Storia della decadenza e rovina dell'impero romano, volume 4. Edward Gibbon

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Storia della decadenza e rovina dell'impero romano, volume 4 - Edward Gibbon


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nelle Province Greche dell'Impero, ed ottocento nelle Latine. L'estensione ed i confini delle respettive lor Diocesi si erano in varie maniere accidentalmente stabiliti dallo zelo e dall'incontro de' primi Missionari, dai desiderj del Popolo, e dalla propagazione del Vangelo. Eransi fondate in abbondanza, le Chiese Vescovili lungo le rive del Nilo, e sulle coste dell'Affrica, nell'Asia Proconsolare, e nelle Province Meridionali dell'Italia. I Vescovi della Gallia e della Spagna, della Tracia e del Ponto, dominavano sopra vasti territorj, e delegavano i rurali, loro suffraganei ad eseguire gl'inferiori doveri dell'uffizio pastorale87. Poteva una Diocesi Cristiana estendersi ad una intera Provincia o ridursi ad un solo villaggio, ma tutti i Vescovi godevano un uguale indelebil carattere; traevano tutti le medesime facoltà e privilegi dagli Apostoli, dal Popolo e dalle Leggi. Nel tempo che la politica di Costantino separava la profession militare dalla civile, stabilivasi nella Chiesa e nello Stato un nuovo e perpetuo ordine di Ministri Ecclesiastici, sempre rispettabile, e qualche volta pericoloso. Ciò che v'è da osservar d'importante, rispetto alla costituzione e a' diritti di essi, può ridursi a' seguenti capi: I. all'elezione popolare: II. all'ordinazione del Clero: III. alle sostanze di esso: IV. alla giurisdizione civile: V. alle censure spirituali: VI. all'esercizio di predicar pubblicamente: VII. al privilegio delle assemblee legislative.

      I. Durò la libertà dell'elezioni lungo tempo dopo il legale stabilimento del Cristianesimo88; ed i sudditi Romani godevano nella Chiesa il privilegio, che avevan perduto nella Repubblica, di eleggere i Magistrati, a' quali dovevano ubbidire. Appena era morto un Vescovo, il Metropolitano dava la commissione ad uno de' suoi suffraganei d'amministrare la sede vacante, e di preparare dentro un certo tempo la futura elezione. Il diritto di dare il voto risedeva nel Clero inferiore, ch'era il più adatto a giudicare del merito de' candidati; ne' Senatori o nobili della città, persone distinte per la dignità o per le ricchezze; e finalmente in tutto il corpo del popolo, che nel giorno stabilito correva in folla dalle più lontane parti della Diocesi89; ed alle volte colle sue tumultuose acclamazioni facea tacere la voce della ragione e le leggi della disciplina. Queste acclamazioni potevano accidentalmente cadere sul competitore più meritevole, su qualche vecchio Prete, su qualche santo Monaco, o su qualche laico famoso per lo zelo e per la pietà. Ma si sollecitava la cattedra Episcopale, specialmente nelle grandi e ricche città dell'Impero, piuttosto come una dignità temporale che spirituale. I fini d'interesse, le passioni dell'amor proprio e dell'ira, le arti della perfidia e della dissimulazione, la segreta corruzione, l'aperta ed anche sanguinosa violenza, che avevano un tempo sturbata la libertà d'eleggere nelle Repubbliche della Grecia e di Roma, troppo spesso influivano nella scelta de' successori degli Apostoli. Mentre uno dei candidati vantava gli onori della sua famiglia, un altro allettava i suoi giudici colle delicatezze d'una copiosa tavola, ed un terzo, anche più colpevole de' suoi rivali, offeriva di divider fra' complici delle sacrileghe sue speranze le spoglie della Chiesa90. Le leggi Civili ugualmente che l'Ecclesiastiche tentarono d'escludere la plebaglia da tal atto solenne ed importante. I Canoni dell'antica disciplina esigendo ne' Vescovi alcune qualificazioni d'età, di stato ec. ristringevano in qualche modo l'arbitrario capriccio degli elettori. Interponevasi anche l'autorità de' Vescovi Provinciali, che si adunavano nella Chiesa vacante ad oggetto di confermare la scelta del popolo, per moderarne le passioni ed emendarne gli errori. I Vescovi potevan ricusar d'ordinare un candidato indegno, ed il furore de' diversi fra' loro contrari partiti alle volte accettava l'imparziale lor mediazione. La sommissione o la resistenza del Clero e del Popolo in varie occasioni somministrava esempi, che insensibilmente diventavano leggi positive e costumi provinciali91; ma da per tutto ammettevasi come una massima fondamentale di religioso governo, che non potesse darsi ed una Chiesa ortodossa alcun Vescovo senza il consenso de' membri della medesima. Gl'Imperatori, come custodi della pubblica pace e come i primi cittadini di Roma e di Costantinopoli, potevano in realtà dichiarare i loro desiderj nell'elezione d'un Primate; ma quegli assoluti Monarchi rispettavano la libertà delle elezioni Ecclesiastiche; e mentre distribuivano e riassumevano gli onori dello Stato e dell'esercito, permettevano che mille ottocento Magistrati perpetui ricevessero i loro importanti uffizi da' liberi suffragi del popolo92. Sarebbe stato giusto, che tali Magistrati non abbandonassero un onorevole posto, da cui non potevano esser rimossi; ma la saviezza de' Concilj tentò, senza gran successo, di obbligare i Vescovi alla residenza, e d'impedirne le translazioni. Nell'Occidente, in vero, la disciplina era meno rilassata che nell'Oriente; ma le stesse passioni, che obbligavano a far tali regolamenti, li rendevano inefficaci. I rimproveri che con tanta veemenza si son fatti, nel furor della collera, alcuni Prelati fra loro, non servono che a manifestare la comune lor colpa e la loro vicendevole indiscretezza.

