La Bugia Perfetta. Блейк Пирс

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La Bugia Perfetta - Блейк Пирс


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il midollo della vita. Non avrebbe mai messo fine alla propria.”

      Rimasero tutti seduti in silenzio per un momento, poi Ryan tornò a un argomento meno filosofico.

      “Conosci il nome del suo ex?” gli chiese.

      “No. Ma penso che una delle trainer donne alla palestra potrebbe saperlo. Ricordo che aveva raccontato di averlo visto portare lì Taylor una volta e di averlo riconosciuto.”

      Mentre Vin rispondeva, Jessie spostò l’attenzione sull’ingresso della caffetteria, da dove stava entrando un uomo che era chiaramente un barbone. Aveva la barba lunga e le scarpe con le suole staccate che sventolavano ogni volta che sollevava un piede.

      Ma non fu quello ad attirare la sua attenzione. C’era qualcosa di rosso che gocciolava dalla mano sinistra dell’uomo, che lui teneva nascosta sotto alla giacca. L’uomo stava borbottando tra sé e sé mentre si muoveva in mezzo agli altri clienti, andando a sbattere contro di loro in modo apparentemente intenzionale.

      “Come si chiama la trainer?” chiese Ryan. Aveva la schiena rivolta all’ingresso, quindi non aveva potuto notare l’uomo.

      “Chianti.”

      “Dici sul serio?” chiese Ryan, ridendo involontariamente e sputacchiando un po’ del suo caffè.

      “Non so se sia il suo nome di battesimo,” disse Vin, sorridendo per la prima volta. “Ma alla palestra la conosciamo come Chianti Rossellini. Non sta a me giudicare.”

      “Perché pensi che non sia effettivamente la tua filosofia, Vin?” chiese Jessie maliziosamente, mentre continuava a tenere d’occhio il barbone.

      Vin alzò le sopracciglia in modo provocatorio.

      “Scusate se interrompo questo scambio di gossip…” iniziò a dire Ryan.

      “Puoi fare tutto quello che vuoi, occhi belli,” lo interruppe Vin, sbattendo le palpebre.

      Ryan non rispose alla sua allusione, ma andò avanti.

      “Ma dobbiamo chiederti di quando hai trovato Taylor. Hai detto agli agenti che la finestra era aperta?”

      Il volto di Vin tornò immediatamente serio.

      “Di poco, sì. Prima ho bussato e ho controllato la porta, che era chiusa. Ma quando non ha risposto, ho aperto di più la finestra e sono entrato da lì. Immagino che avrei dovuto chiamare prima il 911. Ma ho pensato che se era ferita e aveva bisogno di aiuto, non era il caso che me ne stessi fermo lì con le mani in mano.”

      “Non ti devi giustificare, Vin,” disse Jessie. “Eri preoccupato per la tua amica. Sono sicura che le prove sosterranno questo aspetto.”

      “Grazie,” disse Vin, la voce leggermente rotta.

      Jessie avrebbe avuto una reazione più marcata nei suoi confronti, se non fosse stata così distratta dal barbone con la piccola scia di sangue che gli cadeva dal braccio. Ora stava dondolando sui piedi mentre muoveva la mano sotto alla giacca, che sembrava essere zuppa di un liquido denso. Era come se si stesse dando dei colpi al fianco. Le sue labbra si stavano ancora muovendo, ma qualsiasi cosa stesse mormorando era inudibile, anche se la donna di mezza età che stava in fila davanti a lui continuava a guardarsi nervosamente alle spalle.

      “Ehi, Ryan,” disse Jessie con noncuranza. “Dai un’occhiata alle spalle, senza farti notare. L’uomo con la barba, in fila.”

      Ryan si voltò e così fece anche Vin.

      “Quello che non riesce a tenere fermo il corpo e la bocca?” chiese Ryan.

      “Già,” confermò Jessie. “Sta sanguinando dal braccio sinistro e penso che stia tenendo qualcosa con la mano destra sotto alla giacca.”

      “Cosa pensi che sia?”

      “Non ne sono sicura. Ma ho notato una macchia umida e scura sulla giacca all’altezza del fianco. Quindi immagino che sia la stessa cosa che gli ha fatto sanguinare l’altro braccio. E poi sembra piuttosto agitato. Prima stava andando addosso ad altri clienti, e non per sbaglio.”

