Non Andare Mai Dal Dentista Di Lunedì. Ana Escudero

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Non Andare Mai Dal Dentista Di Lunedì - Ana Escudero


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– Riunione a tre

      Indolente, Peter si appoggiò a una panchina, mentre si toglieva con il bordo della manica lo scarso sudore che gli stava cadendo dal lato della fronte e sospirava con aria stanca. Non sapeva più cosa fare per trovare suo figlio. Si sentiva sfinito sia fisicamente che psicologicamente, si stava sforzando più del solito. Non poteva essersi perso perché sapeva perfettamente dove viveva.

      – Cosa possiamo fare adesso, Sultán? Io non so cosa pensare di tutto questo.

      Una macchina si fermò davanti a lui e il conducente gli fece cenno di avvicinarsi.

      Peter obbedì, mentre Sultán ringhiava sommessamente e rizzava i peli. Si sorprese nel riconoscere il dentista, anche se non indossava il camice bianco e non sapeva di antisettico.

      – Salga in macchina – gli disse —. Dobbiamo parlare.

      – Zitto, Sultán – ordinò Peter mentre entrava, dato che continuava a ringhiare —. È il dottor Bisturi, non lo sai?

      Sultán obbedì, ma non perché Peter glielo aveva ordinato. Da quando si lasciava comandare da quel zuccone? Invece aveva molta curiosità canina per quello che doveva dire quel dentista.

      – Mi dispiace che lei e suo figlio siate coinvolti in questa cosa – cominciò —. Ho ricevuto questo, mi pare che sia di suo figlio – disse mostrandogli una cintura con disegnati dei personaggi della Disney.

      – Be', sinceramente non mi suona. Sicuro che sia di mio figlio?

      – Perché crede che ringhiasse Sultán? Tenga, lasci che l'annusi.

      Peter fece così e Sultán lanciò due latrati allegri per poi mostrare i denti minacciosamente.

      – Io non ho suo figlio, ma posso aiutarla a trovarlo.

      All'improvviso, prima che qualcuno potesse reagire, il dentista mise in moto la macchina, lasciando Sultán sul marciapiede e sorprendendo Peter per l'azione del suo odontoiatra.

      – Perché ha fatto questo? Sultán, Sultán, corri! – gridò Peter, ma Sultán non gli diede retta. Forse stava aspettando l'Esattore.

      – Non sa tutto quello che è successo. Io non avrei potuto evitarlo, anche se avessi voluto – osservò il dentista —. Non è che mi scuso. Quello che deve sapere è che Xenia e io avevamo una missione da compiere, erano mesi che aspettavamo il segnale.

      Peter lo guardò stupidamente. Non era capace di pensare a una domanda intelligente, non sentiva neanche indignazione, né sembrava arrabbiato per la scomparsa di Alexis.

      Il dottor Bisturi non disse nient'altro, mentre guidava la macchina fin dove li stava aspettando l'infermiera.

      – Se vuole, posso aiutarla a trovare suo figlio, d'accordo?

      – Mi sembra giusto – rispose, mentre una voce interiore gli sussurrava che quella non era la risposta più adeguata.

      – La prima cosa che deve sapere è che questo deve rimanere tra me e lei. Non può dirlo a nessuno, né alla polizia, né a sua moglie, né a nessuno che conosca.

      Peter non ritenne necessario rispondere, dal momento che lui non si sarebbe mai avvicinato a un commissariato e non sarebbe stato capace di valutare se lo intimoriva di più dire qualcosa a sua moglie o all'Esattore, che doveva essere incluso nel "nessuno che conosca". Questa frase avrebbe potuto includere anche Sultán?

      – Prima andiamo a incontrare Xenia e tra noi tre penseremo sul da farsi – disse il dottor Bisturi senza pensare con chi stava parlando.

      Peter si agitò inquieto sul sedile, mentre lasciava uscire dalla bocca un mormorio inintelligibile.

      Qualche minuto dopo il dottor Bisturi si fermò con la macchina di fianco a Xenia. Il dottore corse ad abbracciarla.

      – Non è il momento – mormorò —. Dobbiamo risolvere delle cose importanti.