      II. I soli Vescovi godevano la facoltà della generazione spirituale; e questo privilegio straordinario compensar poteva in qualche modo il penoso celibato93, che imponevasi loro come una virtù, come un dovere, e finalmente come una positiva obbligazione. Quelle religioni antiche, le quali stabilirono un ordine separato di Sacerdoti, dedicarono al servizio perpetuo degli Dei una data stirpe, tribù, o famiglia sacra94. Instituzioni però di tal genere furon fondate per via di possesso, piuttosto che di conquista. I figli de' Sacerdoti godevano con altera ed indolente sicurezza la sacra loro eredità; ed il feroce spirito d'entusiasmo veniva diminuito dalle cure, da' piaceri e dagli allettamenti della vita domestica. Ma il Santuario de' Cristiani era aperto ad ogni candidato ambizioso, che avesse aspirato alle celesti promesse, od a' beni temporali di esso. L'uffizio di Sacerdoti valorosamente s'esercitava, come quello de' soldati o de' Magistrati, da coloro, l'abilità e temperamento de' quali gli aveva resi atti ad abbracciare la professione Ecclesiastica, o che da un accorto Vescovo si erano scelti come i più abili a promuovere la gloria e l'interesse della Chiesa. I Vescovi95 potevan costringere (finattantochè dalla prudenza delle leggi non fu represso l'abuso) anche quelli che ripugnavano, e proteggere gli angustiati per tal motivo; e l'imposizione delle mani concedeva in perpetuo alcuni de' più stimabili privilegi della società civile. Tutto il corpo del Clero Cattolico, forse più numeroso delle legioni, s'era per gl'Imperatori esentato da ogni pubblico o privato servizio, da tutti gli uffizi municipali, da tutte le tasse e contribuzioni personali, che aggravavano con intollerabile peso gli altri loro concittadini; e si accettavano i doveri della sacra lor professione come un pieno adempimento degli obblighi loro verso la Repubblica96. Ogni Vescovo acquistava un assoluto ed irrevocabil diritto allo perpetua ubbidienza del Cherico che ordinava; il Clero d'ogni Chiesa Episcopale, colle parrocchie da essa dipendenti, formava una costante e regolar società, e le Cattedrali di Costantinopoli97 e di Cartagine98 mantenevano il loro stabilito numero particolare di cinquecento Ministri Ecclesiastici. La quantità di essi ed i gradi99 furono insensibilmente moltiplicati dalla superstizione de' tempi, che introdussero nella Chiesa le splendide ceremonie del Tempio Giudaico o dei Pagani; ed una lunga serie di Preti, di Diaconi, di Suddiaconi, di Accoliti, di Esorcisti, di Lettori, di Cantori, e di Ostiari co' respettivi loro uffizi contribuirono ad accrescer la pompa e l'armonia del Culto religioso. S'estesero il nome ed i privilegi clericali a molte pie confraternite che devotamente sostenevano il trono Ecclesiastico.100 Seicento parabolani o avventurieri in Alessandria visitavano gli ammalati; mille cento copiati o scavatori di fosse seppellivano i morti a Costantinopoli; e gli sciami de' Monaci, insorti dal Nilo, cuoprirono ed oscurarono la faccia del Mondo Romano.

