Jeremy (Angelo Spezzato #4). L. G. Castillo

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Jeremy  (Angelo Spezzato #4) - L. G. Castillo


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. . .”

      “Non è qui. È con Uri e Rachel. Gli ho detto che volevo parlarti da sola” disse Naomi.

      Jeremy sospirò di sollievo, grato che Lash non l’avesse colto in flagrante mentre si comportava come un cretino innamorato con sua moglie.

      “Non gli dirai che ero qui, vero?” Il pensiero delle sue braccia e delle sue gambe che lo circondavano gli passò velocemente per la mente e guardò subito a terra, allontanando le immagini. Non poteva nemmeno più guardarla senza ricordare quei sogni. L’attrazione verso di lei era troppo intensa.

      “Non lo farò.”

      “Bene.” Jeremy aprì le ali e si concentrò sul piccolo spazio vuoto di fianco a Naomi. Era appena sufficiente perché ci passasse senza entrare in contatto con lei. Si lanciò in avanti.

      “Jeremy, per favore. Dimmi cosa c’è che non va.” Naomi afferrò il suo bicipite, fermandolo.

      Lui trasalì. Il dolore non gli era estraneo. Sapeva cosa si provava a sentirsi bruciare cellula dopo cellula, come quando si era trovato nel Lago di Fuoco, ma niente era paragonabile al tocco di Naomi. Lo shock corse dalla punta delle sue dita lungo le braccia fin dentro al petto.

      “Non ce la faccio.” La sua voce era un sussurro roco.

      “A fare cosa?”

      Abbracciarti. Adorarti. Amarti.

      Non poteva rispondere alla domanda, non come avrebbe voluto. Doveva andarsene, ma il tocco delicato della mano di Naomi sul suo braccio lo tratteneva come mille catene. Ciuffi di capelli le svolazzavano sul bellissimo viso, lanciando richiami al cuore di Jeremy.

      Non guardare.

      Occhi color zaffiro si oscurarono incontrando quelli di lei. Il respiro caldo di Naomi colpì la sua guancia ruvida.

      Allontanati.

      Jeremy si avvicinò. Le sue ciglia scure si abbassarono mentre il suo sguardo si spostava sulle labbra rosa di Naomi.

      Solo un bacio. Un abbraccio.

      Bear abbaiò.

      Lui rimase immobile, sconvolto da ciò che aveva quasi fatto, con il cuore pesante perché non l’aveva fatto. Guardò verso Bear, grato che lei percepisse ciò che Naomi ovviamente non vedeva o si rifiutava di vedere.

      “Non posso” disse, staccandosi dalla sua presa.

      “Per favore, Jeremy. Lascia che ti aiuti. Parlami. Puoi dirmi qualunque cosa. Tu sei mio—”

      “Fermati!” Occhi pieni di dolore la guardarono prima che lei potesse dire la parola che l’avrebbe ucciso. “Non chiedermi cosa non va. Non hai nessun diritto di chiederlo.”

      Nell’istante in cui il viso di Naomi si spense, Jeremy si augurò di potersi rimangiare quelle parole. La facciata dell’arcangelo spensierato che aveva costruito con cura si stava sgretolando. Non sapeva per quanto tempo ancora sarebbe riuscito a tenerla insieme.

      Poi, quando il viso di Naomi passò dal dolore alla rabbia e i suoi occhi si accesero di un fuoco blu, Jeremy seppe che avrebbe resistito solo pochi secondi prima di prenderla fra le braccia e lanciarla sul letto a pochi passi di distanza.

      “Ho tutti i diritti di chiederlo. Tengo a te. Sei mio fra—”

      “Maledizione, Naomi! Non vedi quello che mi stai facendo?”

      “Sto cercando di aiutarti.”

      “Non sei di aiuto. Non posso stare qui con te così.”

      “Così come? Con me che mi preoccupo per te?”

      “Sì! Non vedi che questo mi ferisce più di qualsiasi altra cosa? Tu ti preoccupi per me come una sorella.”

      “Cosa c’è di male in questo?”

      “Niente . . . tutto. So che dovrei esser grato di qualunque cosa possa avere da te. Averti come sorella dovrebbe essere sufficiente. Avere mio fratello e la mia famiglia con me dovrebbe esser sufficiente. Vorrei che lo fosse, ma non lo è perché io—”

      Serrò i denti per impedire che le parole lasciassero le sue labbra. Se avesse permesso loro di uscire, non ci sarebbe stata la possibilità di tornare indietro.

