Storia della decadenza e rovina dell'impero romano, volume 12. Edward Gibbon

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Storia della decadenza e rovina dell'impero romano, volume 12 - Edward Gibbon


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patetico racconto è stato spacciato a Venezia ed a Zara, e non ne trovo orma in alcuno degli Storici greci.

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V. il regno d'Alessio l'Angelo o Comneno ne' tre libri di Niceta, p. 291-352.

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V. Fleury, Hist. eccles. t. XVI, p. 26 ec., e Villehardouin n. 1, colle osservazioni del Ducange, non mai disgiunte dal testo originale di cui mi valgo.

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La vita contemporanea del Papa Innocenzo III, pubblicata dal Ballazio e dal Muratori, (Script. rer. Ital. t. III, part. I, p. 486-568) è preziosa per l'importanza delle istruzioni inserite nel testo: ivi si può leggere ancora la Bolla della Crociata, c. 84-85.

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Porce cil pardon fut issi gran, se s'en esmeurent mult li cuers des genz, et mult s'en croisièrent, porce que li pardons ere si gran. Villehardouin n. 1. I nostri filosofi possono sottilizzare a lor grado sulle cagioni delle crociate, ma tali erano i veraci sentimenti di un cavaliere francese.

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Questo numero di feudi, mille e ottocento de' quali, doveano ligio omaggio, trovavasi registrato nella Chiesa di S. Stefano di Troyes, e venne attestato nel 1213 dal maresciallo della Sciampagna (Ducange, Observ. p. 254).

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Campania… militiae privilegio singularis excellit… in tyrociniis… prolusione armorum, etc. (Ducange, p. 249), tratto dall'antica Cronaca di Gerusalemme A. D. 1177-1199.

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Il nome di Villehardouin trae la sua origine da un villaggio o castello della diocesi di Troyes fra Bar e Arcy. Nobile ed antica era questa famiglia; il cui ramo primogenito durò sino al 1400: il ramo secondogenito divenuto possessore del principato d'Acaia, andò a terminarsi nella Casa di Savoia (Ducange, p. 235-245).

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Il padre di questo Goffredo e i suoi discendenti possedettero tale carica; ma il Ducange non ha seguito il corso delle cose colla sua diligenza ordinaria. Trovo che nel 1356 la stessa carica passò nella Casa di Conflans. Questi marescialli di provincia sono, è lungo tempo, ecclissati dai marescialli di Francia.

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Questo idioma del quale presenterò alcuni saggi, è stato spiegato dal Vigenere e dal Ducange in una Versione e in un Glossario. Il presidente Brosses (Mechanisme des langues, t. II, p. 83) lo vuole un modello di una lingua che ha perduta l'essenza di lingua francese, e che i soli grammatici possono intendere.

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L'età in cui visse e l'espressione, moi qui ceste oeuvre dicta (n. 62, ec.) possono far nascere un sospetto, più fondato di quello del Wood intorno ad Omero, che il predetto maresciallo non sapesse nè leggere, nè scrivere. Nondimeno la Sciampagna può gloriarsi di avere prodotti i due primi Storici, i nobili padri della prosa francese, Villehardouin e Joinville.

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La Crociata, i regni del Conte di Fiandra, di Baldovino e di Enrico suo fratello, formano il particolare argomento di una storia composta dal Doutremens, gesuita (Constantinopolis belgica, Tournai, 1638, in 4); Opera che io conosco solamente da quanto ne ha detto il Ducange.

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T. VI di questa storia.

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Il Pagi (Critica, t. III, A. D. 810, n. 4 ec.) tratta sulla fondazione e l'independenza di Venezia e sull'invasione di Pipino (V. la diss. del Beretti, Cron. It. medii aevi, in Muratori, Script. t. X, p. 153). I due critici mostrano qualche parzialità. Il Francese contro la Repubblica, l'Italiano in favore di essa.

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Allorchè il figlio di Carlomagno armò i suoi diritti dì sovranità, i fedeli Veneziani gli risposero: οτι ημεις διπλος θελσμεν ειναι του Ρομαιων βασιλεως, perchè noi vogliamo essere secondi sudditi del Re dei Romani (Costantino Porfirogeneta, De admin. imper. part. II, c. 28, p. 85); tradizione del nono secolo che rende ragione de' fatti del decimo, confermati dall'ambasceria di Liutprando di Cremona. Il tributo annuale che l'Imperatore permise si pagasse al Re d'Italia dai Veneziani, raddoppia la servitù di questi sotto aspetto di alleggerirla; ma l'odioso διουλοι vuol essere tradotto come nel chirografo dell'anno 827 (Laugier, Hist. de Venise, t. I, p. 67 ec.) co' più miti vocaboli subditi o fideles.

