Il Guerriero Sfregiato. Brenda Trim

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Il Guerriero Sfregiato - Brenda Trim


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      Shae era al corrente delle dinamiche dei marchi d’accoppiamento e di come e quando apparivano. Nei Prescelti umani il segno appariva sempre sotto l’orecchio sinistro e restava un segno mistico fino al completamento dell’accoppiamento, quando mutava in un tatuaggio in modo che non potesse mai essere rimosso. A causa della maledizione che si era protratta per sette secoli la ragazza non aveva mai visto un marchio d’accoppiamento, fatta eccezione per quelli dei suoi genitori e nonni. Fortunatamente era stata rimossa di recente e i Prescelti erano stati benedetti ancora una volta.

      Il Principe Kyran raggiunse la donna dopo essersi occupato del demone della furia che l’aveva preso di mira. “Vedo che sei riuscita a metterti nei guai, peperino”.

      “Non più del solito. Cosa diavolo sono quei cosi schifosi?” Chiese lei. Shae si voltò e vide che diversi demoni pus si erano uniti in battaglia. Si ricordò di aver combattuto contro uno di quei bastardi sul ring non molto tempo prima. La melma che lasciavano sulla loro scia aveva complicato la battaglia, infatti uno dei Guerrieri Oscuri scivolò e si schiantò contro un muro. La struttura fragile tremò ma resistette all’impatto, e l’uomo si diede la spinta e trafisse la gola del demone con un pugnale. Il pus verde trasudava dalla ferita e l’odore che emetteva era nocivo. Non diede fastidio a Shae come fece ai Guerrieri che erano visibilmente disgustati, ma doveva ammettere che era schifoso.

      Il suo Guerriero sfregiato era coinvolto in duello con uno dei demoni pus a quattro braccia. Non aveva idea del perché la propria mente insistesse nel provare particolare interesse per quello sconosciuto, il quale venne vincolato da due delle braccia del demone mentre con le altre due fece per prendergli la testa. Gli occhi azzurri di lui irradiavano determinazione, infatti diede una gomitata al demone nello stomaco nel tentativo di liberarsi. Shae osservò l’arto di lui affondare in modo inefficace nel corpo molliccio del nemico.

      “L’inguine!” Esclamò Shae cercando di attirare l’attenzione di lui. “Colpisci all’inguine!”.

      La guardarono un paio di occhi di ghiaccio, quindi il Guerriero annuì come a indicarle di aver compreso il suo suggerimento. Un secondo dopo il demone urlò dal dolore, e quando cadde a terra il suo Guerriero non perse tempo nel decapitarlo. Era un combattente impavido e la scena la eccitò.

      Un altro Guerriero urlò dal dolore quando venne catturato da quattro braccia viscide, quindi il suo Guerriero balzò in aria prima di affondare la lama nel cranio del demone. Atterrò poi in piedi senza fatica, e si voltò su sé stesso quando sentì che uno Skirm lo stava avvicinando da dietro. Il primo Guerriero si occupò del demone pus mentre il preferito di Shae continuò a battersi. Nel giro di pochissimo entrambi i maschi si ritrovarono a prendere fiato dopo aver annientato i nemici che li avevano attaccati.

      “Grazie, Gerrick”. Shae prese un appunto mentale: il suo Guerriero sfregiato dagli occhi azzurri si chiamava Gerrick.

      “Figurati, Caell”.

      I due si voltarono imbracciando le armi, pronti per proseguire la carneficina, ma nelle loro vicinanze non erano presenti avversari. Shae percepì però l’arrivo di altri demoni. “Andate via, ne stanno arrivando altri. Fate in fretta” implorò la femmina che era tornata per salvarle.

      “Mi chiamo Mack, e sarà un piacere rispettare finalmente la mia promessa”. Mack alzò la gamba per abbattere la serratura con un calcio mentre gli altri si occuparono delle restanti celle, ma il Principe Kyran la anticipò.

      “Lo stavo per fare io, succhia-sangue” protestò Mack.

      “Lo so” rispose, e Shae era finalmente libera. Non si fermò a riflettere prima di correre incontro a Mack e stringerla in un abbraccio.

      “Mi chiamo Shae, e ti devo la mia vita”. Erano trascorse settimane infinite, forse mesi, di torture, stupri e combattimenti, e finalmente era fuori da quella cella. Non erano ancora al sicuro, ma sicuramente non avrebbe più fatto ritorno in quella prigione; avrebbe preferito morire. “Un grazie non è abbastanza per quello che hai fatto. Se dovessi mai aver bisogno non esitare a chiamarmi”.

