La Bugia Perfetta. Блейк Пирс

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La Bugia Perfetta - Блейк Пирс


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      “Ma pensavo che non fosse più un sospettato,” ribatté Jessie.

      “Tutti sono sospettati. Lo sai.”

      “Okay,” gli concesse Jessie. “Ma nel frattempo lui se ne sta seduto lì con l’intero mondo che gli passa accanto pensando che lo abbiano arrestato per qualcosa.”

      “Immagino che allora dovremmo chiarire la cosa,” disse Ryan con tono piatto.

      Jessie lo guardò accigliata prima di aprire la portiera posteriore.

      “Signor Stacey?” chiese, lasciando andare la nota di nervosismo nella voce, che ora risuonò dolce e zuccherosa.

      “Sì,” rispose lui tremante.

      “Perché non viene fuori dall’auto? Mi spiace che lei abbia dovuto aspettare così tanto. Io e il mio collega eravamo sopra a svolgere le indagini. Speravamo di poterle fare qualche domanda, se non le spiace.”

      “Ho risposto alle domande di tutti,” disse lui con tono implorante. “Non riesco a capire perché mi trovo nei guai.”

      “Non si trova nei guai, signor Stacey,” gli assicurò lei. “Venga fuori. Mi chiamo Jessie Hunt. Sono una profiler criminale del Dipartimento di Polizia di Los Angeles. Questo è il detective Ryan Hernandez. Vedo una caffetteria nell’angolo laggiù. Prendiamo una tazza di qualcosa e facciamo due chiacchiere. Cosa ne pensa?”

      L'uomo annuì e uscì dal veicolo. Fu solo allora che Jessie si rese conto di quale fosse la sua stazza. Completamente dritto in piedi, doveva arrivare facilmente a un metro e novanta. Jessie ipotizzò che il peso dovesse essere di un centinaio di chili. Indossava una maglietta da palestra a manica lunga che metteva in evidenza i suoi addominali. Sembrava che i bicipiti potessero strappare la stoffa delle maniche da un momento all’altro.

      Nonostante la sua imponenza, l’atteggiamento trasmetteva delicatezza e gentilezza. Guardandolo più attentamente, Jessie notò che portava una collanina con il ciondolo di un arcobaleno e che aveva le unghie dipinte di viola.

      “Immagino che anche lei sia un trainer nella palestra dove lavorava Taylor, giusto?” gli chiese, cercando di alleggerire l’atmosfera mentre si dirigevano verso la caffetteria.

      L’uomo annuì ma non rispose. Ryan li seguiva a poca distanza, chiaramente consapevole che la sua presenza avrebbe potuto intralciare i tentativi di Jessie di creare un collegamento con l’uomo. Mentre camminavano, Jessie notò che l’uomo di strofinava energicamente i polsi.

      “Va tutto bene?” gli chiese.

      “Ancora non ci credo. È come se mi avessero rivoltato lo stomaco. Aspettare lì e sapere che una persona con una personalità così solare ora è un essere freddo e privo di vita. Mi fa male solo a pensarci. E i vostri colleghi hanno solo peggiorato le cose.”

      “È stata una vera sfortuna,” disse Jessie.

      “Sapete che gli agenti mi hanno ammanettato quando sono arrivati all’appartamento di Taylor?” insistette lui. “Io me ne stavo seduto là fuori ad aspettarli. E uno di loro mi ha messo le manette mentre l’altro ha tenuto la mano pronta sulla pistola per tutto il tempo. Io sono quello che ha chiamato il 911!”

      “Mi spiace davvero, signor Stacey,” cercò di calmarlo Jessie. “Purtroppo, quando gli agenti arrivano su una scena del crimine, devono prendere delle precauzioni che possono sembrare eccessive.”

      “Mi hanno tenuto ammanettato per mezz’ora, e nel frattempo mi hanno preso le generalità e hanno controllato se avessi la fedina penale sporca, cosa che non ho, e hanno controllato che lavorassi con Taylor. E tutto mentre lei stava sdraiata su quel letto, morta. Penso che sappiamo entrambi benissimo che se fosse stata lei a chiamare il 911 e li avesse aspettati lì, l’avrebbero trattata un modo diverso.”

