Storia della decadenza e rovina dell'impero romano, volume 3. Edward Gibbon

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Storia della decadenza e rovina dell'impero romano, volume 3 - Edward Gibbon


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con la massima precisione nel copioso commentario di Mosemio p. 48, 489.

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Vedi Plinio (Epist. X. 97.) Dionisio Alessandrino. ap. Euseb.(l. VI. c. 41.) Ad prima statim verba minantis inimici maximus fratrum numerus fidem suam prodidit: nec prostratus est persecutionis impetu, sed voluntario lapsu seipsum prostravit. Cyprian. oper. p. 89. Fra questi disertori trovaronsi molti Preti ed anche Vescovi.

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Fu in quest'occasione, che Cipriano scrisse il suo trattato de Lapsis, e molt'epistole. Fra' Cristiani del secolo antecedente non si trova la controversia intorno al trattamento degli apostati penitenti. Dobbiamo noi attribuirlo alla superiorità della fede e coraggio di essi, od alla più scarsa cognizione, che abbiamo della loro Istoria?

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Vedi Mosemio p. 97. Sulpicio Severo fu il primo autore di questo computo, quantunque sembri, che desideri di riservar la decima e maggiore persecuzione per la venuta dell'Anticristo.

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Della testimonianza, che fece Ponzio Pilato si fa menzione per la prima volta da Giustino. I successivi accrescimenti fatti a quell'Istoria (nel passare ch'ella fece per le mani di Tertulliano, di Eusebio, di Epifanio, di Grisostomo, di Orosio, di Gregorio Turonense, e degli autori di molte edizioni degli Atti di Pilato) sono esattamente fissati dal Calmet; Dissertazioni sulla Scrittura (Tom. III. p. 651. ec.).

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Rispetto a questo miracolo, come si dice comunemente della Legione fulminea, vedasi l'ammirabil critica di Moyle Vol. II. p. 81-390 delle sue opere.

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Dione Cassio, o piuttosto l'abbreviatore di lui Sifilino, l. LXXII. p. 1206. Moyle ha esposto lo stato della Chiesa nel Regno di Commodo.

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Si confronti la vita di Caracalla nell'Istoria Augusta con la lettera di Tertulliano a Scapula. Il Dottore Jortin (Osservaz. sull'Istor. Ecclas. Vol. II. p. 5.) risguarda la cura di Severo per mezzo dell'olio santo con gran desiderio di convertirla in un miracolo.

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Tertulliano De Fuga, c. 13. Il dono si faceva in occasione delle feste de' Saturnali; ed è un soggetto di grand'importanza per Tertulliano, che il Fedele dovesse restar confuso con quelli, ch'esercitando le professioni più infami, accattavano la connivenza del Governo.

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Euseb. l. V. c. 23. 24. Mosem. p. 435, 447.

111

Judaeos fieri sub gravi poena vetuit. Idem etiam de Christianis sanxit. Hist. Aug. p. 70.

112

Sulpic. Sever. l. II. p. 384. Questo computo (fattavi una sola eccezione) vien confermato dall'istoria d'Eusebio e dalle opere di Cipriano.

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Si discute l'antichità delle Chiese Cristiane dal Tillemont (Memoir. Eccles. Tom. III. part. II. p. 68-72) e dal Moyle (Vol. I. p. 378-398). Quegli riferisce la prima costruzione di esse alla pace di Alessandro Severo; questi alla pace di Gallieno.

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Vedi l'Istoria Augusta p. 130. L'Imperator Alessandro adottò il loro metodo di proporre pubblicamente i nomi di quelle persone, che dovevan promuoversi agli Ordini. È vero però che l'onore di tal costume si attribuisce ancora agli Ebrei.

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Vedi Eusebio Hist. Eccl. l. VI. c. 21 e Girolamo de script. Eccl. c. 54. Mammea fu chiamata una santa e pia donna sì da' Cristiani che da' Pagani. Da' primi però era impossibile, che essa potesse meritar quell'onorevol epiteto.

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Vedi L'Istoria Augusta p. 123. Sembra, che Mosemio (p. 465) troppo nobiliti la domestica religione d'Alessandro. Il suo disegno di fabbricare un pubblico tempio a Cristo (Hist. Aug. p. 129) e le obbiezioni, che furon suggerite o ad esso, o in simili circostanze ad Adriano, par che non abbiano avuto altro fondamento, che un improbabil racconto inventato da' Cristiani, ed adottato con troppa credulità da un Istorico del tempo di Costantino.

