Le avventure dei Principi Amir & Akhmed. Il Diaspro rosso e la strega Luthien. Roberto Borzellino
Читать онлайн книгу.Dopo una settimana di febbrili preparativi, giunse il giorno tanto atteso.
Nel grande salone delle feste aveva trovato posto l’orchestra giunta appositamente dal Teatro dell’Opera della città.
I musicisti, diretti dal giovane talento di origine bielorussa Vladimir Ovodoc, erano seduti su di un piccolo palco creato per l’occasione. Durante tutta la sera avrebbero allietato gli ospiti suonando vecchi brani dell’opera lirica italiana, alternati a musiche più moderne.
Vladimir Ovodoc (direttore d’orchestra dell’isola di Astagatt)
Come voleva la tradizione, in fondo alla sala si ergeva, maestoso, il trono dei sovrani che, seduti nei loro impeccabili vestiti da cerimonia, osservavano la loro variopinta e simpatica corte sollazzarsi con il cibo e i balli.
Anche i principi, Amir e Akhmed, si erano vestiti di tutto punto e, seduti uno accanto all’altro come dei veri fratelli, assistevano divertiti agli improbabili passi di danza dell’ammiraglio Uluç Alì Pascià, tanto temuto e rispettato come comandante quanto poco apprezzato e deriso come ballerino.
Il poveretto, ormai giunto sulla soglia della pensione, in procinto di lasciare il suo prestigioso incarico di “Ammiraglio della Flotta Reale”, non desiderava altro che prendersi il meritato riposo.
Ma era stato trascinato nelle danze dalla sua giovane ed esuberante terza moglie, Suha, una bella e focosa ragazza dai capelli rossi.
Fin da piccola aveva attirato le attenzioni di tutti i ragazzi dell’isola e, crescendo, catturò anche l’interesse del vecchio ammiraglio. Uluç Alì Pascià, nonostante l’evidente differenza di età, volle conoscerla e se ne innamorò all’istante.
Fu il classico “colpo di fulmine”, tanto che le chiese subito di sposarla.
Com’era solito fare negli affari militari, anche in quella occasione non volle perdere tempo e, per evitare un lungo e pericoloso corteggiamento, si recò immediatamente a casa dei genitori di Suha per ufficializzare il fidanzamento.
La ragazza apparteneva ad una rispettata ma modesta famiglia di agricoltori e, per loro, imparentarsi con il potente e ricchissimo ammiraglio, significava entrare a far parte dell’élite dell’isola e migliorare notevolmente il loro ceto sociale.
Suha, che inizialmente era contrarissima alle nozze, presto cambiò idea, quando l’Ammiraglio le fece consegnare una grande cassa ricolma d’oro e gioielli, dal valore inestimabile.
Il loro matrimonio fu celebrato con tutti gli onori e anche i sovrani parteciparono a quell’evento mondano. Com’era prevedibile, alla bella Saha occorsero solo pochi mesi per rendersi conto che il suo era un matrimonio infelice.
Era diventata ricca e rispettata e faceva parte del ristretto gotha dell’isola di Astagatt, ma viveva pur sempre come una reclusa nell’alloggio di servizio dell’ammiraglio, suo marito, sulla nave Glorius. Quello non era esattamente il posto ideale dove vivere una storia d’amore e, spesso, quand’era da sola, pensando di aver buttato via la giovinezza, immergeva nel cuscino il suo splendido viso e si lasciava andare in un pianto a dirotto.
La festa di ringraziamento a palazzo reale era l’occasione giusta per dare sfogo alla sua esuberanza e dimenticare tutte le frustrazioni per quella vita grigia e noiosa. La bella Suha non perse tempo e iniziò subito a scatenarsi con i balli, ma il marito era incapace di tenere il suo passo e di seguirla al ritmo frenetico di quella musica. La moglie, probabilmente per vendicarsi, lo faceva piroettare per tutta la sala e all’ammiraglio, più e più volte, capitò di inciampare nel lungo vestito della consorte.
Le sue buffe movenze suscitarono l’ilarità di tutta la corte reale, compresi il re e la regina, e non solo quella dei principi Amir e Akhmed.
