Il Segreto Dell'Orologiaio. Jack Benton

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Il Segreto Dell'Orologiaio - Jack Benton


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notizie sul contenuto della lettera.

      Per la testa di quell’uomo che, qualche anno dopo il congedo con disonore dall’esercito, si era dato all’investigazione privata, iniziavano a frullare alcune idee fantasiose. Nessuno si alza e abbandona una relazione stabile senza motivo. O scappi verso qualcosa, o da qualcosa.

      Le possibilità erano infinite. Un’amante era l’esempio più ovvio del ‘fuggire verso’, mentre un rivale scontento era l’esempio più ovvio del ‘fuggire da’. Senza avere un quadro chiaro di Amos in testa era difficile esprimere un giudizio. Dalle conversazioni che aveva avuto finora, l’orologiaio era un membro enigmatico della comunità, caratteristica accentuata dalla sua professione, coperta da un velo di mistero. Persino la strada che portava alla Fattoria Worth, con le sue alte siepi, trasmetteva un desiderio di reclusione da parte della famiglia Birch, che i Tinton avevano poi fatto loro.

      Il bar aveva un telefono a pagamento. Slim prese un elenco telefonico dallo scaffale e si rimise al tavolo. C’erano una ventina di Birch, ma nessuno che iniziasse con la C.

      Slim stava tornando alla stazione degli autobus, quando sentì qualcuno gridare alle sue spalle. Qualcosa nell’insistenza di quella voce lo fece girare e, così, vide Geoff Bunce che lo salutava dall’altro lato della strada. Slim si fermò ad aspettare mentre l’uomo attraversava.

      “Mi sembrava di averla riconosciuta. Una vacanza lunga, la sua.”

      Slim alzò le spalle. “Sono un libero professionista. Posso prendermi tutto il tempo che voglio.”

      “L’ha incontrato poi? Il suo amico?”

      Il sarcasmo nella voce dell’uomo suscitò un’ondata di rabbia dentro Slim, che però si sforzò a rispondere con nonchalance. “Amos Birch?”

      “Sì. Le ha ridato indietro il suo orologio, non è vero?”

      “Non ancora. Ci sto lavorando.”

      “Senta, non so chi lei sia, ma penso sia saggio per lei prendere il suo orologio e tornare da dove è venuto.”

      Slim non si trattenne dal sorridere. Era un ex-soldato andato in prigione per aggressione e, davanti a lui, Babbo Natale, con la sua giacca in cera verde, provava a minacciarlo. Bunce diceva di essere un ex-militare, ma era difficile da credere.

      “Cosa c’è di così divertente?”

      “Nulla. Sono solo intrigato dalla serietà del suo tono. Sono solo un uomo che cerca di vendere un vecchio orologio.”

      “Vede, Signor Hardy, non penso proprio che lo sia.”

      “Si ricorda il mio nome.”

      “L’ho annotato. C’era qualcosa che non tornava in lei.”

      “Solo qualcosa?” Slim sospirò, stanco dei giochetti. “Senta, vuole la verità? Sono qui in vacanza. Ho trovato quell’orologio interrato nella Brughiera di Bodmin. Quel dannato affare mi ha quasi rotto la caviglia. Il caso vuole che attualmente io sia — nel bene o nel male — un investigatore privato. Mi risulta difficile sottrarmi ad un mistero.”

      Bunce storse il naso. “Beh, questo cambia le cose.”

      “In che senso?”

      L’uomo fece un cenno col capo, poi iniziò a sbuffare, come se si stesse preparando a fare un’importante rivelazione. Slim alzò un sopracciglio.

      “Vede,” disse Bunce, “Sono stato l’ultima persona — togliendo la famiglia — ad aver visto Amos Birch vivo.”

      12

      “Quindi, dov’è adesso, quell’orologio che ha trovato?”

      Slim sedeva di fronte a Geoff Bunce, in un bar all’angolo della strada del mercato di Tavistock. Mentre sorseggiava del caffè allungato da un bicchiere di plastica, disse “L’ho nascosto.”

