Nel Segno Del Leone. Stefano Vignaroli

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Nel Segno Del Leone - Stefano Vignaroli


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hanno fatto comodo per il vostro lavoro. Per preparare infusi e medicinali come quello che vi ho fornito or ora, ho bisogno di raccogliere piante officinali. E ad Apiro, soprattutto nella zona di Colle del Giogo, se ne raccolgono tante e di ottima qualità. E poi questa è la stagione migliore per raccoglierne. Inoltre sfrutterò la fioritura dei Crocus per ricavarne i preziosi stimmi e potrò trovare anche tanti buoni germogli di asparagina. Così potrò rifornire anche le mie cucine. Starò via qualche giorno e ritornerò ritemprata nel corpo e nello spirito. L’invernata è stata lunga e l’ho passata nell’angoscia per non aver avuto alcuna notizia di Andrea. Ora ho bisogno di distrarmi un po’, e di farlo a modo mio. Tra l’altro, mi piacerebbe anche far visita a Germano degli Ottoni, il reggente della Comunità di Apiro.»

      «Vedo che i miei consigli sono come parole gettate al vento. Datemi ascolto almeno in questo: fatevi accompagnare da una scorta fidata! In più, a questo punto, visto che vi recherete in quel di Apiro, voglio chiedervi un piccolo favore», e mise nelle mani di Lucia il prezioso libro che fino a poc’anzi aveva rimirato. «Questa è la prima copia da me stampata della Divina Commedia contenente le illustrazioni realizzate proprio dai frati di Sant’Urbano. Fermatevi all’Abbazia e consegnate il volume al Padre Guardiano, salutandolo e ringraziandolo da parte mia. Credo che sarà ben felice di vedere quest’opera finalmente ultimata, e di tenerne una copia a corredo della biblioteca del Convento.»

      «Siete sicuro di volervene separare? Mi sembra che sia l’unica copia che abbiate finora stampato!»

      «Ne ho verificato la qualità e ho tutto pronto per stamparne centinaia e centinaia di copie. Ritengo giusto che questa prima copia sia da consegnare alla comunità di frati che tanto ha lavorato per la sua realizzazione.»

      «Bene, Bernardino, se è la vostra volontà, sarò ben lieta di portare a termine questa missione per vostro conto.»

      Lucia fece quasi scomparire il tomo infilandolo sotto braccio. Poi si avvicinò con delicatezza allo stampatore, sfiorandogli una guancia con le sue labbra, a mo’ di saluto. Bernardino fece finta di nulla, ma il suo cuore era in subbuglio. Mentre la guardava allontanarsi, si abbandonò seduto su una panca di legno, in prossimità dell’ingresso della bottega. Mise una mano in tasca e strinse la boccetta che gli aveva dato Lucia. Ma non fece in tempo a mettere in bocca qualche goccia del medicinale, perché crollò prima. Ansimò, cercando aria, le palpebre si abbassarono. Sentì che il cuore non batteva più, era fermo. Scivolò dalla panca, fino a giungere in terra, poi tutto intorno si fece buio. Quando riaprì gli occhi vide Valentino, il suo garzone, sopra di lui, che gli stringeva il naso con le dita e spingeva forte il suo fiato all’interno della sua bocca. Gli fece cenno di smettere, trovando la forza di portare fino alla bocca la boccetta che ancora stringeva in mano. Riuscì a versare qualche goccia, trattenendola sotto la lingua. Nel giro di qualche istante si sentì pervadere da uno strano calore, riconquistò le sue forze, si ritirò in piedi, rifiutando l’aiuto di Valentino che gli tendeva la mano, e ritornò dentro la bottega.

      «Paolo! Valentino! Preparate le macchine. Si va in stampa!»

      CAPITOLO 9

       La primavera è estasi.

       Fiorire è un atto d’amore.

       (Anonimo)

      Prima di lasciare la città; Lucia si recò al Palazzo Vescovile per salutare il Monsignor Piersimone Ghislieri, che fu lieto di riceverla nella sala delle udienze.

      «Mia cara Contessina, sono ben felice di vedervi», proferì, tendendo la mano inanellata verso la giovane, prostrata ai suoi piedi. «Su, su, alzatevi, e ditemi, piuttosto! Novità da parte del Vostro promesso sposo? Si sa quando sarà di ritorno? Quando potrò finalmente unirvi in matrimonio?»

      «Eh, quante domande, Vostra Eminenza. Avessi le risposte, sarei ben lieta di rendervene partecipe. Purtroppo, i miei informatori mi segnalano che Andrea è stato inviato lo scorso autunno a combattere nei Paesi Bassi, ad affiancare i soldati francesi nella sporca guerra contro Carlo V d’Asburgo. L’inverno è stato lungo, e di Andrea e dei suoi compagni d’armi non se ne è saputo più nulla. Ma il mio cuore mi dice che è di certo vivo.»

