Il Corsaro Nero. Emilio Salgari

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Il Corsaro Nero - Emilio Salgari


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che sono cosí numerosi nell’America del Sud.

      Un istante dopo un uomo superava la muraglia del giardino e balzava quasi addosso a Carmaux, dicendo:

      – Ben felice di vederti ancora vivo, camerata.

      – Ed io piú felice di te, amico Wan Stiller, – rispose Carmaux.

      – Credi che il capitano mi rimprovererà di essere venuto qui? Sapendovi in pericolo, io non potevo starmene nascosto nel bosco a guardare gli alberi.

      – Il comandante sarà contento, mio caro. Un valoroso di piú è un uomo troppo prezioso in questi momenti.

      – Amici, andiamo!…

      Cominciava allora ad albeggiare. Le stelle rapidamente impallidivano non essendovi veramente l’alba in quelle regioni, anzi nemmeno l’aurora; alla notte succede di colpo il giorno. Il sole spunta quasi d’improvviso e colla potenza dei suoi raggi scaccia bruscamente le tenebre, le quali in un istante si dileguano.

      Gli abitanti di Maracaybo, quasi tutti mattinieri, cominciavano a svegliarsi. Le finestre si aprivano e qualche testa appariva; si udivano qua e là dei sonori starnuti e degli sbadigli ed il chiacchierio cominciava nelle case.

      Certamente si commentavano gli avvenimenti della notte, che avevano sparso non poco terrore fra tutti, essendo i filibustieri assai temuti in tutte le colonie spagnole dell’immenso Golfo del Messico.

      Carmaux che non voleva fare incontri, per tema di venire riconosciuto da qualcuno dei bevitori della taverna, allungava il passo seguito dal negro e dall’amburghese.

      Giunto presso la viuzza, trovò ancora il soldato che passeggiava da un angolo all’altro della via, tenendo a spalla l’alabarda.

      – Già di ritorno, signor notaio? – chiese scorgendo Carmaux.

      – Che cosa volete, – rispose il filibustiere, – il mio cliente aveva fretta di lasciare questa valle di lacrime e s’è sbrigato presto.

      – Vi ha lasciato forse in eredità questo superbo negro? – chiese, indicando l’incantatore di serpenti. – Caramba! Un colosso che vale delle migliaia di piastre.

      – Sí, me lo ha regalato. Buon giorno, signor soldato.

      Voltarono frettolosamente l’angolo, si cacciarono nella viuzza, ed entrarono nell’abitazione del notaio, chiudendo poi la porta e sbarrandola.

      Il Corsaro Nero li aspettava sul pianerottolo, in preda ad una viva impazienza che non sapeva nascondere.

      – Dunque – chiese. – Perché il negro è tornato? Ed il cadavere di mio fratello?… Ed anche tu qui, Wan Stiller?

      Carmaux in poche parole lo informò dei motivi che avevano costretto il negro a fare ritorno a Maracaybo e deciso Wan Stiller ad accorrere in loro aiuto, poi di ciò che aveva potuto sapere dal soldato che vegliava all’estremità della viuzza.

      – Le notizie che tu rechi sono gravi, – disse il capitano, rivolgendosi al negro. – Se gli spagnuoli battono la campagna e la costa, non so come potremo raggiungere la mia Folgore. Non è per me che io temo, ma per la mia nave che può venire sorpresa dalla squadra dell’ammiraglio Toledo.

      – Tuoni! – esclamò Carmaux. – Non mancherebbe che questo!

      – Io comincio a temere che questa avventura finisca male, – mormorò Wan Stiller. – Bah!… Dovevamo già essere appiccati da due giorni, possiamo quindi accontentarci di essere vissuti altre quarantotto ore.

      Il Corsaro Nero si era messo a passeggiare per la stanza, girando e rigirando attorno alla cassa che aveva servito da tavola. Pareva assai preoccupato e nervoso: di tratto in tratto interrompeva quei giri, fermandosi bruscamente dinanzi ai suoi uomini, poi riprendeva le mosse, crollando il capo.

      D’improvviso s’arrestò dinanzi al notaio che giaceva sul letto strettamente legato, e piantandogli in viso uno sguardo minaccioso gli disse:

      – Tu conosci i dintorni di Maracaybo?