      “Potrebbe essere qualcosa,” disse Ryan sottovoce. “O potrebbe essere come la metà della gente a cui siamo passati accanto mentre venivamo qui.”

      “Giusto,” disse Jessie, “anche se questa cosa del sangue aggiunge un po’ di pepe alla faccenda. E poi tutte le bariste sembrano terrorizzate, e immagino che abbiano barboni che entrano qua dentro tutto il giorno.”

      “Giusto,” disse Ryan, sussultando leggermente mentre si alzava in piedi. “Direi che posso mettermi in fila per un altro caffè. Jessie, tu magari potresti andare a chiamare l’agente che è rimasto fuori e chiedergli di venire dentro come precauzione.”

      Jessie annuì e si alzò in piedi a sua volta, cercando di nascondere il dolore che provava sia alla schiena che alla gamba dopo essere rimasta ferma per un po’. Mentre andava verso l’ingresso della caffetteria si voltò e vide che Ryan aveva preso posizione subito dietro all’uomo, che ancora brontolava. Jessie spinse la porta e fece cenno all’agente di entrare.

      “Penso che ci sia possibile bisogno di aiuto qui,” disse. “L’uomo con la barba che sta davanti al detective Hernandez potrebbe avere un’arma sotto alla giacca. Non ne siamo certi, ma potrebbe esserci bisogno di rinforzi.”

      Aveva appena finito la sua frase, quando un forte grido arrivò dall’interno. Jessie si girò e vide la donna di mezza età che si teneva stretta la spalla destra con la mano sinistra. Dietro di lei Ryan stava lottando con il barbone per strappargli di mano un coltello da caccia. Ma nonostante il vantaggio dato dalla sua prestanza fisica, sembrava comunque una battaglia persa.

      L’uomo era come posseduto da una rabbia frenetica e Ryan evidentemente non era al massimo delle sue forze. Nel giro di pochi istanti il barbone si era liberato. Ryan perse l’equilibrio e cadde sul pavimento, mentre l’uomo si riorganizzava subito e gli si lanciava addosso.

      Jessie corse dentro, aprì la fondina della pistola e avanzò verso di loro. Stava per tirare fuori l’arma quando vide un lampo di movimento davanti ai suoi occhi. Era Vin Stacey che balzava addosso al barbone, dandogli un colpo alla mandibola con l’avambraccio e facendolo andare a sbattere contro il bancone.

      Il coltello volò via dalla mano dell’uomo ora frastornato e scivolò sul pavimento. Vin si fermò su di lui, pronto a procedere se necessario. Non servì. Un attimo dopo l’agente era addosso al barbone, lo faceva girare prono e lo ammanettava. Jessie rimise nella fondina la sua pistola e si inginocchiò accanto a Ryan.

      “Stai bene?” gli chiese preoccupata.

      “Sì. Mi riprenderò, anche se non sono sicuro che possa dirsi lo stesso per il mio orgoglio.”

      Vin gli si avvicinò e gli tese la mano.

      “Vuoi una mano, occhi belli?” gli chiese, sbattendo le palpebre con fare ammiccante.

      CAPITOLO SEI

      La sicurezza di Jessie era scossa.

      Mentre lei e Ryan aspettavano nella lobby della palestra Solstice perché il direttore generale trovasse Chianti, non faceva che ripensare a quell’istante, tre secondi prima che Vin mettesse al tappeto il barbone.

      In quella frazione di tempo Ryan era caduto, un uomo aveva tentato di ucciderlo e lei non era riuscita ad agire abbastanza rapidamente da evitarlo. Se non fosse stato per la prontezza di riflessi e la rapidità di quell’armadio umano, il detective Ryan Hernandez poteva benissimo essere morto adesso.

      Prima di portare all’ospedale la donna che il tizio aveva pugnalato, uno degli addetti del pronto intervento aveva dato una controllata a Ryan e gli aveva dato il via libera. Ma Jessie non poteva fare a meno di chiedersi se entrambi fossero davvero pronti a rimettersi in gioco lavorando sul campo.

      Il suo dibattito interiore venne interrotto quando il direttore generale fece loro cenno di entrare


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