Il Quadriregio. Frezzi Federico
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fece una seco, onde gran duol mi morse.
Però a Cupido:—Amore, ora m'aita:
tu sai che 'l colpo insino a me pervenne,
allor che Taura fu da te ferita.—
160 Egli ridendo mosse le sue penne,
e fuggí via l'Amor senza leanza
ed alla piaga mia non mi sovvenne.
Venus a me:—Assai piú bella 'manza,
—disse—nel regno mio ti doneraggio.—
165 Però, al conforto di tanta speranza,
la seguitai per l'aspero viaggio.
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CAPITOLO XV
Come l'autore trova una ninfa di Cerere, chiamata Panfia, la quale gli conta il reame di Eolo, dio delli venti.
L'amor con la speranza è sí soave,
che fa parer altrui dolce e leggera
la cosa faticosa e da sé grave;
ché sempre mai, quando l'animo spera
5 aver il premio della sua fatica,
piglia l'impresa con la lieta ciera.
Questa tra spine e tra pungente ortica
menava lieto me per duro calle:
tanto quella promessa a me fu amica;
10 quando vidi una ninfa in una valle,
che cogliea fiori, e suoi biondi capelli
di color d'oro avea sparsi alle spalle.
—A quella che lí coglie i fiori belli
—diss'io a Venus—volentieri irei,
15 se piace a te che alquanto gli favelli.—
La dea consentí ai desii miei;
ond'io andai, e, quando gli fui appresso,
queste parole dirizzai a lei:
—O ninfa bella, mentre a me è concesso
20 ch'io parli teco, prego, a me rispondi:
chi se' e questo loco a chi è commesso?—
Allor, rispersa de' capelli biondi,
inver' di me alzò la lieta testa,
e poi rispose con gli occhi giocondi:
25 25—Eolo regna qui 'n questa foresta,
che regge i venti ed halli tutti quanti
sotto il suo freno e sotto sua potèsta;
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ché, quando contra il ciel funno i giganti,
seguîro il padre, e le colpe paterne
30 spesso tornano a' figli in duri pianti.
Però gl'inchiuse Dio tra le caverne,
ed Eolo diede a lor, che gli apre e serra
e che sotto suo impero li governe.
Se ciò non fosse, l'aere e la terra
35 subbissarieno ed in ogni contrada
farian grande ruina e grande guerra.
Panfia ho nome, e la dea della biada
alla figlia Proserpina mi manda;
e spesse volte vuol che a lei io vada.
40 E coglio questi fior, ch'una grillanda
gli vo' portar, ché delli fior che colse
gli sovvien anco, e però me 'n domanda,
quando Cupido con sue fiere polse
ferí 'l disamorato infernal Pluto,
45 allor ch'a Ceres la figliola tolse.
Ma tu chi se' e come se' venuto
cosí soletto in questa valle alpestra?
Vai vagabondo o hai 'l cammin perduto?—
Ed io a lei:—Venus è mia maestra;
50 seco mi guida al loco, ov'ella regna,
e per darmi conforto ella mi addestra.
Ed ha concesso a me ch'io a te vegna;
o ninfa bella, prego mi contenti;
e quel che ti domando, ora m'insegna.
55 Dimmi ove stanno e donde son li venti,
ché, quando scendi all'infernal regina,
io credo che li veghi e che li senti.—
Ed ella a me:—Perché ratta e festina
Ceres mi manda, per fretta non posso
60 appien de' venti darti la dottrina.
Ma sappi che la terra dentro al dosso
ha gran caverne, meati e gran grotte,
ove li venti stanno in vapor grosso.
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Tra quei meati e quelle rupi rotte
65 diventa quel vapor sottile e raro,
quando di sopra al dí cresce la notte;
ché, quando un loco a sé prende un contraro,
l'altro contraro prende un loco opposto,
e quanto posson tengon loco varo.
70 E però, quando è ito il fin d'agosto,
e che 'l dí manca e fassi qui il verno,
allor che il sole in bassi segni è posto,
nelle caverne, ch'Eolo ha 'n governo,
s'inchiude il caldo. E di ciò dán certezza
75 l'acque che stanno nell'alvo materno,
che hanno il verno alquanto di caldezza,
come si vede e come appare al senso;
la state hanno sotterra piú freddezza.
Sí che 'l vapor, in prima grosso e denso,
80 convien che s'assuttigli e sparso cresca
il verno, riscaldato ovvero accenso.
Però dall'arto loco cerca ond'esca:
cosí per le fissure e pori esala,
e 'l sole il tira insino all'aura fresca.
85 Lí ripercosso, poscia all'ingiú cala
e fassi vento, e, dove luna il tira
ovver Saturno, quivi move l'ala.
Il vapor che rimane e che si aggira
nel ventre della terra, perché appieno
90 non può uscir del loco, ond'egli spira,
ritorna addietro in fondo giú nel seno
dell'alma terra; e però innanzi alquanto
che sia il tremoto, ogni vento vien meno.
E poi ritorna e con impeto tanto,
95 venendo insieme, la terra percote,
che la fa almen tremare in alcun canto.
Questo è 'l tremoto, e voglio ch'ancor note
che 'l vapor caldo inchiuso ha tal valore,
che nulla cosa ritener il puote.
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