      “Parliamone dopo. Sai come si fa a uscire in fretta da qui? Dove siamo entrati è troppo lontano” disse Mack, interrompendola prima di allungarsi a cercare qualcosa nello zaino.

      “Non ne ho idea. Mi hanno teletrasportata qui”.

      Mack le porse dei vestiti, ma Shae scosse il capo. “Dalli a Cami. Ne ha più bisogno di me”. Fece cenno con la testa a un’umana che stava tremando dalla paura. Non sembrava molto più umana. La fragile donna era lì da meno tempo di tutte, ma indubbiamente era la più traumatizzata.

      “Dovremo uscire da dove siamo entrati. Venite, ci conviene muoverci” tuonò Gerrick. La voce di quest’ultimo era in grado di calmare l’anima di Shae nonostante il tono fosse agitato e nervoso; anche il corpo della donna reagiva a essa. Si trattava di qualcosa di rassicurante e inquietante allo stesso momento; gli orrori che aveva vissuto non l’avevano uccisa. Shae si voltò, diretta verso l’uscita. Era pronta per lasciarsi quel capitolo della propria vita alle spalle.

      CAPITOLO DUE

      Gerrick osservò Zander mentre li guidò fuori da lì. Gli faceva male tutto a causa della battaglia, ma non abbassò la guardia. Non credette nemmeno per un secondo che l’operazione potesse essere stata talmente semplice; Kadir era un bastardo meschino e spietato, e tutto sommato era risultato troppo facile avere la meglio sui nemici.

      Restò in allerta e percepì dei ringhi e guaiti di animali provenire da est rispetto a dove si trovavano. Forse Hayden e gli altri muta-forma stavano tenendo lontani i demoni e gli Skirm abbastanza a lungo per dar loro modo di portare in salvo le donne. Gerrick osservò le poverette terrorizzate da dove si trovava nella sezione posteriore del gruppo.

      Erano tutte sporche, sanguinanti e ricoperte di lividi, ma non era attratto da nessuna come lo era da Shae. Lo sorprese il rendersi conto della varietà di donne che erano state rapite; da umane a muta-forma e vampiri e da Valchirie ad Arpie. Lo adirava il vedere che all’Arpia erano state vincolate le ali. Era scioccante il fatto che la creatura fosse riuscita a non soccombere in quelle condizioni, ovvero privata di tutto ciò che le dava vita. Nessuno si meritava di venir torturato in modo così brutale. Zander non aveva nemmeno fatto cenno di rimuovere le catene d’argento dalle ali dell’Arpia, e Gerrick si rese conto che forse era per la sicurezza di tutti quanti. La sua reazione sarebbe stata imprevedibile, e un’Arpia fuori controllo era l’ultima cosa che serviva in quel momento.

      In condizioni normali tutte quelle femmine avrebbero rappresentato un pericolo. Ciò che avevano passato aveva solamente peggiorato la situazione, rendendole imprevedibili; le creature si guardavano intorno spaventate e scattavano al minimo rumore. Quando incrociarono la strada con un ratto tutte le donne si misero in posizione di attacco, scoperchiando i canini all’innocuo roditore. Spostarono poi lo sguardo freneticamente da Zander a Kyran a Mack e a tutti gli altri. Le loro espressioni terrorizzate suggerivano che il modo migliore di agire era tenerle a bada almeno per il momento. L’ultima cosa che serviva al Reame era una dozzina di donne pericolose in fuga.

      Gerrick si rese conto che avevano oltrepassato le terme, e si sorprese di non aver incontrato altri nemici. Il Guerriero non abbassò mai la guardia; era stato troppo facile, il che lo preoccupava. Attraversarono l’area ora vuota, ma che aveva chiaramente ospitato gli Skirm e i demoni. Il suo sesto senso lo avvertì di restare in guardia mentre il gruppo avanzò il più silenziosamente possibile.

      In quel punto l’aria non era più pregna dello stucchevole tanfo di morte. C’era qualcosa che non andava. Prese Shae tra le braccia in un gesto istintivo, come a volerla proteggere dal pericolo. In quanto Guerriero il suo scopo era quello di proteggere sia il Reame che gli umani, quindi non era nulla di nuovo, ma il gesto svolto nei confronti di Shae andava oltre i suoi normali doveri. Era qualcosa che gli nacque da dentro, e il pensiero lo spaventò a morte. Non si concesse di avventurarsi in quella parte remota del proprio essere. Il dolore era troppo, quindi lo allontanò il più possibile, fuori portata della propria razionalità.

      Fu un rumore a interrompere la marcia del gruppo, quindi


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