Scoccata la mezzanotte la musica cessò repentinamente e i due sovrani, Mohammed e Adeela, si diressero, con passi lenti e mano nella mano, sull’ampia terrazza antistante la sala del ricevimento. Fuori si potevano ammirare gli originali addobbi, fatti con moltissimi fiori multicolori, che emanavano dolci e delicate fragranze.
Poi fu dato il segnale convenuto e dal mare prese vita uno spettacolo di fuochi d’artificio come da tempo non si vedevano sull’isola. Gli ospiti restarono con il naso all’insù per tutto il tempo e qualcuno, di tanto in tanto, con la mano, ne disegnava le forme geometriche seguendone le prevedibili traiettorie.
Tutto il cielo notturno fu illuminato a giorno ed anche il popolo di Astagatt volle partecipare all’eccezionale evento riversandosi nella piazza centrale della città e dando vita ai tradizionali balli popolari, accompagnati da grandi bevute.
Concluso lo spettacolo dei fuochi artificiali i sovrani e la corte fecero ritorno nella grande sala da ballo. Re Mohammed, giunto al centro dell’enorme stanza, si fermò liberando la sua mano da quella della sua regina, che tornò a sedersi al suo posto.
Poi, con gesto regale appena accennato, chiamò a sé l’ammiraglio Uluç Alì Pascià, che gli si avvicinò in tutta fretta per porsi alla sua destra.
La moglie Suha e l’Ammriraglio Uluç Alì Pascià
Sembrava che tutto fosse stato studiato fin nei minimi particolari. Giunse, quindi, il Gran Ciambellano di corte che, tra i suoi vari compiti, poteva annoverare anche quello di amministratore del tesoro del Regno di Astagatt.
Con sé, stretto tra le mani, portava uno scrigno d’oro tempestato di diamanti e rubini.
Nella sala scese il più assoluto silenzio anche perché nessuno tra gli ospiti era a conoscenza di quello che sarebbe accaduto da lì a pochi minuti.
Il Gran Ciambellano, lentamente e con estrema cura, aprì lo scrigno d’oro dal quale prelevò un’elegante pergamena, vergata di proprio pugno dal sovrano Mohammed in persona. Poi lesse il documento ad alta voce, ma con la grazia e il contegno che erano propri del suo ruolo istituzionale.
“Che il comandante… capitano di vascello Abdul-Lateef Kafer… si avvicini al centro della sala”, queste furono le sue prime parole alle quali seguì un breve brusio tra gli ospiti.
Il capitano, impassibile e senza mostrare alcuna emozione, si avvicinò al Gran Ciambellano che continuò nella lettura del testo.
“Per ordine dell’eccellentissimo sovrano Mohammed Sultan Pascià viene qui ordinato che… il capitano di vascello Abdul-Lateef Kafer… con effetto immediato… sia promosso al grado di vice Ammiraglio della Flotta Reale e… con tale rango… si trasferisca immediatamente a bordo della nave Glorius per assumerne il comando”.
Nell’udire quelle parole anche l’impettito Abdul-Lateef rimase esterrefatto e, con la coda dell’occhio, cercò tra gli ospiti lo sguardo della moglie Raya per trovare conforto e sostegno.
Ora anche il suo volto stava iniziando a cambiare espressione e potevano notarsi, chiaramente, i segni di una imminente e forte emozione.
Il suo impeccabile contegno di ufficiale di marina cominciava a vacillare sotto gli effetti dirompenti di quelle parole inaspettate.
Il Gran Ciambellano richiuse la pergamena nello scrigno d’oro e lo consegnò nelle mani del Sovrano. Poi si diresse verso il trono e si fermò a lato della regina Adeela che, nel frattempo, in compagnia dei suoi amati figli, stava assistendo all’emozionante scena della premiazione.
Il re Mohammed, con un gesto della mano, invitò Abdul-Lateef Kafer ad avvicinarsi per consegnargli il prezioso scrigno d’oro. Anche l’ammiraglio Uluç Alì Pascià, dopo aver fatto il consueto saluto militare, gli strinse la mano energicamente in segno di rispetto.
Ma la cerimonia non era ancora conclusa.
L’ammiraglio si tolse dal collo il simbolo del suo comando per metterlo intorno a quello del nuovo comandante. Questo era un prezioso e massiccio collier d’oro al centro del quale pendeva un elegante medaglione. Su di un lato vi era impressa l’effige