo una volta aveva percepito la presenza del medico accanto a lui, un uomo burbero, dai folti capelli bianchi e dal pizzo dello stesso colore. Aveva accostato l’orecchio al suo petto e aveva sentenziato: «Fra tre giorni proveremo a farlo alzare. Nonostante l’età, quest’uomo è una roccia. Ha un cuore più tenace del mio. Domani potremo concedergli la visita della nobile Baldeschi. Solo pochi minuti, sorella! Non dobbiamo farlo affaticare. Un’emozione troppo forte potrebbe essere ancora fatale per lui.»

      Lo stampatore ripiombò nel sonno, dovuto anche ai medicinali che gli venivano somministrati per alleviare il dolore. E sognò questa volta di essere di nuovo al lavoro nella sua tipografia, completamente ricostruita e rinnovata, più bella di prima. E sognò di dare dei buoni consigli alla nobile Signora sua amica. E sognò di vederla sullo scranno di Capitano del Popolo, nella sala dei Migliori all’interno del Palazzo del Governo. E sognò le bimbe, Anna e Laura, che giocavano e si rincorrevano nel parco di una sontuosa residenza di campagna, mentre lui le osservava come un nonno premuroso.

      Quando,


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