Il Segreto Dell'Orologiaio. Jack Benton

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Il Segreto Dell'Orologiaio - Jack Benton


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danno estetico, me è comunque un Amos Birch originale. Erano molto ricercati un tempo. Amos creò un’industria artigianale prima che iniziasse ad andare di moda.”

      “Un tempo?”

      Bunce aggrottò la fronte e Slim sentì le proprie bugie sgretolarsi tutto d’un tratto.

      “L’interesse per Amos Birch fu scemando dopo la sua scomparsa.”

      “Dopo la…?”

      “Ne è al corrente, non è vero, Signor Hardy, che il suo amico risulta scomparso da oltre vent’anni?”

      5

      Il Crown & Lion, il malinconico pub sul confine di Penleven, emarginato dal quartiere più vicino da una fitta cortina di alberi, non era mai stato tanto invitante. Dall’unica fermata dell’autobus del paese, Slim non aveva altra scelta che passarci davanti per raggiungere il Bed & Breakfast e, anche se normalmente si sarebbe fermato per cenare nel malandato salone per famiglie, bramando un sorso di ciò che avrebbe cancellato gli ultimi tre mesi di sobrietà nel battito di ciglio di un incredulo abitante del luogo, stasera era vittima di quella vecchia tensione, quella nervosa agitazione che avrebbe potuto farlo crollare. Le persone dicono che non si smette mai di essere un alcolista e, anche se Slim sperava di potersi godere una birra di tanto in tanto un giorno, quegli anni di libertà e appagamento erano solo un lontano ricordo. Lanciò un’occhiata nostalgica alle luci del pub dalla finestra, per poi rimettersi in marcia.

      La pensione era silenziosa al suo arrivo, ma oltre una porta chiusa si sentiva il suono soffocato di una tv a basso volume. Slim aprì la porta e vide la Signora Greyson addormentata sulla sua poltrona, davanti alla stufa elettrica. Il telecomando del televisore era appoggiato sul bracciolo, come se avesse abbassato il volume prevedendo di addormentarsi.

      Slim si diresse di sopra. Mise l’orologio sul letto e uscì di nuovo. A poco meno di un chilometro di distanza, fuori dall’unico alimentari della città, Slim trovò una cabina telefonica.

      Chiamò un amico del Lancashire. Kay Skelton era un esperto in linguistica e traduzioni, che Slim aveva conosciuto ai tempi dell’esercito e con cui aveva già collaborato. Slim gli raccontò dell’antica lettera trovata sul retro dell’orologio.

      “Se c’è scritto qualcosa, devo sapere cos’è,” disse Slim.

      “Inviamela come raccomandata,” disse Kay. “Non è qualcosa che io sappia fare, ma ho un amico che può aiutarti.”

      Dopo aver concluso la chiamata, Slim si sorprese di trovare l’alimentari ancora aperto, quasi alle sei e un quarto.

      “Sto chiudendo,” fu il benvenuto severo della commerciante, una donna anziana dal volto così amareggiato che Slim iniziò a dubitare che, anche volendo, riuscisse a sorridere.

      “Ci metto solo un minuto,” disse Slim.

      “Quello che dicono tutti, non è vero?” rispose con un ghigno, accompagnato da una risata sarcastica, che lasciarono Slim incapace di decifrare se stesse scherzando o essendo scortese.

      Dopo aver comprato una busta, Slim scoprì che, sì, il negozio era anche l’ufficio postale del paese, e sì, inviavano anche raccomandate, nonostante una sovrattassa per il servizio fuori dall’orario di funzionamento delle poste.

      “Trelee è lontana da qui?” chiese, mentre la commerciante lo stava scortando alla porta senza troppi giri di parole.

      “Perché dovrebbe andarci? Non c’è molto da vedere per i turisti.”

      “Ho sentito dire che è un posto alquanto misterioso.”

      La commerciante alzò gli occhi al soffitto. “Ah, sta parlando di Amos Birch, l’orologiaio. Pensavo fosse acqua passata. Cosa le importa di un vecchio scomparso?”

