Raji: Libro Uno. Charley Brindley

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Raji: Libro Uno - Charley Brindley


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Tirò fuori un coltellino dalla tuta, poi un blocchetto di tabacco da masticare. Dopo averne tagliato un pezzo enorme, se lo infilò nella guancia e offrì il blocchetto a Fuse, che scosse la testa.

      Dopo aver pulito la lama sui pantaloni, Quackenbush ripose il coltello. Masticò il tabacco nella guancia rigonfia, e un po’ di marrone gocciolò dall’angolo della bocca mentre si guardava intorno come se cercasse un posto dove sputare.

      “Ho preso un cervo stamattina,” borbottò con il grumolo appiccicoso.

      Aprì il parafuoco e sputò un filone di succo di tabacco tra le fiamme. Un odore putrido seguì un breve sfrigolio.

      Fuse guardò il fuoco e storse il naso. “Un cervo?”

      “Sì, una bella cerbiatta.” Quackenbush si pulì la bocca sulla manica del cappotto. “Al primo colpo ero un po’ traballante e l’ho colpita alla zampa. Il secondo l’ha colpita al fianco, ma il terzo è stato un colpo secco e decisivo.” Fece un rapido movimento verso il collo, sotto l’orecchio destro. “Un proiettile proprio sul collo.”

      Fuse prese l’attizzatoio e colpì il fuoco, battendo su tronchi mezzi bruciati. “Pensavo che la stagione dei cervi fosse finita.”

      “Beh, credo che lo sia, legalmente parlando, ma starò zitto se farai lo stesso.” Quackenbush indicò il padre di Fuse. “E so che lui non parlerà con le autorità.” Si mise a ridere. A Fuse sembrò un asino con l’anatomia maschile impigliatain un recinto di filo spinato.

      Fuse sentì la rabbia salirgli nel petto. L’uccisione fuori stagione lo infastidì, ma non tanto quanto l’insulto al padre. Anche se non gli piaceva quell’uomo, sua madre gli aveva insegnato il rispetto verso gli anziani. Così, si morse la lingua e tenne la bocca chiusa.

      Quackenbush indossava una giacca nera stile militare sopra una tuta sporca, e un cappello porkpiegrigiocon il bordo macchiato di sudore. Puzzava come i cani da pastore bagnati, e il calore del fuoco non faceva che peggiorare la situazione.

      “Spero non ti dispiaccia che abbia ucciso quel cervo nella tua proprietà.” Strinse gli occhi guardando Fuse, come per sfidare il ragazzo a rispondergli. “Ero sulla riva di quel piccolo ruscello, dietro il tuo stagno. Con i piedi ho coperto di neve il sangue e le budella, così nessuno lo verrà mai a sapere.”

      Fuse gettò l’attizzatoio nella scatola di legno ripensando al giorno prima, quando aveva mostrato le impronte del cervo a Rajiani. Era preoccupato che la ragazza fosse fuori al freddo.

      Come posso sbarazzarmi di quest’uomo odioso prima che ci riempia di puzzo tutta la casa? Sarei dovuto uscire dalla porta sul retro con Rajiani.

      Quackenbush guardòl’attizzatoio rovente mentre masticava il tabacco spostandolo da una guancia all’altra. “Tua madre è in casa?”

      “No.”

      “Oh!Mi è sembrato di sentire sbattere una porta appena prima di entrare.”

      “Ero io…che entravo dalla cucina.”

      Entrambi guardarono verso la porta della cucina, era aperta.

      “È la prima volta che vengo in questa casa da quando Marie aveva quattordici anni.”

      Quackenbush camminò verso il centro della stanza, guardando il posto, come per valutarne il valore. Andò alla ringhiera delle scale e allungò il collo per guardare al piano di sopra.

      Fuse non aveva mai sentito nessuno chiamare sua madre per nome. Anche suo padre l’aveva sempre chiamata “mamma”, almeno quando Fuse era presente.

      Perché Quackenbush era nella nostra casa quando mamma era adolescente? Dev’essere stato prima di conoscere papà.

      La casa e la fattoria erano appartenute ai genitori di sua madre. Dopo l’ictus del nonno e la sua morte nel 1918, la nonna sopravvisse solo altri sei mesi. La dolce vecchietta sembrava essersi sciupata, struggendosi per il suo compagno da cinquantotto anni.

