Peccati Erotici Delle Italiane, Volume I. Giovanna Esse

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Peccati Erotici Delle Italiane, Volume I - Giovanna Esse


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tornava su, cercava le mammelle e tirava, e premeva, e giocava con il seno abbondante. I capezzoli si rilevavano al tatto, gonfi e costipati sotto la veste e pressati, nel reggipetto matronale.

      Poi le dita esploravano il collo, la nuca, titillavano i lobi… e la fata moriva lentamente di languore. Il cuore impazziva e piccole gocce le imperlavano la fronte.

      Il plaid era complice di Alba…

      La ragazza iniziava col lamentarsi di aver caldo e, da sotto la coltre, faceva scivolare via la gonna dalle gambe di gazzella restando solo in mutandine e calzettoni. Adesso, la carne nuda cercava di nuovo il contatto, scostava il cotone, scivolava sulla seta e trovava, infine, la pelle dell’altra. E quando la carne s’incontrava, per entrambe era il tripudio.

      Quel desiderio era tanto più grande quanto più era proibito e sofferto. Il silenzio, falso, della fata, quella sua impossibile indifferenza, faceva fremere la giovane principessa; a ogni istante temeva di essere scoperta e quindi allontanata, scacciata. Sapeva che stava approfittando di tutte le magie della Fata di Ferro, ma non riusciva a trattenersi! Doveva bere a quella fonte vietata.

      Ogni sera, tornando a casa, si riprometteva di resistere a quella sete ma, il pomeriggio successivo, i buoni propositi capitolavano e lei si rituffava in quel corpo: arrendevole, morbido, materno.

      Che gioie provava, e quanto si umettava il suo fiore nascosto! Spesso si ritrovava con le mutandine bagnate sì, ma dal fuoco della lussuria.

      6 – Perdersi, poi cercarsi più di prima

      (Realtà)

      Il pomeriggio era freddo, nonostante la primavera fosse già arrivata.

      Nicòle giunse con guance e ginocchia arrossate, e il piccolo naso ghiacciato. La sua figura slanciata emerse superba, tra i giochi di luce dei cristalli della porta. Flora rimase abbagliata, ancora una volta, dalla sua leggiadria. Era mancata per una settimana e la donna si era resa conto di quanto l’amasse già.

      Padrona del mondo, Nicòle si spogliò del soprabito e della sciarpa bianca. Poi tolse il cappellino di cotone, lasciando scorrere sulle spalle i capelli d’oro. Inondò la casa di sorrisi e di parole senza importanza.

      â€œNiente scuola per domani, niente compiti oggi!” Stabilì, spadroneggiando, che era il pomeriggio adatto per guardare “Il dottor Zivago”. Flora avrebbe voluto piangere, ma non lo fece, né si oppose alla richiesta, l’attendeva da troppo, per non esaudire i desideri della sua piccola “tiranna”. Iniziò a sentire le farfalle nello stomaco, mentre con la mente pregustava le carezze che tanto bramava. Le loro mani avrebbero danzato con le dita, intrecciandosi e respingendosi, come ballerine su un palco. Non riusciva a porre freno al suo desiderio, né a porre un vero freno a quello della ragazza.

      Ma da troppo erano in stallo: non poteva continuare così. Flora decise di rompere gli indugi e di giocare le sue carte:

      Â«Vai a fare pipì allora, altrimenti dopo ti seccherà alzarti» le sorrise. «Io intanto vado a preparare il the.»

      Â«Sì, Badrona!» la prese in giro Nicòle.

      Mentre Flora armeggiava in cucina, la giovane che si attardava nel bagno gridò:

      Â«Ho una sorpresa, la vuoi vedere?»

      Â«Oh, ohhh!» rilanciò Flora, «le “tue” sorprese non promettono niente di buono al mio destino…»

      Â«E invece sì, guardami!» uscì dal bagno e si mise in mostra. Aveva indosso solo lo spesso maglione a coste. Sotto, invece dei calzettoni, indossava collant neri e velati. Flora ebbe un sobbalzo, nonostante la ragazza tenesse le cosce serrate, era evidente che non indossava le mutandine: un ciuffetto biondo e delicato, schiariva le calze, proprio sull’inguine virginale.

      Â«E guarda, ora» disse Nicòle, con un sorriso che sapeva di giovanile impertinenza. Divaricò i piedi allargando le gambe. Aveva squarciato grossolanamente i collant con le dita, proprio tra le gambe, così le calze facevano da cornice a quello spettacolo mozzafiato.

