Un Amore Come Il Vostro . Sophie Love

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Un Amore Come Il Vostro  - Sophie Love


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sposato—sua sorella, che aveva la metà dei suoi anni, non lo rendeva una delle sue persone preferite al mondo. Se si consideravano anche gli ovvi problemi legati alla figura paterna di Bryn, la situazione diventava persino più inquietante.

      “Esatto,” concordò Bryn, girandosi verso di lei. “E speravo che saresti stata la mia damigella d’onore.”

      Keira quasi si strozzò su una fetta di cetriolo. “Davvero?”

      “A chi altro lo potrei chiedere?” rispose Bryn.

      Keira fu sinceramente commossa dalla proposta della sorella. Decise di accantonare ogni pregiudizio e di essere solo felice per lei. Era la sua vita, dopotutto. Se voleva passarla insieme a una figura paterna sostitutiva con sessant'anni e passa, allora erano affari suoi.

      “Ne sarei davvero felice,” accettò. “Grazie.”

      Bryn sorrise, chiaramente felice della sua risposta. Poi la sua vena autoritaria prese il sopravvento. “Quindi dovrai dire al tuo lavoro che non potrai viaggiare per altri incarichi. Non puoi allontanarti dal paese ogni cinque minuti. Ho bisogno della mia damigella per le prove dell’abito, gli assaggi delle torte e la scelta della sala. Non rovinerai il mio matrimonio.”

      Le fece un occhiolino, ma Keira sapeva che non stava scherzando del tutto.

      “A proposito di incarichi,” intervenne Mallory. “Come è andato il tuo ultimo viaggio? Il tuo Natale svedese?”

      Keira notò la nota scontenta nella voce della madre. Doveva essere rimasta più ferita dal suo Natale passato all’estero di quanto le avesse lasciato intendere.

      “È stato fantastico,” rispose. “Mi sono divertita moltissimo.”

      “Beh, deve essere l’Uomo Giusto, allora, se riesce a tenerti lontana dalla tua povera mamma nel giorno di Natale,” si lamentò la donna, nel suo tono più addolorato.

      La giovane scrittrice punzecchiò il cibo con la forchetta. “In realtà… ci siamo lasciati.”

      “Cosa?” esclamò Mallory, sbalordita. “Ma credevo… Ma eri…” Alla fine, abbassò la posata, sbatacchiandola sulla ceramica. “Oh, per l’amor del cielo, Keira. Quando la smetterai con queste stupidaggini?”

      “Chiedo scusa?” domandò lei, sorpresa.

      “Voglio solo che trovi qualcuno,” rispose la madre. “Continui a incontrare tutti questi uomini fantastici ma non trovi mai quello giusto. Non è mai abbastanza. Quando hai intenzione di sistemarti? In fondo è quello che fanno tutti.”

      Keira scosse la testa. Sua madre, divorziata da tempo, non era esattamente la persona migliore da cui accettare consigli di coppia.

      Ma Mallory non aveva ancora finito con il suo piccolo sfogo. Si voltò verso Felix.

      “Hai degli amici single da presentare a ma figlia?” gli chiese. “Voglio dire, dato che è andata tanto bene tra voi due.”

      “MAMMA!” gridò Keira, evitando per poco di sputare un boccone.

      “Il mio testimone è single,” replicò Felix, con gli occhi che brillavano di malizia. “Siamo amici dai tempi del liceo.”

      Nonostante fosse ovvio che volesse solo provocarla, rispondendo al suggerimento di Mallory per il gusto del gioco, Keira rimase inorridita al suo pensiero.

      “Dai tempi del liceo?” ripeté. “Quindi da un centinaio di anni, più o meno?”

      Felix accettò la battuta con leggerezza e fece una risatina. Dall’altro lato del tavolo, il cellulare di Bryn lampeggiò. Keira le lanciò un’occhiataccia.

      “Mi hai appena fatto una foto?” chiese seccamente.

      “Sei carina così,” rispose la sorella, scrollando le spalle. “Ho pensato che potrei mostrarti a Nathan, il testimone di Felix.”

      “Non osare!” gridò lei, alzandosi di scatto dal tavolo per strapparle di mano il telefono. Bryn glielo impedì facendogli scudo con il proprio corpo, lasciandola ad annaspare inutilmente. “Non voglio uscire con un nonno!”