      “Dove?”

      Slim sorrise. “In un posto dove so che sarà al sicuro.”

      Bunce annuì velocemente. “Giusto, giusto. Buona idea. Quindi, ha idea di cosa sia successo ad Amos?”

      “Assolutamente no.”

      “Ma è un investigatore privato, vero?”

      “Principalmente mi occupo di relazioni extra-coniugali e truffe di finta invalidità,” disse Slim. “Nulla di molto entusiasmante. Non ci guadagno nulla dall’investigare su questo caso, quindi una volta arrivato ad un punto morto probabilmente me ne farò ritorno al nord per cercare un caso che mi paghi le bollette.”

      “Non ha alcun indizio?”

      “Quello che ho è una lista mentale di possibilità e più riesco ad escluderne, più mi avvicinerò alla verità dei fatti.”

      “Cosa c’è sulla lista?”

      Slim rise. “Più o meno tutto ciò che va dall’omicidio al sequestro alieno.”

      “Lei non pensa davvero—” Bunce si interruppe bruscamente, torcendo il naso. “Ah, era una battuta, capisco.”

      “In realtà non ne ho idea. Al momento sto solo cercando di stabilire le circostanze della sua scomparsa. Forse mi può aiutare a farlo.”

      “In che modo?”

      “Ha detto di essere l’ultima persona ad averlo visto vivo al di fuori dei familiari. Cosa ne pensa di iniziare da lì?”

      Bunce scrollò le spalle, sentendosi improvvisamente insicuro. “Beh, è stato molto tempo fa, no? Siamo andati a fare una camminata per la brughiera, fino a Yarrow Tor, superata la fattoria abbandonata da quelle parti.”

      “Si ricorda perché?”

      Bunce alzò una spalla in modo strano e asimmetrico. “È un sentiero comune. Lo facevamo circa una volta ogni due mesi. Nessun motivo in particolare.”

      “Si ricorda di cosa avete parlato?”

      Bunce scosse la testa. “Ah… immagino le solite cose. Non intrattenevamo conversazioni profonde. Ci vedevamo spesso, sa. Ci lamentavamo del tempo o della politica, questo genere di cose.”

      “Non mi sta dando molto su cui lavorare.”

      Bunce sembrò deluso. “Suppongo non ci sia molto da dire. Insomma, conoscevo Amos da una vita, ma non eravamo quel tipo di amici che si dicono tutto. Lui non era quel genere di persona. Spesso la gente faceva battute sul fatto che preferisse gli orologi al contatto umano.”

      “Mi ha detto che quell’orologio valeva qualche centinaio di sterline. Quanto bravo era dopotutto?”

      Bunce sorrise, sollevato dal fatto che Slim avesse fatto una domanda alla quale sapeva rispondere.

      “Aveva le mani di un chirurgo. La maggior parte degli artigiani hanno una dote in particolare, ma Amos aveva il pacchetto completo. Si occupava del design, dell’intaglio e assemblava anche gli ingranaggi meccanici all’interno. Ha idea di quanto sia difficile fabbricare le parti di un orologio a mano? In un giorno di lavoro si producono uno o due piccoli pezzi. È un processo ad alto impiego di manodopera e, oggigiorno, sono poche le persone che hanno quel tipo di concentrazione. Era uno su un milione, Amos.”

      “E quanti ne produceva?”

      “Non tantissimi. Due o tre all’anno. Alcuni su commissione, credo, altri erano per vendite private. Non aveva fretta. Non gli interessava arricchirsi. A lui piacevano le brughiere, la vita tranquilla. La fattoria non dava molto profitto — a differenza di ciò che dicono molte persone — e la vendita degli orologi era un’entrata extra che gli permetteva di vivere in un modesto lusso.”

      “È probabile che qualcuno ce l’avesse con lui? Forse una mancata vendita, o un affare


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