      “Giusto,” rispose Jessie annuendo comprensiva mentre entravano nella caffetteria. Si voltò a guardare l’agente che li aveva seguiti fino a lì e gli fece cenno di aspettare fuori.

      “Quindi ha detto che lavorava con lei. Eravate entrambi insegnanti?” continuò Jessie, cercando di smorzare l’indignazione di Stacey e andare oltre.

      “Sì… al Solstice.”

      “La palestra proprio davanti al condominio?” chiese Jessie, ricordando il fitness club che aveva visto quando erano arrivati.

      “Comodo, no?” commentò lui.

      Ordinarono i loro caffè e si sedettero a un tavolino. Ryan li raggiunse ma non disse nulla.

      “Quindi, prima di arrivare a come le l’abbia trovata, signor Stacey…”

      “Chiamami Vin,” le disse lui.

      “Ok, Vin,” acconsentì lei. “Prima di questo, voglio che ci racconti di Taylor. Com’era? Amichevole? Tranquilla? Alla buona? Intensa?”

      “La definirei una tipa alla buona. Era educata ma professionale con gli altri allenatori e con il resto dello staff. Era più amichevole con i suoi clienti, ma aveva sempre un certo atteggiamento professionale. Era fatta così. Alcuni clienti vorrebbero che il loro trainer fosse una specie di migliore amico. E io sono più o meno così. Altri preferiscono qualcuno che non dica scemenze e che li aiuti a raggiungere i loro obiettivi. Lei era la persona per questo secondo genere di clientela.”

      “Che genere di clienti aveva per lo più?” chiese Ryan, parlando per la prima volta.

      Vin guardò Jessie esitando, come se avesse bisogno della sua approvazione per rispondere. Lei annuì in modo rassicurante e lui proseguì.

      “Di ogni genere. Ma direi che più della metà erano donne sposate tra i trenta e i quarant’anni. Un sacco di mogli benestanti e casalinghe che cercavano di perdere il peso accumulato con una gravidanza o di mantenere la linea evitando che i loro mariti le lasciassero per le segretarie.”

      “Era questo il suo pane quotidiano?” chiese Ryan.

      “Già. Era davvero bravissima a motivare donne del genere e a farle sentire come se avessero il pieno controllo dei loro destini. Io sono un uomo di colore single, gay, e a volte mi faceva venire voglia di sposare un tipo bianco di mezza età solo perché potessi assumere la piena responsabilità della mia vita.”

      “Quindi eravate buoni amici?” chiese Jessie.

      “Non così intimi,” disse lui. “Prendevamo un caffè insieme – a dire il vero molto spesso qui – o uscivamo a bere qualcosa. L’ho accompagnata a casa un paio di volte la sera tardi, a piedi. Ma non direi che eravamo amici. Ci definirei piuttosto colleghi amichevoli. Penso che le piacessi perché ero uno dei pochi uomini alla palestra che non le faceva la corte tutto il tempo.”

      “Alcuni dei suoi corteggiatori erano particolarmente aggressivi?” chiese Ryan.

      “Non sono sicuro di essere il migliore a giudicare ciò che una donna consideri aggressivo al giorno d’oggi,” ammise. “Posso dire però che non mi è mai sembrata intimidita da nessuno. Non aveva problemi a mettere a tacere uno in malo modo se andava troppo oltre.”

      “Sai niente di quale fosse la sua situazione sentimentale?” chiese Jessie. “Hai detto agli agenti di sopra che non frequentava nessuno.”

      “Ho detto che non pensavo che fosse attualmente impegnata in una relazione. So che stava uscendo con un tizio un paio di mesi fa. Ma dopo che la storia è finita, è diventata molto riservata riguardo alla sua vita amorosa. E non stava a me insistere per saperne di più, dato che non posso reputarmi un esperto.”

      “Vin,” chiese Jessie, decidendo di lanciare la domanda che sapeva avrebbe impegnato tutti per il resto della giornata, “pensi che Taylor possa essersi uccisa?”

      Lui rispose immediatamente e con un’intensità che ancora non gli avevano visto esprimere.

      “Impossibile. Taylor non era quel genere di persona. Era una precisa, concentrata. Era una di quelle persone che hanno degli obiettivi concreti. Voleva


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