Europa en su teatro. AAVV

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Europa en su teatro - AAVV


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espagnole (Michele Olivari, Ricard Salvat, Maria Grazia Profeti), les conflits allemands (Albert Meier), la tension sans guerre des drames anglais (Franco Marenco). Les intertextes sont modifiés, comme l’effet qu’on en attend sur le public: ni les vies de saints ni l’Evangile, mais la littérature historique et politique, et surtout la littérature pamphlétaire, celle d’une consommation rapide, réactive plus que réfléchie, ou du réflexe atavique, au profit d’un discours d’Etat. Changement de mémoire culturelle, l’accumulation des épisodes du théâtre, entre le spectacle des supplices et les fêtes civiques des triomphes, peut apporter toutes les nuances et toutes les hyperboles en vue d’une mobilisation des consciences de ceux qui sont déjà des partisans. L’exploitation des lieux communs tragiques remaquillés d’actualité (ou l’inverse) se fait sans grande finesse de spiritualité.

      Et ceci, disait Federico Doglio en 2005, ne sort pas de notre actualité.

      Le projet a su glisser le long du temps. Du départ archaïque jusqu’au XVIIe siècle, il a bien joué des systèmes de reprises thématiques: une ville, au début, c’est l’organisation des fêtes religieuses et les jongleurs; une ville au XVIe siècle, c’est un thème qui se met en scène soi-même dans ses activités laïques avec plusieurs types de théâtre et plusieurs types de public.

      Il situe la place des œuvres religieuses dans la vie de la cité et des citoyens, dans des périodes où la croyance est au cœur de l’imaginaire et au cœur de la réflexion philosophique, puisant dans un fonds commun aux différents groupes sociaux, suscitant des formes d’expressions d’abord communes, puis différenciées. Grâce au théâtre, tant qu’il n’est pas renfermé dans les petites salles des théâtres de cour, existe un mode de partage émotionnel (et plus ou moins normatif). Le théâtre utilisant la puissance propre au spectacle (émotions immédiates, impression de présence, souder la collectivité, persuader si besoin, émouvoir toujours) pour matérialiser cette communauté d’Eglise croyante (un seul corps) et pour rappeler que les communautés terriennes ont une perspective qui transcende leur présence hic et nunc. Puis en s’ouvrant aux perspectives plus ludiques, ou plus strictement civiles, à d’autres commanditaires et à d’autres lieux, le théâtre se trouve amené à cantonner les sujets religieux dans l’excès ou dans la polémique, après lesquels, peut-être bien, le «théâtre religieux» sape sa propre vocation.

      Les colloques organisés par Federico Doglio en ont suivi l’évolution, cinq siècles à étudier, 33 ans de travail, 192 communications, et ceci n’était qu’un des ensembles suivis. Remercions-le de ce grand voyage dans l’histoire.

      La favola pastorale nei convegni del

      «Centro Studi sul Teatro Medioevale e Rinascimentale»

      Irina Freixeiro Ayo

       Universidade de Santiago de Compostela

      Questa recensione ha lo scopo di presentare le diverse relazioni lette ai convegni di studi Origini del dramma pastorale in Europa (Viterbo, 31 maggio – 3 giugno 1984) e Sviluppi della Drammaturgia Pastorale nell’Europa del Cinque-Seicento (Roma 23 – 26 maggio 1991) organizzati dal «Centro Studi sul Teatro Medioevale e Rinascimentale» diretto da Federico Doglio.1

      Nel primo dei suddetti convegnile diverse relazioni pubblicate potrebbero essere divise in due grandi sezioni: da una parte, la maggioranza dei testi, gli interventi che girano intorno all’opera di Angelo Poliziano, La fabula di Orfeo; dall’altra quelli che trattano temi di carattere più generico e contestuale all’interno dello studio del dramma pastorale nell’Umanesimo italiano. Ad ogni modo le lezioni che formerebbero questa seconda sezione prendono anche l’opera del Poliziano come punto di riferimento per esemplificare diversi aspetti, per cui si può affermare che l’Orfeo funge da nesso tra le due sezioni.

      Inizierò citando le letture di carattere più contestuale, dato che con queste si apre il volume degli atti del primo convegno. Alberto Tenenti «Figurazione bucolica e realtà sociali (1350-1550 c.)» riflette sulla totale idealizzazione del mondo pastorale, un mondo in cui gli elementi realistici si riducono al minimo, per mostrare così la rottura tra la figurazione bucolica, la realtà storica e le ambientazioni obiettive. Lo studio «Tra mito dell’amore e ritorno all’età dell’oro. Considerazioni sulla cultura del tardo Quattrocento» di Cesare Vasoli giustifica la tematica dell’amore pastorale minacciato dal carattere distruttivo del tempo e della morte partendo dall’analisi della concezione dell’amore proposta da Marsilio Ficino. Ne «Il vagheggiamento della natura e dell’amore alle origini del dramma pastorale» di Aulo Greco si cercano le prime tracce della pastorale nella letteratura italiana, identificandole nei versi delle egloghe di Francesco Petrarca. Marzia Pieri offre in «Dalla lirica alla festa: il caso dell’egloga nella Napoli aragonese» uno studio della pastorale nell’ambito napoletano mentre ilMeridione italiano era ancora sotto il dominio spagnolo; situazione che spiega, tra l’altro, la forte presenza della tematica politica nelle fabule, inesistente nelle opere di questo genere nel resto della penisola. Franca Angelini in «Su alcune ‘rozze’ pastorali» studia la produzione dei nominati pre-Rozzi, rilevante per la sperimentazione all’interno del genere, dato che, senza allontanarsi dal testo letterario, assegna un ruolo di massima rilevanza alla funzione dell’attore e alla capacità d’improvvisazione. Giovanna Romei studia in «Leone de’ Sommi e la pastorale: teoria, testo e scena» la creazione del testo teatrale nato dalla rappresentazione —comune specialmente nell’ambito ferrarese— attraverso gli scritti di Leone de’Sommi, che propone un’esperienza teatrale nel senso contrario. Per concludere questa sezione troviamo lo studio «La comedia pastoril en España» di Francisco López Estrada, che riflette sulla situazione del teatro nel Siglo de Oro rispetto allo sviluppo del dramma pastorale. Questi assume come punto di riferimento Il pastor fido di Guarini (dato che il resto delle opere pastorali italiane non ebbero una grande ripercussione in Spagna) per concludere che il dramma pastorale


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