Una morte e un cane. Фиона Грейс

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Una morte e un cane - Фиона Грейс


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Oh, ma dopotutto sono impegnato mercoledì sera. E giovedì…”

      “C’è l’allenamento di badminton,” disse Lacey completando la frase per lui.

      “Il che significa che il prossimo giorno libero è venerdì. Va bene venerdì?”

      Il suo tono era spensierato come sempre, notò Lacey, ma quell’atteggiamento così noncurante per aver dovuto cancellare il loro programma insieme in un certo senso la infastidiva. Sembrava non dargli il minimo fastidio che non si sarebbero potuti vedere fino alla fine della settimana.

      Anche se sapeva benissimo di non avere programmi per venerdì, Lacey si ritrovò comunque a dire: “Dovrò controllare l’agenda. Ti faccio sapere.”

      E non appena le parole le furono uscite di bocca, una nuova emozione le strisciò nello stomaco, mescolandosi con la delusione. Con sua sorpresa, si trattava di sollievo.

      Sollievo che per una settimana non sarebbe riuscita ad avere un appuntamento romantico con Tom? Non riusciva a capire da dove venisse quella sensazione, e la fece sentire improvvisamente in colpa.

      “Certo,” le disse lui, apparentemente ignaro di tutto. “Per ora ce lo possiamo appuntare e poi programmare di fare qualcos’altro di speciale la prossima volta, quando saremo entrambi meno impegnati, ok?” Si fermò per aspettare risposta, e non sentendo nulla, incalzò: “Lacey?”

      Lei ritornò in sé. “Sì… giusto. Mi pare bene.”

      Tom si avvicinò e posò i gomiti sul bancone, così che i loro volti fossero allo stesso livello. “Ora. Domanda seria. Sei sistemata con il mangiare per stasera? Perché ovviamente ti aspettavi una cenetta nutriente e succulenta. Ho della torta di carne che mi è rimasta da oggi, se vuoi portartene un po’ a casa.”

      Lacey rise e gli diede una pacca sul braccio. “Non mi servono i tuoi avanzi, grazie tante! Come ben sai, so cucinare anche io!”

      “Oh, sul serio?” la canzonò Tom.

      “È risaputo che ai miei tempi ho preparato uno o due piatti,” gli disse Lacey. “Risotto ai funghi. Paella di pesce.” Poi si soffermò a riflettere, alla ricerca di un paio di cose da aggiungere, perché sapevano tutti che bisognava sempre elencarne almeno tre. “Ehm… uhm…”

      Tom inarcò le sopracciglia. “Vai pure avanti…”

      “Maccheroni al formaggio!” esclamò Lacey.

      Tom rise di cuore. “Repertorio davvero impressionante! Eppure non ho mai visto alcuna prova a sostegno di questa tua affermazione.”

      Su questo aveva ragione. Finora era stato Tom a preparare da mangiare per tutti e due. Aveva senso. Lui amava cucinare, e aveva anche le abilità per farlo bene. Le doti culinarie di Lacey non andavano molto oltre l’infilare un piatto nel microonde.

      Incrociò le braccia. “Non ho ancora avuto l’occasione di farlo,” rispose, usando lo stesso tono scherzoso di Tom, nella speranza che mascherasse l’effettiva irritazione che stava provando di fronte dei suoi commenti. “Il signor cuoco pasticcere stella Michelin non si fida a lasciarmi vicino ai fornelli.”

      “Devo prenderla come un’offerta?” le chiese Tom, ammiccando con le sopracciglia.

      Dannato orgoglio, pensò Lacey. Ci si era tuffata dritta dentro. Ora sarà meglio che te la cavi.

      “Ci puoi scommettere,” disse con finta sicurezza. Gli tese la mano per stringergliela. “Sfida accettata.”

      Tom guardò la sua mano e inarcò la bocca in un mezzo sorriso. “Però c’è una condizione.”

      “Oh? Cioè?”

      “Deve essere qualcosa di tradizionale. Qualcosa di originario di New York.”

      “In questo caso mi ha facilitato il lavoro di un sacco,” esclamò Lacey. “Perché significa che farò pizza e cheesecake.”

