Europa en su teatro. AAVV

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Europa en su teatro - AAVV


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delle relazioni, così come ho accennato in precedenza, ruota intorno a diversi aspetti de La fabula di Orfeo. Potremmo iniziare con l’analisi generale elaborata da Giuseppe Rocca nel saggio «Lettura della Fabula di Orfeo in cui identifica alcuni aspetti per applicarne un’analisi retorica utilizzando la Rota Vergilii. Ne «La fabula satirica e l’Orfeo del Poliziano» di Antonia Tissoni Benvenuti si offre invece un’analisi dell’opera dal punto di vista del genere e si giustifica la categorizzazione di questa all’interno della fabula satirica. Nino Borsellino, in «Orfeo e Pan. Sul simbolismo della pastorale», studia i simboli intorno alle due figure e il rapporto tra questi personaggi nell’opera del Poliziano e nelle opere di Virgilio e di Ovidio. Elena Povoledo studia ne «L’Orfeo di Poliziano tra cultura e realtà teatrale», in modo molto visuale, i luoghi di recita nella città di Firenze per conoscere in questo modo l’esperienza teatrale del giovane Poliziano e i requisiti che potrebbe aver implicato la rappresentazione dell’Orfeo. Nino Pirrotta avanza alcune ipotesi sulla musica che potrebbe aver accompagnato la fabula di Poliziano. In «Problemi musicali di una rappresentazione dell’Orfeo di Poliziano» analizza le ridotte referenze musicali all’interno del testo letterario, dato che non si conserva alcun documento che possa testimoniare lo sviluppo musicale nel corso della recita. Riprendendo di nuovo lo studio del simbolismo, Mia Cocco riflette in «Poesia e Morte nell’Orfeo del Poliziano» sul rapporto tra morte e poesia per affermare infine la supremazia di quest’ultima come l’unica capace di sopravvivere non solo alla Fortuna, ma anche al tempo e alla morte. Emilio Bigi si allontana un po’ dall’Orfeo e analizza un piccolo dramma in «‘Semplicità’ pastorale e ‘grazia’ cortigiana nel Tirsi», dove studia lo stile semplice ed elegante dell’opera Tirsi, costruita sulla base delle ottave del Poliziano e con ricchissime reminiscenze della letteratura pastorale precedente. Il Tirsi infatti, insieme all’Orfeo, si allontana dalle opere del suo tempo per il suo carattere e per la sua struttura originale. Troviamo infine «La ricezione del tema di Orfeo nella drammaturgia classica francese» di Enea Balmas, nel quale, così come succedeva negli studi di tematica spagnola, si mostra come l’opera di Polizano ottenga un successo piuttosto ridotto nella Francia dell’epoca.

      A conclusione del libro si riscontrano due raccolte bibliografiche: una bibliografia che riguarda i testi italiani in rapporto con la pastorale, elaborata da Stefano Mazzoni, e una seconda bibliografia, questa volta straniera, sullo stesso tema, elaborata da Letizia Sorrentino.

      Anche nel volume degli atti del secondo dei convegni si potrebbero stabilire due nuclei tenendo conto degli argomenti delle diverse relazioni. I saggi della prima sezione presentano come tema centrale le caratteristiche delle rappresentazioni teatrali, mentre lasciano invece in un secondo piano l’analisi critica del testo letterario. La seconda sezione presenta argomenti più eterogenei, dall’analisi di opere minori al confronto fra dramma pastorale e commedia dell’arte.

      Se La fabula di Orfeo del Poliziano era l’opera di riferimento nel primo volume, nel secondo questo ruolo viene rivestito da due opere differenti: le più rappresentative del genere pastorale all’interno della letteratura italiana, vale a dire, L’Aminta di Torquato Tasso e Il pastor fido di Gian Battista Guarini.

      Apparterrebbe al primo gruppo lo studio «Immagini e forme dello spazio scenico nella pastorale ferrarese» di Adriano Cavicchi. Qui l’autore ci offre un breve riassunto dei documenti relativi ai dettagli e alle peculiarità delle rappresentazioni nella corte ferrarese, ponendo grande attenzione allo sviluppo di questo genere dopo la morte di Alfonso ii. Francesco Luisi, nelle «Note sul contributo musicale alla drammaturgia pastorale avanti il melodramma», oltre a definire il melodramma come «la realizzazione musicale definitiva di una pastorale», compie un percorso dal Poliziano fino all’Aminta di Tasso, la quale sarebbe il riferimento principale per la drammaturgia musicale. Franco Croce scrive «La teatralità dell’Aminta», relazione in cui sottolinea l’uso della narrazione nell’opera del Tasso: cioè, l’uso della scena come sfondo dove si discutono gli avvenimenti, sempre in comparazione con la teatralità dell’opera di Guarini. Irene Mamczarz studia ne «I teatri provvisori di ‘verzura’ in Italia e in Francia» i luoghi di rappresentazione e la loro evoluzione in Francia e nell’Italia settentrionale come i palazzi, i teatri, le piazze e, soprattutto nel Seicento, i giardini. Sottolinea tre luoghi fondamentali per le rappresentazioni del Cinque-Seicento: il teatro di Niccolò Sebregondi, i teatri di «verzura» di Giuseppe Vigarani nel parco di Versailles e i teatri verdi di Giuseppe, Ferdinando e Ales-sandro Bibiena. Chiude questa sezione la relazione di Paola Guerrini «L’Aminta e l’iconografia di ‘paesaggio’ nella drammaturgia pastorale», in cui si offre un percorso interartistico intorno all’opera di Tasso, dalle immagini e xilografie che accompagnavano le prime edizioni fino agli adattamenti al cinema dei primi anni del Novecento.