      A. D. 313

      III. L'editto di Milano assicurò le rendite ugualmente che la pace alla Chiesa101. Non solo i Cristiani ricuperaron le terre e le case, delle quali erano stati spogliati per causa della persecuzione di Diocleziano, ma eziandio acquistarono un pieno diritto a posseder tutti i beni che avevano fin allora goduti per connivenza de' Magistrati. Poscia che il Cristianesimo divenne la religione dell'Imperatore e dell'Impero, il Clero nazionale potea pretendere


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<p>87</p>

Intorno a' Vescovi rurali o a' Corepiscopi, che aveano diritto di dare il lor voto ne' Sinodi, e conferivano gli Ordini minori, vedi Tomassino (Discipl. Tom. I. pag. 447. ec.) e Chardon Hist. des Sacrem. Tom. V. p. 395. ec. Essi non compariscono che nel quarto secolo, e tal equivoco carattere, che aveva eccitata la gelosia de' Prelati, fu abolito avanti che finisse il decimo, tanto nell'Oriente, quanto nell'Occidente.

<p>88</p>

Il Tomassino (Disc. Eccl. Tom. II. lib. II. c. 1-8. p. 673-721) ha trattato abbondantemente dell'elezione dei Vescovi nei primi cinque secoli, sì nell'Oriente che nell'Occidente; ma egli dimostra un'inclinazione molto parziale in favore dell'aristocrazia de' Vescovi. Il Bingamo (lib. IV. c. 2,) è moderato; e Chardon (Hist. des Sacrem. Tom. V. pag. 108-128.) è molto chiaro e preciso.

<p>89</p>

Incredibilis multitudo non solum ex eo oppido (Tours), sed etiam ex vicinis urbibus ad suffragia ferenda convenerat etc. Sulp. Sever. (in vit. Martin. c. 7). Il Concilio di Laodicea (Can. 13) allontana dall'elezioni l'infima plebe e i tumulti; e Giustiniano ristringe tale diritto alla nobiltà (Nov. 123, 1).

<p>90</p>

Le lettere di Sidonio Apollinare (IV. 25. VII. 5, 9) dimostrano alcuni scandali della Chiesa Gallicana; eppure la Gallia era meno incivilita e meno corrotta dell'Oriente.

<p>91</p>

Alle volte facevasi un compromesso o per legge o per consenso, oppure i Vescovi e il Popolo sceglievano uno dei tre candidati nominati dall'altra parte.

<p>92</p>

Sembra, che tutti gli esempi citati dal Tomassino (Disc. Eccles. Tom. II. l. II. c. 6. p. 704-714) siano atti straordinari di potestà ed eziandio d'oppressione. S'adduce da Filostorgio (Hist. Eccles. I. II. 11) la conferma del Vescovo d'Alessandria come una maniera di procedere più regolare.