      “Marie era una graziosa ragazzina a quei tempi,” disse Quackenbush, distogliendo Fuse dai suoi ricordi. “Comunque dov’è? Mi piacerebbe vederla.”

      “È in Africa.” Fuse non avrebbe voluto dirlo. Non erano affari di Quackenbush.

      “Africa?”

      Fuse annuì.

      “Ha dei parenti lì?” Un’altra risata d’asino.

      “No. è una volontaria della Croce Rossa.”

      “Ah, allora starà via per molto tempo.”

      “Mi aspetto che torni da un giorno all’altro.”

      Quackenbush si strofinò il dorso delle dita sulla barbetta incolta della guancia. Gli occhi iniettati di sangue dell’uomo erano troppo vicini al suo naso da becco di corvo. Sembrava avere la stessa età della madre di Fuse.

      “Ole Kupslinker, giù alla banca, ha detto che vuoi affittare questo posto.”

      “Non sono sicuro di volerlo affittare.”

      “Beh, Kuppy parlava come se tu fossi pronto a firmare per tuo padre sulla linea tratteggiata.”

      “Non è legale.”

      “Chi lo verrà a sapere?”

      Questo è come uccidere quella povera cerbiatta. Devo sbarazzarmi di questo stupido e trovare qualcuno che mi dia consigli sulla fattoria. Firmare quei documenti, non porterà a nulla di buono. E come se non bastasse, avremmo questo babbuino in mezzo ai piedi ogni giorno.

      “Il signor Kupslinker ha detto che posso pensarci fino alla fine dell’anno.”

      “Beh, ti aiuterò a pensarci,” disse Quackenbush. “Ho preso due contadini montanari.” Si scaldò il fondoschiena, poi fece scivolare la mano dietro di sé per grattarsi. “A loro piace ficcare il naso nei miei affari, ma se qualcuno li tiene d’occhio, lavorano bene. Potremmo abbattere la recinzione che separa le nostre fattorie e unire il vostro pascolo al mio campo di grano. Probabilmente avremmo 60 acri di mais lì. Potrei far venire i miei ragazzi qui domani, per darti una manoe occuparsi delle cose della casa mentre sei a scuola.”

      Fuse rimboccò la coperta a scacchi gialli e rossi sulle gambe del padre. Il signor Fusilier mosse la testa, e Fuse lo guardò. Suo padre sbatté le palpebre due volte in rapida successione. Dopo un attimo, lo fece di nuovo.

      “Giochi a chest (petto)?” chiese Quackenbush, annuendo verso la scacchiera.

      “Si dice chess (scacchi). E sì, ci gioco.”

      “E con chi stai giocando a chest? Non con tuo padre.”

      Fuse rispose prima di dover sentire di nuovo quella risata irritante. “Io…gioco per entrambi.”

      “Vorrei fare una partita a dama. A dama potrei batterti.”

      “Devo finire le faccende, signor Quackenbush.”

      “Sì, credo sia meglio che torni a casa. Ho dato a quei due ubriaconi il giorno libero, e ora devo fare io tutto il lavoro.” Si incamminò verso la porta, ma quando afferrò la maniglia, si fermò. “Quasi dimenticavo. La mia vecchia signora mi ha detto che siete invitati alla cena di Natale. Abbiamo il tacchino, carne di cervo e tutti gli antipasti. Probabilmente il triplo del necessario.” Indicò il padre di Fuse. “Penso che il tuo papà possa venire, ma non so come tu possa portare quella sedia a rotelle lassù a casa mia. Suppongo che possa stare qui da solo per due o tre orette.” Fissò Fuse ma non ottenne risposta. “Non dimenticare figliolo, dovremo fare un accordo molto presto.”

      Quackenbush aprì la porta e uscì sul portico anteriore. Fuse si affrettò ad afferrare la porta.

      “È più freddo del culo di una strega su un manico di scopa.”

      Quackenbush si abbottonò il cappotto controvento e si diresse verso la sua station wagon Durant. Sembrava nuova, con le fiancate in legno e i paraurti cromati lucidati a specchio.

      Fuse sbatté la porta e andò alla finestra. Spostò la tenda e guardò per essere sicuro che Quackenbush


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