      Il dottore la lasciò andare di malavoglia e fece cenno a Peter di avvicinarsi. Peter obbedì subito, mentre si passava la mano sulla testa cercando di domare dei ciuffi ribelli. Vedendo la giovane infermiera, ricordò il buco che aveva in bocca.

      – La mia bocca! – gridò indicandola.

      – È vero, mi scusi. Come comprenderà, non posso finire il lavoro qui, ma le posso dare un calmante assai forte che durerà alcune ore.

      Peter lo guardò diffidente. Poteva fidarsi di un dentista che lasciava un lavoro a metà per chissà quale ragione?

      – Che ne dice? Sarà solo una punturina da niente.

      Peter fece un segnale affermativo con la testa vedendo che l'infermiera stava preparando un'iniezione. Lei la diede al dottore e allora lui si avvicinò a Peter, ma proprio in quell'istante l'immaginazione fervida di Peter accelerò e una semplice iniezione si convertì in un gigante, provocando un'emozione viscerale a Peter, che indietreggiò spaventato e, dopo aver emesso uno strillo, si girò di lato e iniziò a correre gridando:

      – Mi vogliono assassinare!

      Il dottore e l'infermiera lo guardarono mentre si allontanava.

      – Dovremmo andargli dietro. Potrebbe rovinare tutto – disse il dottore.

      Tutti e due si guardarono, lei cosciente del fatto che portava delle scarpe con i tacchi alti, lui cosciente che la corsa non rientrava nella sua dignità neanche come attività sportiva.

      – Forse dovremmo dividerci. Uno che porti a termine la transazione e l'altro che metta in salvo il bambino – suggerì lei.

      Il dottore la guardò con dolore, dolore per doversi separare da un esemplare così bello, anche se comprendeva che lei aveva ragione, lei era sempre stata la più intelligente dei due.

      Peter continuò a correre e a gridare, finché fece un passo falso e percorse alcuni metri con la gamba zoppa per poi andare a sbattere contro qualcosa. Si fermò, obbligato sia dal dolore al piede che dalla sorpresa suscitata dal recente scontro.

      – Figurati se guarda dove va! – esclamò un tizio grande come un armadio.

      – Vede un dentista pazzo che mi segue? – chiese mentre si massaggiava il piede ammaccato.

      L'uomo lo guardò come se fosse lui quello pazzo e si allontanò lentamente. Nonostante la sua stazza, non voleva fare accordi con qualcuno.

      – Che succede? Perché si allontana? – chiese Peter seguendolo.

      L'uomo non gli rispose e accelerò il passo.

      – Non corra, per favore. Deve aiutarmi a trovare mio figlio. Lei ci mette i muscoli e io l'intelligenza.

      – Non mi segua! Io non la conosco.

      – Neanch'io conosco lei, ma mi dà delle buone vibrazioni e c'è sempre una prima volta – gli disse, nonostante quel tipo emettesse un odore misto tra sudiciume e alcol e il suo aspetto fisico fosse tutto fuorché tranquillizzante.

      – Io non so dov'è suo figlio. Non sarebbe meglio che andasse alla polizia?

      Peter non si era accorto che durante la loro conversazione l'uomo si era avvicinato sempre di più a una stazione di polizia e che stava salutando con un lieve movimento della testa un poliziotto in uniforme che stava sorvegliando la porta principale.

      Si ricordò dell'avvertimento del dentista. Lui non aveva intenzione di entrarci, era meglio che si allontanasse di soppiatto.

      Con un altro segnale il tizio, un poliziotto in borghese per essere più precisi, indicò a un altro poliziotto che doveva arrestare Peter.

      Tale poliziotto si avvicinò veloce e silenzioso a Peter e, una volta al suo fianco, gli disse:

      – Venga con me, per favore.

      Peter si allontanò un po' di più, non aveva mai avuto un buon rapporto con il corpo di polizia e non aveva intenzione di vedere se questa volta sarebbe stato diverso. Il poliziotto si mise di nuovo al suo fianco e lo afferrò per il braccio.

      – Non mi faccia usare la forza – gli disse.

      – Mi


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