<p>93</p>

Il celibato del Clero per li primi cinque o sei secoli, forma in vero un soggetto di disciplina e di controversia, che si è con gran diligenza esaminato. Si veda in particolare il Tomassino (Disc. Eccles. Tom. I. l. II. c. 60, 61. p. 886-902) e le antichità del Bingamo (lib. IV. c. 5). Ciascheduno di questi eruditi, ma parziali, critici ha esposto una parte del vero, ed ha taciuto l'altra.

<p>94</p>

Diodoro Siculo attesta e comprova l'ereditaria successione del Sacerdozio fra gli Egizj, i Caldei e gl'Indiani (l. I. p. 84. l. II. p. 142. 153. Edit. Wesseling). Ammiano descrive i Magi come una famiglia molto numerosa. Per saecula multa ad praesens una eademque prosapia multitudo creata, Deorum cultibus dedicata. (XXIII. 6.) Ausonio celebra la stirpe de' Druidi (de Profess. Burdigal IV), ma dalle osservazioni di Cesare (VI. 13) possiamo arguire, che nella Gerarchia Celtica si dava luogo anche alla scelta ed all'emulazione.

<p>95</p>

Discutono esattamente la materia della vocazione, dell'ordinazione, dell'ubbidienza ec. del Clero, il Tomassino (Disc. Eccles. Tom. II. p. 1-83) ed il Bingamo nel IV lib. delle sue Antichità (specialmente ne' cap. 4, 6 e 7). Quando fu ordinato in Cipro il fratello di S. Girolamo, i Diaconi gli tenevan per forza chiusa la bocca, per timore, che egli non facesse una solenne protesta, la quale rendesse nulli i sacri riti.

<p>96</p>

Le lettere d'immunità, che ottenne il Clero dagl'Imperatori Cristiani, si contengono nel lib. 16 del Codice Teodosiano, e con tollerabil candore sono illustrate dal dotto Gottofredo, la cui mente era bilanciata fra gli opposti pregiudizi di Giurisconsulto e di Protestante.

<p>97</p>

Giustiniano (Nov. 103). Sessanta Preti o Sacerdoti, cento Diaconi, quaranta Diaconesse, novanta Suddiaconi, centodieci Lettori, venticinque Cantori e cento Ostiari; in tutto cinquecento venticinque. Fu dall'Imperatore fissato questo moderato numero di ministri per sollevare le angustie della Chiesa, che s'era trovata involta fra i debiti e le usure per la spesa d'una quantità assai più copiosa di essi.

<p>98</p>

Universus Clerus Carthaginensis… fere quingenti vel amplius; inter quos quamplurimi erant Lectores infantuli. Victor Vitens, de persecut. Vandal. V. 9, p. 78. Edit. Ruinart. Tuttavia sussisteva sotto l'oppressione de' Vandali questo residuo d'uno stato più prospero.

<p>99</p>

Nella Chiesa Latina oltre il carattere Episcopale si è stabilito il numero di sette Ordini; ma i quattro minori son presentemente ridotti a vuoti ed inutili titoli.

<p>100</p>

Vedi Cod. Theodos. lib. XVI. Tit. II. leg. 42, 43. Il Commentario del Gottofredo e l'istoria Ecclesiastica d'Alessandria dimostrano il pericolo di tali pie instituzioni, che spesso disturbano la pace di quella turbolenta Capitale.

<p>101</p>

L'editto di Milano (de M. P. c. 48) riconosce, che nella Chiesa trovasi una specie di proprietà di terreni, dicendo che questi erano ad jus corporis eorum, idest Ecclesiarum, non hominum singulorum pertinentia. Dovè tal solenne dichiarazione d'un Magistrato supremo riceversi come una massima di legge civile in tutti i Tribunali.