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Euseb. l. VI. c. 28. Si può presumere che i buoni successi de' Cristiani avessero commosso ad ira l'ipocrita devozione de' Pagani che sempre andava crescendo. Dione Cassio, il quale compose la sua Storia sotto il regno anteriore, destinava molto probabilmente ad uso del suo Sovrano que' consigli ch'egli attribuiva ad una migliore età ed al favorito di Augusto. Intorno a quest'orazione di Mecenate, o per dir meglio, di Dione, posso riferire il lettore all'imparziale opinione che ne ho portato io medesimo (Vol. I N. 25), ed all'abbate De la Bleterie (Mem. de l'Acad. t. XXIX. p. 303. t. XXV. p. 432).

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Orosio (l. 7. c. 19) rappresenta Origene come l'oggetto dell'odio di Massimino; e Firmiliano, Vescovo di Cappadocia in quel tempo, dà una giusta e ristretta idea di questa persecuzione. Vedi Cipriano (Epist. 75.).

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La menzione che si fa di que' Principi, che pubblicamente si supponevan Cristiani, quale si trova in una lettera di Dionisio Alessandrino (ap. Euseb. l. VII. c. 10) evidentemente allude a Filippo ed alla sua famiglia, ed è una testimonianza contemporanea, che tal opinione aveva preso vigore; ma il Vescovo Egiziano, che viveva in una umile distanza dalla corte di Roma, si esprime con una giusta diffidenza rispetto alla verità del fatto. Le lettere d'Origene che sussistevano al tempo d'Eusebio (Vedi l. VI. c. 36) probabilmente deciderebbero questa più curiosa che importante questione.

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Euseb. l. VI. c. 34. L'istoria è stata abbellita, secondo il solito, da' successivi scrittori, ed è confutata con sovrabbondante erudizione da Federigo Spanemio (Oper. var. Tom. II. p. 440 ec.).

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Lactant. de Mortib. Persec. c. 3, 4. Dopo aver celebrato la felicità e l'avanzamento della Chiesa, durante una lunga successione di buoni Principi, soggiunge: Extitit post annos plurimos execrabile animal, Decius, qui vexaret Ecclesiam.

122

Euseb. l. VI. c. 39. Cyprian. Epist. 55. Rimase vacante la Sede Romana dal martirio di Fabiano, che seguì nei 20 di Gennaio dell'anno 250, fino all'elezion di Cornelio fatta ne' 4 Giugno del 251. Decio era probabilmente partito da Roma, giacchè fu ucciso avanti la metà di quell'anno.

123

Vedi Eusebio l. VII. c. 10. Mosemio (p. 548) ha dimostrato molto chiaramente, che il Prefetto Macriano ed il Mago Egizio sono un'istessa persona.

124

Eusebio (l. VII. c. 13) ci dà una versione Greca di quest'editto Latino, che sembra essere stato molto conciso. Per mezzo di un altro Editto Gallieno comandò, che si restituissero a' Cristiani i Cimiteri.

125

Vedi Eusebio l. VII. c. 30. Lattanzio de Mort. Persecut. c. 6. S. Girolamo in Chron. p. 177. Oros. l. VII. c. 23. Il lor linguaggio è generalmente sì ambiguo e scorretto, che non sappiamo determinare fino a qual segno Aureliano estendesse le sue intenzioni avanti che fosse assassinato. Moltissimi fra i moderni eccettuato Dodwell (Dissert. Cyprian. XI. 64.) hanno preso di qui l'occasione di guadagnare alcuni pochi Martiri straordinari.

126

Paolo si compiaceva più del titolo di Ducenario che di quello di Vescovo. Il Ducenario era un procuratore Imperiale, così chiamato dal suo salario di dugento sesterzi, o di tremila dugento zecchini l'anno. (Vedi Salmasio ad Hist. Aug. p. 124) Alcuni Critici suppongono, che il Vescovo d'Antiochia realmente avesse ottenuto quell'uffizio da Zenobia, mentre altri non lo considerano che come un'espressione figurata del suo fasto ed insolenza.

127

La simonia non era incognita in que' tempi ed il Clero alle volte comprava quel che avea intenzione di vendere. Ciò si chiarisce dal Vescovato di Cartagine, che fu comprato da una ricca Matrona chiamata Lucilla, per il suo servo Maiorino. Il prezzo, fu di 400 Folli (Monum. antiq. ad calcem Optati p. 263.)


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