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V. la venticinquesima e trentesima dissertazione delle Antichità del Medio Evo del Muratori. La Storia del commercio composta da Anderson non fa incominciare il traffico de' Veneziani coll'Inghilterra che nell'anno 1323. L'Abate Dubos (Hist. da la ligue de Cambrai, t. II, p. 443-480) offre una allettevole descrizione del fiorente stato del loro commercio e delle loro ricchezze nel principio del secolo XV.

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I Veneziani tardarono assai nel pubblicare e scrivere la loro storia. I più antichi loro monumenti sono: I. l'arida Cronaca composta, come sembra, da Giovanni Sagornino (Venezia 1765 in 8), ove si dimostrano lo stato e i costumi di Venezia nell'anno 1028; II. la storia più voluminosa del Doge Andrea Dandolo 1342-1354, pubblicata per la prima volta nel duodecimo tomo del Muratori, A. D. 1728. La Storia di Venezia scritta dall'Abate Laugier (Parigi 1728) è un'Opera non priva di merito, e della quale io mi sono principalmente giovato per la parte che alla costituzione della Repubblica si riferisce.

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Enrico Dandolo compiea gli ottantaquattro anni quando fu eletto Doge, A. D. 1192, e ne avea novantasette all'atto della sua morte, A. D. 1205. V. le osservazioni del Ducange sopra Villehardouin, n. 204. Ma gli storici originali non mettono attenzione a questa straordinaria lunghezza di vita. È questo, cred'io, il primo esempio d'un eroe pervenuto quasi ai cento anni. Teofrasto potrebbe somministrar l'esempio di uno scrittore quasi nonagenario: ma invece di εννενκοντα novanta (Prooem. ad Character.) sarei piuttosto inclinato a leggere επδομεκοντα settanta come hanno pensato l'ultimo editore di Teofrasto, il Fischer, ed anche il Casaubono. Egli è quasi impossibile che in tanto avanzata età il corpo e l'immaginazione conservino il loro vigore.

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I moderni Veneziani (Laugier, t. II, p. 219) accusano della cecità del Dandolo l'Imperator Manuele, calunnia confutata dal Villehardouin e dagli antichi storici, secondo i quali il veneto Doge per conseguenza d'una ferita, perdè la vista (n. 34 e Ducange).

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V. il Trattato originale nella Cronaca di Andrea Dandolo p. 323-326.

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Leggendo il Villehardouin non possiamo far di meno di osservare che questo Maresciallo e i cavalieri suoi confratelli piangevano molto spesso. «Sachiez que la ot mainte lerme plorée de pitié (n. 17): mult plorant (ibid.); mainte lerme plorée (n. 34) si orent mult pitié et plorérent mult durement (n. 60); i ot maint lerme plorée de pitié (n. 202)». In somma piangevano in tutte le occasioni, ora per afflizione, ora per gioia, e se non altro per divozione.

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Questo Marchese di Monferrato, segnalato erasi per una vittoria contro gli Astigiani (A. D. 1191), per una crociata in Palestina, per una legazione pontificia presso gli alemanni principi sostenuta (Muratori, Annali d'Italia, t. X, p. 163-202).

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V. la Crociata degli Alemanni nella Historia C. P. di Gunther (Can. Antiq. lect. t. IV, p. V-VIII) che celebra il pellegrinaggio di Martino, uno fra i predicatori rivali di Folco di Neuilly. Apparteneva all'Ordine di Citeaux, e il suo monastero era situato nella diocesi di Basilea.

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Indera, oggidì Zara, colonia romana che riconosce Augusto per suo fondatore, ai dì nostri ha un circuito di due miglia, e contiene fra i cinque e i seimila abitanti; ottimamente fortificata, un ponte la congiunge alla terra ferma (V. i viaggi di Spon e di Wheeler, viaggi di Dalmazia, di Grecia, ec. t. I, p. 64-70; viaggio


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