Il Quadriregio. Frezzi Federico

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Il Quadriregio - Frezzi Federico


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presto; e la fiamma corrente

       pare una stella che tramuti loco.

      E fa un fregio sú chiaro e lucente

       per la via che trascorre, ed in un tratto

       poscia vien meno e non appar niente.

       p. 68

       100 E se 'l vapor è di materia fatto

       che sia grossa e viscosa e sulfuresca,

       non atta a consumarsi molto ratto,

      quando ha passata la contrada fresca,

       va su infin che l'aer caldo trova,

       105 e lá s'accende come a fiamma l'ésca.

      E pare un trave acceso che si mova:

       questo è la sube, e spesso ha la figura

       o di colonna o di altra cosa nova.

      E se 'l vapor, che 'l sol lieva in altura,

       110 è grosso e secco e molto denso e spesso

       e di materia a consumarsi dura,

      quando egli giunge sú al foco appresso,

       s'accende quella parte che 'n pria monta,

       e quella fiamma scende giú per esso

      115 in quella parte che non è ancor gionta,

       ma sta giú verso l'aere distesa

       lunga e nelle sue parti ben congionta.

      Allor la parte ch'è nel foco accesa,

       pare una stella, e l'altra la sua chioma,

       120 cioè la parte nell'aer distesa.

      E però questa «cometa» si noma,

       quasi «comata», e chi ben questo mira,

       dato fu a lei il suo proprio idioma.

      Se saper vuoi perché il sol non tira

       125 piú 'nsú 'l detto vapor, poiché è focoso,

       ma secondando il primo moto gira,

      sappi che ogni cosa ha 'l suo riposo

       nel proprio loco, come hai giá udito,

       e, se si parte quindi, va a ritroso.

      130 E però quel vapor, quando è ignito,

       sta dentro fermo presso a quella spera,

       la quale è d'ogni lieve il proprio sito.

      E sappi ancor che tanto la lumiera

       dura della cometa e tanto è vista,

       135 quanto dura il vapor e sua matèra;

       p. 69

       ché mai la fiamma può veder la vista

       o la luce del foco per se sola,

       s'ella non è con altro corpo mista.—

      Tacette poscia dopo esta parola;

       140 ond'io a lei risposi:—Ammiro alquanto

       come s'accende il vapor che 'nsú vola.

      Ed anco ammiro come può esser tanto,

       che se ne faccia vento e pioggia ancora

       e l'altre cose dette nel tuo canto.—

      145 Sub brevitá questo rispose allora:

       —Pensa del cibo dentro al corpo umano,

       quando è indigesto e quando egli evapóra:

      il qual, quando è cacciato fuor dell'ano,

       s'infiammeria come trita vernice,

       150 se si scontrasse in acceso vulcano.

      Cosí il vapor, che sú 'l mio canto dice,

       s'infiamma giunto nell'aere acceso

       e d'ogni impressione è la radice.—

      Cupido, quando a questo io stava atteso,

       155 venía per l'aere quasi uccel veloce

       colle saette in mano e l'arco teso.

      —O Taura—chiamò ad alta voce,—

       tu proverai che piú 'l mio foco infiamma

       che quel del tuo Vulcano, e che piú coce.

      160 Ei l'ha provato, e sallo la mia mamma.—

       Cosí dicendo, un colpo tal gli porse

       col dardo acceso di sacrata fiamma,

      che trapassolla e insino a me trascorse;

       e tanto m'infiammò quella saetta,

       165 ch'io grida' aiuto, e l'Amor non soccorse.

      Taura bella, di dolor costretta,

       gridò al ciel:—Vulcano, ora m'aita,

       e del crudele Amor fammi vendetta.—

      E, detto questo, cadé tramortita.

      p. 70

       Indice

      Come Cupido fece battaglia con Vulcano e come a prego di Venere

       Giove discese dal cielo e pose pace fra loro.

      Parve che quella voce andasse al cielo,

       ché venne con un tuon un gran baleno

       a lei sopra la faccia e 'l petto anelo.

      E nel dir «miserere» ed anche in meno 5 l'aere si turbò e féssi fosco, il quale pria era chiaro e sereno.

      E ben mille ciclopi fuor d'un bosco

       io vidi uscir e fuor delli gran monti,

       alti, che tanto abeti io non conosco.

      10 Questi hanno sol un occhio in le lor fronti,

       fabbri di Iove e duri nelle braccia,

       crudel, nelle battaglie arditi e pronti.

      Poi tra le nubi con irata faccia

       e con tempesta apparve il gran Vulcano

       15 co' tuon, co' quali a' giganti minaccia.

      E tre saette avea nella sua mano;

       cosí discese giú con sí gran grido,

       ch'egli facea tremar tutto quel piano.

      —Dov'è—dicea,—dov'è 'l crudel Cupido?

       20 Dove se' ito, traditor bugiardo?

       Vieni, ché alla battaglia io ti disfido.

      Ahi, gran prodezze mostrarsi gagliardo

       contra una ninfa, a cu' il petto hai ferito

       sí crudelmente col tuo crudo dardo!

      25 Ma, se tu se' sí grande e sí ardito,

       perché non vieni, o nato d'adultèro,

       in campo alla battaglia, ov'io t'invito?—

       p. 71

       Cupido, in questo, superbo ed altèro

       vidi venir volando, e mai uccello

       30 corse alla preda sí ratto e leggero.

      Ed a Vulcan:—Ritorna a Mongibello,

       sciancato, storto e dal ciel messo in bando:

       ritorna alla fucina ed al martello.

      Il dardo orato mio, il qual io mando,

       35 tu proverai; e, se ti giunge addosso,

       tu griderai a me:—Mercé domando.—

      Poi


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