      “Sono un investigatore privato. La sua storia ha catturato il mio interesse.”

      “Perché? C’è ben poco da scoprire. Qualcuno l’ha ingaggiata?”

      La parola ‘ingaggiata’ fu pronunciata con tanto sdegno che Slim si chiese se la commerciante avesse avuto una brutta esperienza con un investigatore in passato.

      “Sono in vacanza,” disse. “Ma sa cosa dicono — il lavoro non va in vacanza.”

      “Non è proprio vero?”

      “Quindi… si prende la destra o sinistra usciti dal paese?”

      La commerciante alzò di nuovo gli occhi al soffitto. “A nord, sulla via di Camelford. Forse vedrà un cartello — ce n’era uno, ma la giunta comunale non taglia più le erbacce come una volta. Sono circa dieci minuti di macchina.”

      “E a piedi?”

      “Un’ora. Forse un po’ di più. Conoscendo il sentiero si può tagliare per la Brughiera di Bodmin e risparmiare un po’ di tempo, ma stia attento. Era una regione di miniere.”

      “Grazie.”

      “E si porti qualcosa da mangiare. Questo è l’unico alimentari da qui fino al benzinaio Shell sulla A29, appena fuori Camelford.”

      Slim annuì. “Grazie per le informazioni.”

      La commerciante scrollò le spalle. “Se vuole sapere la mia, mi risparmierei il viaggio. Non c’è nulla da vedere tranne che una vecchia fattoria, e poco altro da scoprire. Quando Amos Birch è scomparso, ha fatto in modo di non venire trovato.”

      6

      Il mattino seguente, Slim fu accolto dalla pioggia al suo risveglio e, ciononostante, la Signora Greyson non era mai stata così felice come quando le disse che stava uscendo.

      “Non è la giornata migliore per avventurarsi nella brughiera, non crede?” disse. Quando Slim alzò le spalle, aggiunse, “Insomma, ho un ombrello che potrei prestarle, ma come farebbe ad usarlo in bicicletta? E comunque, il vento lassù lo massacrerebbe.”

      Slim prese in considerazione l’idea di smascherare il suo bluff e chiedere comunque l’ombrello, ma decise di correre il rischio usando la solita giacca. La Signora Greyson gli offrì una vecchia mappa topografica della zona, ma Trelee vi appariva un come un puntino distante un paio di quadrati da Penleven, a cui era stato concesso molto più spazio di quanto quel rado ammasso di case meritasse.

      La strada era esattamente quella che si aspettava di trovare in Cornovaglia, lontano dalla A30 o dalla A39: infinita, tortuosa e ampia a malapena da far passere due macchine, piena di curve cieche e bivi nascosti tra valli boscose e dolci colline che ospitavano fattorie e brughiere. Le fitte siepi di tanto in tanto si aprivano per fare spazio a bellissimi panorami frastagliati di distese nebbiose, tuttavia, camminando all’ombra degli sporgenti alberi col latrato di un cane in lontananza o il cinguettio di un uccello come unici compagni di viaggio, la fantasia di Slim iniziò a provocarlo con immagini di corpi mutilati ed annunci di persone scomparse sull’ultima pagina del giornale della domenica.

      Trelee, sul punto della strada dove la mappa indicava si trovasse il paese, non era altro che una dozzina di case, scaglionate lungo un chilometro di strada pianeggiante e divise dagli ingressi ai campi con vista sulla Brughiera di Bodmin. Alcune stradine si perdevano in valli nascoste, che portavano a gruppi di fienili e granai appartati, di cui solo i tetti si intravedevano tra gli alberi spogli.

      Slim legò la bicicletta ad un cancello vicino al cartello comunale che leggeva ‘TRELEE’, a caratteri cubitali, mentre l’erba intorno giaceva a terra come fosse stata colpita con un bastone, e continuò a camminare, chiedendosi se fosse stata solo una perdita di tempo. Le prime tre case erano villette moderne, lontane dalla strada principale. Nei rispettivi vialetti non vi erano auto, il che


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