      Quelle parole posero fine al gioco.

      Bryn si schiarì la gola, con espressione inacidita. “Ti stavo solo prendendo in giro.”

      Mallory si agitò a disagio sulla sedia. Dall’altro capo del tavolo, Felix non riusciva a nascondere l’aria offesa che gli era apparsa sui lineamenti.

      “Mi dispiace,” mugugnò Keira, lasciandosi cadere di nuovo al suo posto. “Ho esagerato. Non volevo dire questo. È solo che non mi piace quando qualcuno cerca di organizzare la mia vita.”

      Ripensò a Elliot e al suo evidente disappunto nel modo in cui aveva chiuso la storia con Milo, senza parlare dello strano scoppio di sua madre di poco prima a cena. Le dispiaceva che fosse tanto preoccupata per la sua situazione sentimentale, e anche che Elliot fosse convinto che i suoi lettori avrebbero odiato la fine deludente della storia con Milo. Era stata tanto certa e sicura delle sue azioni, ma le opinioni di tutti gli altri stavano iniziando a turbarla. Ricordò a se stessa che ogni relazione era diversa, così come il viaggio verso l’amore di ciascuna persona.

      La tavolata rimase in silenzio per un lungo momento teso, mentre ognuno punzecchiava la propria cena con aria cupa.

      “Come è l’appartamento?” chiese alla fine Bryn.

      Keira fu grata per il salvagente che le aveva lanciato. “Sento che mi dà una gran libertà,” rispose. “Ma in realtà, sarebbe più accurato dire che è vuoto. Sono riuscita a farmi consegnare solo un materasso mentre ero all’estero. Il resto delle mie scatole e dei vestiti è qui.”

      “Ti servono dei mobili?” chiese la sorella. “Ormai sono diventata un'esperta a comprarli, quindi sarei felice di darti una mano.”

      “Lo faresti davvero?” chiese lei, felice che Bryn non le portasse rancore. A quanto pareva se la sarebbe cavata con poco, ma si chiese se non avesse intenzione di fargliela pagare in futuro. “Mi piacerebbe molto.”

      “Bene. Domani dopo il lavoro andremo per negozi,” propose la sorella.

      Keira annuì. “Grazie, sorellina.”

      “Non c’è problema,” rispose lei. “E non preoccuparti, i miei gusti sono molto moderni. Molto giovani. Niente di vintage. Niente di vecchio. Non c’è niente che faccia pensare ai nonni nei miei gusti.”

      Keira si morse l’interno delle guance e prese un profondo respiro. Ovviamente, era pur sempre Bryn. Non le avrebbe mai permesso di dimenticare la battuta sul nonno.

      CAPITOLO CINQUE

      Il mattino seguente non fu la sveglia a strappare Keira dal sonno, ma lo squillo incessante del suo cellulare. Rotolò sul materasso e afferrò il telefono dove l’aveva appoggiato a terra, in carica nella presa accanto a sé. Il nome di Elliot le lampeggiava davanti agli occhi. Era una chiamata personale; non veniva dalla linea dell’ufficio del Viatorum ma dal suo numero privato.

      Gemette notando che non erano nemmeno le sei del mattino. Era abituata a svegliarsi presto per il lavoro, in particolare durante i suoi viaggi, ma di recente sembrava che Elliot avesse preso a ignorare ogni limite professionale.

      Premette il pulsante verde.

      “Sei già stata online?” Le chiese subito il capo, prima ancora che Keira riuscisse a parlare.

      “Non ho nemmeno aperto le tende,” rispose lei con tono un po’ acido, “quindi, no, non ancora. Perché?”

      La voce di Elliot risuonò dall’altro capo, vivace e frenetica. “È il tuo articolo, Keira. La versione online è stata caricata a mezzanotte. È stata un successo! Come è che dice la gente di questi tempi… è diventata virale.”

      La donna si alzò a sedere di scatto, completamente sveglia. “Davvero?”

      “Non avrei mai dovuto dubitare di te,” continuò Elliot. “Tu conosci davvero i tuoi lettori. Suppongo che la fascia demografica delle donne eterosessuali sopra i venticinque


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