Il Quadriregio. Frezzi Federico

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Il Quadriregio - Frezzi Federico


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alcun insú non saglia

              con grandi orgogli ed onte e con ardire.

              Chi come Circe la mente gli abbaglia,

         80 chi canta dolce piú che la sirena,

              e chi menaccia e chi dá gran battaglia.

              Di mille se un passa e anco appena,

              viene in contrada di splendor sereno,

              di belli fiori e dolci canti piena.

         85 Ed in quel pian sí chiaro e tanto ameno

              stanno quei ch'ebbon fama di virtute,

              benché battesmo e fede avesson meno:

              ché non vuol l'alto Dio che sien perdute

              le prodezze in inferno, e senza fede

         90 vuol che null'abbia l'eternal salute.

              Chi, oltre andando, piú suso procede,

              trova nel gran giardin quattro donzelle:

              oh beato chi l'ode e chi le vede!

              Tre altre piú divine e vieppiú belle

         95 ne stan piú su, e con queste sto io,

              accompagnata da quelle sorelle.

              Ed in quel loco bel vagheggio Dio,

              e veggio il primo artista nel suo esemplo

              tra le bellezze del suo lavorio.

        100 Poi vo piú alto ed entro nel gran templo

              del sommo Iove, e con la mente mia

              a faccia a faccia il Creator contemplo.

              Anche domandi quanta signoria

              ha Satanasso; ed, a ciò dichiararte,

        105 convien con fondamento sappi in pria

              che Dio è primo prince in ogni parte

              sempre e di tutto, ed a' primi motori

              la sua virtú comunica e comparte.

              E questi dopo lui sonno signori

        110 di tutte quelle cose, che 'l ciel move,

              perché de' cieli son governatori.

              Adunque ciò che da influenzia piove,

              o che fa 'l tempo, cioè state o verno,

              ovver natura delle cose nòve,

        115 tutto procede dal moto superno;

              e la virtú vien da' motor primai,

              a cui de' cieli Dio dato ha 'l governo.

              Piú che gli altri motor Satán assai

              ha di potenza, e da lui esser mossa

        120 puote ogni spera ed influir suoi rai.

              E se ogni cosa natural è scossa

              dai ciel, che viene in terra, or puoi sapere

              quant'ella è grande e ampia la sua possa.

              E, poiché colpa gli fe' l'ali nere,

        125 Dio spesse volte l'operar gli toglie,

              sí come in Iobbe si poteo vedere.

              Vero è che a certe cose egli lo scioglie,

              ché vuol che sia signor sopra la gente

              che segue la sua legge e le sue voglie.

        130 E tu lo proverai s'egli è possente

              coi vizi suoi ed anco s'egli stanca

              la carne vostra, quando a lui consente.

              Ma non temere e l'animo rinfranca;

              reduci i grandi esempli alla memoria,

        135 ché fortezza incorona, se non manca.

              Nella battaglia s'acquista vittoria.

              Nessun mai per fuggir o per riposo

              venne in altezza, fama ovver in gloria.

              E, se il cammino è duro o faticoso,

        140 pensa del fine e pensa qual sia il frutto

              fra te medesmo saggio e virtuoso. —

              Allor allor alla briga condutto

              stato essere vorria: tanta speranza

              mi die' il suo dir e rinfrancòme tutto.

        145 E però dissi con grande baldanza:

              – Andiam, ché nullo mostro pel sentiero

              di potermi impedire avrá possanza.

              – Non ti fidar di te, né sie altèro

              – rispose, – ché colui è piú da lunge,

        150 che stima esser piú appresso nel pensiero.

              Nessun giammai a buon termine giunge,

              se del gir poco o del tornar addietro

              non fa a sé gli spron, con che si punge.

              Perché di sé presunse il gran san Pietro,

        155 cadde, da vento piccolo commosso,

              non come ferma pietra, ma di vetro. —

              Quando udii questo, di vergogna rosso

              sí diventai, che dissi per scusarme:

              – Minerva, senza te niente posso.

        160 Perché spero da te la possa e l'arme

              – diss'io, – credo cosí esser difeso,

              se dietro a te ti degni di guidarme. —

      Allor si mosse, quando m'ebbe inteso.

      CAPITOLO III

      Come l'autore mediante la dea Minerva ritornò dell'inferno, dove era disceso.

              Denanti a me andava la mia guida,

              e poi io dietro per una via stretta,

              seguendo lei come mia scorta fida.

              Andando come alcun che non sospetta,

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