      – Sí, eccellenza, – rispose il povero uomo con voce tremante.

      – Potresti farci uscire dalla città senza venire sorpresi dai tuoi compatrioti e condurci in qualche luogo sicuro?

      – Come potrei farlo, signore?… Appena fuori della mia casa vi riconoscerebbero e vi prenderebbero ed io assieme a voi; poi si incolperebbe me di avere cercato di salvarvi, ed il Governatore, che è un uomo che non scherza, mi farebbe appiccare.

      – Ah!… Si ha paura di Wan Guld, – disse il Corsaro, coi denti stretti, mentre un cupo lampo gli balenava negli occhi. – Sí, quell’uomo è energico, fiero ed anche spietato: egli sa farsi temere e fare tremare tutti. Tutti! No, non tutti! Sarà lui un giorno, che io vedrò tremare!… Quel giorno egli pagherà colla vita la morte dei miei fratelli!

      – Voi volete uccidere il Governatore? – chiese il notaio, con tono incredulo.

      – Silenzio, vecchio, se ti preme la pelle, – disse Carmaux.

      Il Corsaro pareva che non avesse udito né l’uno né l’altro. Era uscito dalla stanza dirigendosi verso la finestra dell’attiguo corridoio e dalla quale, come fu detto, si poteva dominare l’intera viuzza.

      – Eccoci in un bell’imbarazzo, – disse Wan Stiller, volgendosi verso il negro. – Nostro compare sacco di carbone non ha nel suo cranio qualche eccellente idea che ci tragga da questa situazione poco allegra?… Non mi sento troppo sicuro in questa casa.

      – Forse ne ho una, – rispose il negro.

      – Gettala fuori, compare, – disse Carmaux. – Se la tua idea è realizzabile, ti prometto un abbraccio, io che non ho mai abbracciato un uomo di color nero, né giallo, né rosso.

      – Bisogna però attendere la sera.

      – Non abbiamo fretta, per ora.

      – Vestitevi da spagnuoli e uscite tranquillamente dalla città.

      – Forse non ho indosso le vesti del notaio?

      – Non bastano.

      – Cosa vuoi che mi metta adunque?

      – Un bel costume da moschettiere o da alabardiere. Se voi uscite dalla città vestiti da borghesi, le truppe che battono la campagna non tarderebbero ad arrestarvi.

      – Lampi!… Che superba idea!… – esclamò Carmaux. – Tu hai ragione, compare sacco di carbone!… Vestiti da soldati, a nessuno verrebbe di certo il ticchio di fermarci per chiederci dove andiamo e chi siamo, specialmente di notte. Ci crederanno una ronda e noi potremo prendere comodamente il largo ed imbarcarci.

      – E le vesti, dove trovarle? – chiese Wan Stiller.

      – Dove?… Si va a sbudellare un paio di soldati e si spogliano, – disse risolutamente Carmaux. – Sai bene che noi siamo lesti di mano.

      – Non è necessario esporvi a tanto pericolo, – disse il negro. – Io sono conosciuto in città, nessuno sospetta di me, dunque posso recarmi a comperare delle vesti ed anche delle armi.

      – Compare sacco di carbone, tu sei un brav’uomo ed io ti darò un abbraccio da fratello.

      Cosí dicendo il filibustiere aveva aperte le braccia per stringere il negro, ma gli mancò il tempo. Un colpo sonoro era rimbombato sulla via echeggiando sulle scale.

      – Lampi!… – esclamò Carmaux. – Qualcuno picchia alla porta!…

      In quel momento il Corsaro Nero entrò, dicendo:

      – V’è un uomo che forse chiede di voi, notaio.

      – Sarà qualche mio cliente, signore, – rispose il prigioniero, con un sospiro. – Qualche cliente che forse mi avrebbe fatto guadagnare una buona giornata, mentre io invece…

      – Basta, finiscila, – disse Carmaux. – Ne sappiamo abbastanza, chiacchierone.

      Un secondo colpo, piú violento del primo, fece tremare la porta, seguito da queste parole:

      – Aprite,


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