      Come detto sopra, la seconda sezione presenta saggi più eterogenei che non hanno un nesso comune, a eccezione dei già menzionati capolavori pastorali dell’epoca come punto di riferimento per i diversi argomenti. Umberto Albini presenta nel suo «Il dramma satiresco greco» uno studio tra la concezione positiva dei satiri nella classicità e la visione negativa che si attribuisce a queste figure nell’Umanesimo. Riccardo Bruscagli nel testo «Ancora sulle pastorali ferraresi del Cinquecento: la parte del Lollio» riflette sull’opera Aretusa di Lollio, una riproposta del genere pastorale che si situa tra la pubblicazione de Il sacrificio e dell’Aminta. Marziano Guglielminetti studia in «Un teatro del piacere o dell’onore?» le novità che offre il nuovo dramma pastorale del Cinque-Seicento, che si basa, soprattutto per le novità tecniche e formali, ancora sullo sfondo rustico proprio di questo genere. Il «Significato della Pastorale di Angelo Beolco detto Ruzante» di Giovanni Calendoli si dedica allo studio dello stile della pastorale sviluppato da questo autore: gli avvenimenti si svolgono in una campagna non così gradevole come quella della tradizione pastorale. Questa visione però, non rimane statica, in realtà relizza un’evoluzione durante l’opera stessa fino ad identificare un mondo più idillico e di finzione, specchio riflettente dei sogni impossibili del personaggio del Ruzante. Franco Vazzoler ne «Le pastorali dei Comici dell’Arte: la Mirtilla di Isabella Andreini» commenta l’opera scritta appunto dalla Andreini, oltre che autrice, attrice nella compagnia dei Gelosi. Questa, usando come punto di partenza l’Aminta del Tasso, adatta l’opera ai requisiti della compagnia cui apparteneva. Questo implica, tra l’altro, un numero maggiore di personaggi e di intrecci così come una caratterizzazione speciale di alcuni ruoli adatti alle competenze degli attori con cui lavorava. Per ciò che concerne la commedia dell’arte, è interessante il saggio di Giovanna Romei «La Commedia dell’Arte e la favola pastorale», in cui studia l’adattamento dei drammi pastorali fatto dagli attori di commedia. Studia, tra altre opere, appunto la Mirtilla, citata e analizzata anche da Franco Vazzoler.

      All’interno di questa seconda sezione ci sono inoltre tre relazioni che esamina il dramma pastorale fuori della penisola italiana: Lois Potter nel «Pastoral drama in England and its political implications» risalta la produzione teatrale inglese che accoglie tratti del dramma pastorale italiano. È il caso di autori come Sidney, Spencer e soprattutto di William Shakespeare e John Fletcher (del quale, tra l’altro, risulta essere la traduzione de Il pastor fido in lingua inglese). Per quanto riguarda la Spagna, José Javier Rodríguez Rodríguez ne «La imitación de Il Pastor fido en la Comedia de Diana y Silvestro» riprende un’opera quasi dimenticata che imita, oppure traduce nel caso di alcuni frammenti, l’opera del Guarini. Infine Daniela Dalla Valle stabilisce un rapporto tra il mondo pastorale italiano e quello francese da un punto di vista strutturale, tematico e diacronico nel suo saggio «Il Tasso, il Guarini e la Pastorale drammatica francese».

      Così come nel primo volume, il libro si chiude con due interventi bibliografici: una bibliografia italiana e francese, elaborata da Alessandra Maretti, e un’ultima bibliografia che riguarda la letteratura pastorale fuori dall’Italia raccolta da Maurizio Rebaudengo.

      Nel primo volume le relazioni non solo concordano nel ruolo fondamentale dell’opera del Poliziano per lo sviluppo della favola pastorale, ma offrono anche uno studio completo e dettagliato del genere. La varietà tematica dei diversi interventi nell’insieme effettua un’analisi completa dell’Orfeo senza lasciare nessun campo


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