      «Da quello che so, i francesi stanno avendo la peggio, tanto che il nostro Papa Clemente VII, per non essere travolto dagli eventi, sta cercando di tessere una possibile alleanza con l’Imperatore, al fine di salvaguardare lo Stato della Chiesa.»

      «Davvero? E al resto dell’Italia, il nostro beneamato Papa non pensa? Così facendo aprirebbe la strada ai Lanzichenecchi, che potrebbero giungere fino a Milano, saccheggiarla, e da lì spingersi a Firenze e finanche a Roma. E i nostri, che stanno dando man forte all’esercito francese, che fine faranno?»

      «Dobbiamo avere fiducia nel nostro Santo Padre. Vedrete, andrà tutto per il meglio. Ma ditemi il vero motivo che vi ha spinto a venirmi a trovare. Non credo, Contessina Lucia, che siate venuta qui a parlare di guerra e di politica. Quindi?», e il Cardinale si mise in atteggiamento di ascolto, guardando la giovane di sottecchi, con occhi furbi.

      Lucia arrossì leggermente, sentendosi osservata così da un alto prelato. Cercò di dissimulare l’imbarazzo, distaccando lo sguardo dagli occhi del Cardinale e fissando le fiamme allegre del grande caminetto.

      «Per alcuni giorni starò lontana da Jesi, e dunque non potrò seguire, come ho fatto per tutto l’inverno, il governo e l’amministrazione della città. Pertanto, in mia assenza, rimetto queste funzioni, che con tanta fiducia mi avete a suo tempo affidato, nelle vostre mani. Chiaro, fino al mio rientro.»

      «Bene, non ho problema in questo, anche se sono più esperto in governo delle anime, piuttosto che delle faccende materiali e terrene. Ma, di grazia, ditemi dove volete recarvi, e per quanto tempo sarete assente. Non avrete intenzione di raggiungere il vostro amato nei Paesi Bassi, mettendo a rischio la vostra stessa vita?»

      «No, non vi preoccupate. È mia intenzione star via solo pochi giorni. Andrò verso l’Appennino e raggiungerò l’abbazia di Sant’Urbano. Ho una missione da compiere per conto di Bernardino, lo stampatore. Devo consegnare ai frati Benedettini, fratelli a Voi ben cari, una copia della Divina Commedia realizzata dal mio caro amico tipografo e arricchita con le illustrazioni disegnate dalla mano degli stessi monaci. Coglierò l’occasione per raccogliermi qualche giorno in meditazione e preghiera e fare penitenza. Dopo la lunga invernata trascorsa, ne avverto proprio il bisogno.»

      «Bene, mia cara contessina. Non voglio ostacolare in nessun modo questa vostra volontà. Ma permettetemi di farvi accompagnare da alcuni uomini di mia fiducia. Vi faranno da scorta, e io mi sentirò più tranquillo.»

      Lucia, che non aveva alcuna intenzione di essere controllata giorno e notte dagli sgherri del Cardinale, fece finta di pensarci un po’ su, poi riprese la parola.

      «Vi ringrazio, Vostra Eminenza», e Lucia si abbassò un poco per riprendere la mano del Porporato e baciare l’anello per congedarsi. «Ho già dato ordine a quattro miei uomini di preparare i cavalli e le provviste. Sono già ben scortata. Non preoccupatevi per me.»

      Come ovvio, l’indomani mattina di buon ora, ancor prima dell’alba, Lucia impartì istruzioni alle governanti delle bambine, svegliò lo stalliere, fece sellare Morocco, e se ne partì al galoppo, senza alcuna scorta e senza alcuna provvista.

      Giunse all’abbazia di Sant’Urbano che era pomeriggio inoltrato. L’aria era frizzante. Anche se splendeva il sole, le montagne intorno erano ancora innevate. Risalendo da Esinante verso l’abbazia, Lucia si era fermata in un’ampia radura costellata di fiori colorati. La caratteristica di questi bei fiori, chiamati Crocus, era quella di spuntare in prati di montagna subito dopo lo scioglimento della neve. Gli stimmi dei crocus erano molto ricercati da massaie e guaritrici. Le prime, dalle piantine coltivate che fiorivano in autunno, ricavavano lo zafferano, ottimo condimento di colore giallo rossiccio da usare per rendere saporiti piatti particolari. Le guaritrici sfruttavano invece le proprietà medicamentose dei fiori selvatici, che in natura sbocciavano a primavera. Gli stimmi di questi ultimi andavano


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