      Â«Ãˆ una mia invenzione! Ti piace?» Non attese risposta; tanto sapeva che non sarebbe arrivata. La bocca di Flora si era spalancata per lo stupore e adesso non riusciva a proferire una sola parola.

      Â«Queste mi terranno più calda, starò comodissima. E senza le mutandine, posso fare la pipì facilmente.» Alzò lo sguardo e fissò Flora con aria spavalda, gli occhi di cerbiatta la sfidarono senza pudore. Flora riuscì a distrarre la sua attenzione da quello spettacolo. Col respiro affannoso finse di borbottare qualcosa sui giovani, voltandosi per nascondere il rossore delle gote. Si dedicò tenacemente a filtrare il the e lo versò caldo nelle tazze preferite, poi senza una parola si ritirò di sopra, in camera.

      Nicòle si era già sistemata sul divano, accogliente come un'alcova; aveva osato, ma in cuor suo si augurava di non avere esagerato.

      Il film era appena iniziato. Dalle scale potè spiare Flora mentre tornava in salotto. Si era cambiata: ora indossava un lungo camicione, stretto sui seni, una specie di stile impero, sotto, infatti, si svasava leggermente e davanti era chiuso coi bottoni. La ragazza notò che non aveva più le calze. “Avrà caldo” pensò tra sé, e provò piacere a quella vista.

      7 - La fata senza veli

      (Fiaba)

      Quel pomeriggio la Fata di Ferro aveva indossato una veste leggera con i bottoni davanti. Come sempre silenziosa, sedette accanto ad Alba. Dopo pochi minuti la principessa si raggomitolò al suo fianco; iniziò ad assaporare l'atmosfera voluttuosa che si creava tra loro. Chiuse gli occhi e aspirò il profumo fresco sulla sua carne delicata. Tirò sul divano le due gambe fasciate dai collant, mentre abbandonava la testa sul braccio della fata. Pochi istanti dopo, con la mano libera, scivolò dalle sue gambe sottili a quelle deliziosamente piene della donna matura. Spingendo sul cotone leggero, sentì che scorreva facilmente sulla pelle nuda di quelle cosce. La principessa ebbe uno dei mille brividi che ormai facevano parte della sua precoce sessualità.

      Curiosa, col cuore che batteva, la mano trasgressiva si fece strada verso l’alto; scavalcò la pancia, si soffermò sull’ombelico teso, per poi risalire il lieve pendio che arrancava sotto i seni generosi. Avrebbe voluto lanciare un piccolo grido di vittoria, ma si trattenne mordendosi le labbra: si era appena resa conto che la donna aveva tolto anche il reggiseno. Le sue poppe, deliziosamente calde, poggiavano sul corpetto della vestaglia ed erano trattenute solo dai bottoni. Alba incontrò la rugiada appetitosa che si stava formando sotto i due grossi seni. La voglia divenne violenta.

      La fata taceva, come se nulla stesse accadendo; il volto da Sfinge, guardava, senza vedere, in direzione della televisione; le labbra serrate enigmaticamente; non un briciolo di emozione faceva capolino sul suo viso. I suoi occhi penetranti evitavano accuratamente di incrociare quelli di Alba. Eppure, per la prima volta… la fata, sotto la veste, era tutta nuda, ma sembrava del tutto indifferente alle passioni contrastanti che agitavano la giovanetta.

      Alba voleva continuare a toccare la pelle nuda ma temeva di sembrare troppo insistente. Alla fine si fece coraggio: doveva tentare. Non poteva restare per sempre nell’insicurezza e col petto in fiamme. Le dita sottili acquisirono coraggio e, come artificieri che manipolano una bomba inesplosa, uno dopo l’altro liberarono i tre bottoni, che serravano il decolleté della Fata di Ferro. I seni tracimarono, come una piena dalla diga, privi ormai di ogni difesa, si allargavano mollemente, allontanandosi l’uno dall’altro. Nel mezzo apparve, allora, come una vallata odorosa, rorida di delicato sudore.

      Come provenisse dal sottobosco nel mese di agosto, uno sbuffo di profumo di femmina invase le nari della principessa impertinente. Alba era insicura nel leggere i segnali del piacere, ma di certo non evitò di cercare la voluttà tra quelle


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