Il Quadriregio. Frezzi Federico
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Sappi che in oriente è un reame
tra lochi inculti e tra ombrosi boschi,
ch'è pien di ninfe d'amorose dame.
E quelle selve e quelli lochi foschi
65 son governati dalla dea Diana,
la qual voglio che veggi e la conoschi.
E benché sia la via molto lontana
e sia scogliosa e sia di molta asprezza,
io la farò parer soave e piana.
70 Io son l'Amor, che dono ogni fortezza
ne' gravi affanni e, mentre altrui affatico,
gli fo la pena portar con dolcezza.
In questo regno, del quale io ti dico,
è una ninfa chiamata Filena
75 con bell'aspetto e con volto pudico.
La selva è ben di mille ninfe piena;
ma dea Diana, quando va alla caccia,
piú presso questa che null'altra mena.
Costei sí bella e con pudica faccia
80 io ferirò per te d'un dardo d'oro,
quantunque io creda che a Diana spiaccia.
Tu vedra' delle ninfe il sacro coro
insieme con Diana lor maestra,
e belle sí, ch'i', Amor, me n'innamoro.
85 E portan l'arco fier nella sinestra,
ed al comando della lor signora
cacciando van per la contrada alpestra.
—O dio Cupido, tanto m'innamora,
—risposi a lui—il ben che m'hai promesso,
90 che al venire mi pare un anno ogn'ora.—
Allor si mosse, ed io andai con esso;
alfin venimmo per la lunga via
in un boschetto, ch'avea un piano appresso.
La dea Diana a caso fatta avía
95 una gran caccia e dalla parte opposta
con piú di mille ninfe in giú venía.
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E discendeano al pian su d'una costa
inverso una fontana d'acqua pura,
qual era in mezzo della valle posta,
100 non fatta ad arte, ma sol per natura;
ed era d'acqua chiara e sí abbondante,
che un fiumicel facea 'n quella pianura.
E poi ch'al fonte funno tutte quante,
corseno a rinfrescarsi alle chiare onde,
105 ponendo in elle le mani e le piante.
Ed alcun'altre stavan su le sponde
del fiumicello; e delli fiori còlti
facean grillande alle sue trecce bionde.
Ed alcun'altre specchiavan lor volti
110 nelle chiare acque, ed altre su pel prato
givan danzando per que' lochi incolti.
Cupido, ed io con lui, stava in aguato
dentro al boschetto, e ben vedevam quelle,
ed elle noi non vedean d'alcun lato.
115 Poscia ben cento di quelle donzelle
sciolson le trecce della lor regina,
le trecce bionde mai viste sí belle.
Sí come tra' vapor, su la mattina,
ne mostra i suoi capelli il chiaro Apollo,
120 e nella sera quando al mar dechina;
cosí Diana avea capelli al collo,
cosí splendea ed era bella tanto,
che a vagheggiarla mai l'occhio è satollo.
E poi ch'ell'ebbon fatta festa alquanto,
125 tennon silenzio tutte, se non due,
che alla sua loda comincionno un canto.
Delle due cantatrici l'una fue
Filena bella, che m'avea promessa
il dolce Amor con le parole sue.
130 E quando egli mi disse:—Quella è essa,—
pensa s'io m'infiammai, che la speranza
tanto piú accende quanto piú s'appressa.
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Ond'io all'Amor:—Se quella a me per 'manza
hai conceduta, percuoti col dardo
135 costei, che in beltá ogn'altra avanza.
Ahi quanto piace a me quando la sguardo!
E cosa desiata, se si aspetta,
tanto piú affligge quanto piú vien tardo.—
Allor Cupido scelse una saetta
140 ed infocolla e posela nell'arco
per saettare a quella giovinetta.
E come cacciator si pone al varco
tacito e lieto, aspettando la fera,
e sta in aguato col balestro carco;
145 tal fe' Cupido e la saetta fiera
poscia scoccò, e, inver' Filena mossa,
il manto sol toccò lenta e leggera.
Quando le ninfe sentir la percossa
e nostra insidia a lor fu manifesta,
150 tutte fuggir con tutta la lor possa.
Sí come i cervi fan nella foresta,
quando sono assaliti, o' capriuoli,
se cani o altra fera li molesta,
che vanno a schiera, e alcun dispersi e soli,
155 e per paura corron tanto forte,
che pare a chi li vede ch'ognun voli;
cosí le ninfe timidette e smorte
fuggiro insieme, ed alcuna smarrita,
quando si furon di Cupido accorte.
160 Filena bella non sería fuggita,
se non che la sua dea la man gli porse:
tanto pel colpo ell'era sbegottita.
L'Amore, ed io con lui, al fonte corse,
dove le sacre ninfe eran sedute,
165 quando la polsa insino a lor trascorse.
Io non trovai se non ch'eran cadute
alle due cantatrici le grillande
de' belli fior, che in testa avieno avute.
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Però a Cupido dissi:—Ov'è la grande
170 virtú dell'arco tuo, che tanto puote?
E 'l fuoco ov'è, che tanto incendio spande?
Se l'arco tuo giammai invan percuote,
perché ingannato m'hai colle promesse,
che m'han condutto in le selve remote?—
175 Non potei far che questo io non dicesse
col volto irato, e piú mi mosse ad ira
che del mio scorno parve ch'ei ridesse.
Poscia