      “Non si può comprare niente in negozio,” aggiunse Tom. “Devi fare tutto direttamente dalle materie prime. E non farti aiutare da nessuno. Non chiedere a Paul l’impasto.”

      “Oh, ti prego,” disse Lacey, indicando la confezione di sale appoggiata sul bancone. “Paul sarebbe l’ultima persona che chiamerei ad aiutarmi!”

      Tom rise. Lacey avvicinò di più la mano testa. Lui annuì, contento che le condizioni fossero state accettate, quindi le strinse la mano. Ma invece di scuoterla, la tirò leggermente, facendola avvicinare a lui e baciandola al di sopra del bancone.

      “Ci vediamo domani,” mormorò Lacey, sulle labbra ancora presente l’eco del bacio. “Attraverso la finestra, intendo. A meno che tu non abbia tempo di venire all’asta!”

      “Certo che vengo all’asta,” le disse Tom. “Mi sono perso l’ultima. Devo essere presente per darti supporto.”

      Lacey sorrise. “Fantastico.”

      Si girò e si diresse verso l’uscita, lasciando Tom al suo disastro di impasto.

      Non appena la porta della pasticceria fu chiusa alle sue spalle, abbassò lo sguardo su Chester.

      Si girò e si diresse verso l’uscita, lasciando Tom al suo problematico impasto.

      Non appena la porta della pasticceria si fu chiusa alle sue spalle, Lacey guardò Chester.

      “Adesso mi ci sono davvero buttata dentro,” disse al cane che la guardava comprensivo. “Davvero, avresti dovuto fermarmi. Tirarmi la manica. Spingermi il naso addosso. Qualsiasi cosa. Ma adesso devo fare la pizza partendo da zero. E una cheesecake! Sono morta.” Diede un calcio al selciato con simulata frustrazione. “Andiamo, bisogna passare a comprare qualcosa in gastronomia prima di andare a casa.”

      Lacey svoltò nella direzione opposta rispetto a casa sua e percorse la strada principale verso il negozio di alimentari (o negozio all’angolo, come Gina era solita chiamarlo). Mentre camminava, scrisse un messaggio nel gruppo Doyle Girls.

      C’è nessuno che sa come si fa la cheesecake?

      Di certo era una di quelle cose che sua mamma sapeva fare, no?

      Non ci volle molto perché la risposta arrivasse. Lacey controllò per vedere chi del gruppo avesse risposto. Sfortunatamente era la sua famigerata sarcastica sorellina, Naomi.

      Tu non sei capace? La canzonava la sorella. Te la compri già fatta e ti risparmi la rottura.

      Lacey digitò rapidamente la risposta. Non mi sei d’aiuto, sorella.

      La risposta di Noemi arrivò alla velocità della luce. Se fai domande stupide, aspettati risposte stupide.

      Lacey ruotò gli occhi al cielo e accelerò il passo.

      Fortunatamente, quando ebbe raggiunto il negozio, sua madre le aveva risposto con la ricetta.

      È quella di Martha Stewart, diceva. Ti puoi fidare.

      Fidarmi? Rispondeva Naomi. Non è andata in galera?

      Sì, rispose la madre, ma per nulla che avesse a che vedere con la ricetta della sua cheesecake.

      Touché, rispose Naomi.

      Lacey rise. La mamma aveva battuto la sorella!

      Mise via il telefono, legò il guinzaglio di Chester attorno al lampione ed entrò nel negozio ben illuminato. Si mosse tra gli scaffali più velocemente che poté, riempiendo il cestino di tutto ciò che Martha Stewart riteneva necessario, poi si prese una confezione di linguine precotte e un piccolo vasetto di sugo pronto (comodamente esposto nel frigo accanto alla pasta) e del parmigiano già grattugiato. Alla fine aggiunse un vino il cui talloncino proclamava: ottimo con le linguine!

      Non c’è da meravigliarsi che non abbia mai davvero imparato a cucinare, pensò Lacey. Guarda quanto facile ti rendono la vita.

      Andò alla cassa, pagò e se ne andò, recuperando Chester all’uscita. Ritornarono indietro, passarono di


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