Il ritorno dell’Agente Zero . Джек Марс
Читать онлайн книгу.nuovo di dare gas ma il SUB cigolò, minacciando di sbandare di nuovo.
Sapeva che non sarebbe riuscito a mantenere la velocità necessaria per abbattere il cancello. Gli sarebbero rimbalzati sopra.
È un cancello elettronico, pensò all’improvviso. Era controllato dalla guardia vicina, che a quel punto sarebbe sicuramente stata allertata del suo tentativo di fuga e pronta con il pericolo MP7, ma significava che doveva esserci un’altra uscita dal complesso.
Colpi continuarono a crivellargli il parafango mentre i due inseguitori gli sparavano addosso. Alzò i fendinebbia e vide che si stava avvicinando rapidamente al cancello.
“Tieniti a qualcosa, ” avvertì Reid. Otets afferrò la maniglia sopra al suo finestrino e borbottò una preghiera sottovoce, mentre l’agente sterzava bruscamente verso destra. Il SUV scivolò di lato sulla ghiaia. Sentì le due gomme del lato passeggeri che si alzavano da terra e per un istante, gli balzò il cuore in gola al pensiero che si sarebbero ribaltati.
Ma mantenne il controllo, e le gomme tornarono sulla sterrata. Pigiò sull’acceleratore e puntò dritto sul vigneto, abbattendo il sottile pergolato di legno come se fosse fatto di stuzzicadenti e schiacciando le viti.
“Che diavolo stai facendo?” strillò Otets in russo. Rimbalzò sul suo sedile mentre viaggiavano sopra le piante. Dietro di lui, le due auto sportive frenarono con uno stridio. Non potevano seguirlo, non in mezzo al campo, ma probabilmente avevano capito che cosa stava cercando, e sapevano dove trovarlo.
“Dove è l’altra uscita?” volle sapere Reid.
“Quale uscita?”
Estrasse la Beretta dalla tasca della giacca (non un’impresa facile, con l’auto che rimbalzava così violentemente) e la premette sulla gamba già ferita di Otets. Il russo gridò di dolore. “Da quella parte!” urlò, puntando il dito storto nell’angolo a sud-ovest del complesso.
Reid trattenne il fiato. Ti prego, non mi abbandonare, pensò disperatamente. Il SUV era robusto, ma fino a quel momento era stato fortunato a non spaccarsi un asse.
Poi, per fortuna, il vigneto finì di colpo e tornarono sulla strada sterrata. I suoi fari illuminarono un secondo cancello, fatto dello stesso ferro battuto, ma su ruote e tenuto insieme da una singola catena.
Eccoci. Reid strinse la mascella e pigiò di nuovo sull’acceleratore. Il SUV prese velocità e Otets ululò un’imprecazione incomprensibile. La parte anteriore si scontrò con il cancello e lo spalancò di colpo, strappandolo dai cardini.
Si concesse un lungo sospiro di sollievo. Poi due fanali gli illuminarono di nuovo lo specchietto retrovisore: le auto sportive lo avevano raggiunto. Erano tornate indietro e avevano fatto un’altra strada, che presumibilmente partiva dal lato opposto del palazzo.
“Maledizione,” mormorò Reid. Non poteva continuare in quella maniera per sempre, e se gli avessero fatto saltare anche l’altra gomma posteriore sarebbe stato fregato. La strada lì era diritta, e sembrava inclinarsi verso l’alto. Era anche pavimentata molto meglio che dietro il cancello, che significava solo che le auto sportive lo avrebbero raggiunto molto più in fretta.
Gli alberi andavano diradandosi sul lato destro della strada. Il suo sguardo scattò dall’asfalto al finestrino del passeggero. Avrebbe potuto giurare di aver visto attraverso il vetro incrinato un scintillio… di acqua.
Un ricordo si fece strada nella sua mente, ma non una delle visioni lampeggianti della nuova coscienza. Era un ricordo vero e proprio, uno del professor Lawson. Siamo nelle Ardenne. L’offensiva delle Ardenne è avvenuta qui. Le forze americane e inglesi hanno protetto il ponte contro le divisioni tedesche sul fiume…
“Mosa,” mormorò ad alta voce. “Siamo sul fiume Mosa.”
“Cosa?” esclamò Otets. “Che stai farneticando?” Poi si abbassò istintivamente mentre dei proiettili mandavano in frantumi il loro finestrino sul retro.
Reid ignorò lui e i proiettili. Stava pensando. Che cosa è che aveva letto riguardo al fiume Mosa? Che attraversava le montagne, sì. E loro erano su una pendenza, che saliva verso l’alto. C’erano delle cave da quelle parti. Cave di marmo rosso. Precipizi e ripide discese.
Il SUV sussultò in segno di protesta. Un suono pesante e sconcertante risuonò da sotto l’auto
“Che cosa è stato?” gridò Otets.
“È l’asse che si spacca,” rispose Reid. Si concentrò sulla strada davanti a sé. Avevano pochissimo tempo.
Un altro scoppio fece ondeggiare l’auto e minacciò di sbalzarla dalla strada. Non un proiettile, pensò lui. Era l’altra gomma che esplodeva. Non aveva più tempo e stava finendo la strada. Scrutò tra gli alberi alla ricerca di uno spazio abbastanza largo.
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