      “Oh, Jeremy, ne abbiamo già parlato. Pensavo che tu fossi d’accordo con me.”

      “Lo so, lo so. Tu pensi che questi sentimenti per te esistano solo nella mia testa. Ma non è così, Naomi. Sono qui.” Si batté una mano sul petto nudo. “È tutto qui dentro. Tutto per te perché tu sei tutto ciò a cui riesco a pensare, tutto ciò che sogno. E non dovrei pensarti—non in quel modo. Non posso andare avanti così.”

      “Cosa vuoi dire?”

      “Me ne devo andare.”

      Lei sbatté le palpebre, incredula. “Non puoi. Distruggerai Lash. E non pensi ai tuoi genitori? Non te ne puoi andare.”

      “Non c’è altro modo. Gabrielle mi garantirà la possibilità di rimanere sulla Terra per un lungo periodo se ne avrò bisogno. Ne sono certo.” Guardò il suo viso devastato e si chiese per quanto tempo sarebbe riuscito a vivere una vita lontano da lei e dalla sua famiglia. “Devo allontanarmi per un tempo sufficiente perché al mio ritorno ti possa amare come una vera sorella.”

      Se ciò è del tutto possibile. Deglutì il groppo che aveva in gola quando pensò che avrebbe potuto non rivedere più lei o la sua famiglia.

      Si avvicinò alla finestra, tenendo le ali vicine al corpo. Si fermò. Girandosi verso Naomi, tese una mano. Le accarezzò leggermente una guancia.

      “Dì a mio fratello che sentirò la sua mancanza.”

      “No. Diglielo tu.” Una lacrima le scese sulla guancia, bagnandogli il pollice.

      Lui lasciò cadere la mano e scosse la testa, girandosi prima di cambiare idea. “Sarà meglio per tutti se non lo faccio. Per favore fallo tu per me, Naomi.”

      Senza aspettare una risposta, saltò dalla finestra, lanciandosi nel cielo. Mentre il suo corpo scendeva in picchiata lungo la cresta della montagna, il vento gli riempì le orecchie con un rumore che bloccava il suono dei singhiozzi di Naomi. Quando stava per schiantarsi al suolo, aprì le ali e sollevò il corpo verso l’alto, evitando l’impatto solo per qualche centimetro. Andò verso il Salone del Giudizio, l’unico posto tranquillo dove poteva rimanere da solo e pensare a come convincere Gabrielle a lasciarlo partire.

      5

      Dopo aver aperto le pesanti porte di mogano, Jeremy entrò nella sala. L’ambiente era illuminato dalle numerose candele allineate lungo i muri. Alla fine del grande salone c’era un trono di legno pregiato. Il ricco cuscino di velluto splendeva alla luce delle candele che circondavano il trono del giudizio. Jeremy era stato in quella stanza decine di volte con Lash, e a volte con altri angeli caduti. Era sempre rimasto in disparte, a guardare Michael emettere le sue sentenze, chiedendosi cosa si provasse ad inchinarsi davanti all’arcangelo più potente, sentendosi vulnerabili, ad implorare il perdono e a supplicare di essere riammessi in Paradiso. Sebbene infrangesse le regole ogni tanto, Jeremy non era mai stato sfiorato dall’idea di infrangere le leggi del Paradiso al punto da venirne espulso. Perché avrebbe dovuto? Disponeva di tutto ciò di cui avesse mai avuto bisogno o che avesse mai voluto . . . finora.

      Le fiamme tremolavano mentre Jeremy si recava con decisione verso il trono di Michael e vi si inginocchiava davanti. Appoggiò la testa sul petto. Non doveva più chiedersi cosa sentissero gli altri in questa posizione. Lo provava in ogni parte del corpo. Sentì un peso al petto mentre le ultime settimane gli scorrevano nella mente. La lite con il fratello, il desiderarne la moglie, il sognare una vita in cui Lash non ci fosse così da poter avere Naomi per sé.

      “Perdonami, fratello.”

      La sua voce possente echeggiò nel salone silenzioso. Aveva lottato duramente per riconquistare la fiducia di Lash. Non voleva perdere il fratello ancora una volta. Il pensiero di andarsene e non rivedere più la propria famiglia o Naomi gli stava strappando il cuore, pezzo dopo pezzo. Non poteva rimanere. Non se ne


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