Il Quadriregio. Frezzi Federico

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Il Quadriregio - Frezzi Federico


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Filena, stante a braccia gionte,

      gli die' dell'arco in testa e nella gota;

       e poiché l'ebbe dispogliata nuda,

       disse alle ninfe:—Ognuna la percota.—

      Allor ciascuna verso lei fu cruda.

       155 Ridea colui che fatto avie l'accusa,

       quel reo biforme maladetto Iuda.

      Poscia cosí spogliata e sí confusa

       ad una quercia grande fu congiunta,

       che sempre debba stare ivi rinchiusa.

      160 E quivi vive e sta quasi defunta;

       e mille volte fu percossa ancora

       drento alla pianta; e quando ella è trapunta,

      ad ogni colpo n'esce il sangue fuora

       e l'arbor bagna; e quando il colpo giunge,

       165 grida piangendo:—Omè, omè, m'accora!—

      Udito io questo, ambe le mani e l'ugne

       mi diedi al volto e tenni basso il viso

       e non parlai, che il gran dolor, che pugne,

      parlar non lassa, quand'ha 'l cor conquiso.

       170 Poscia, sfogati gli occhi lagrimosi,

       con voce fioca e col parlar preciso,

      sí come or seguirá, io gli risposi.

      p. 20

       Indice

      Lamento dell'autore sopra la perduta Filena: promessa di piú bella ninfa fattagli da Cupido.

      —Oimè, oimè, o Rifa mia fedele,

       come ha permesso la fortuna e Dio

       che sia avvenuto un caso sí crudele?

      Trovai quel mostro maladetto e rio

       5 nella boscaglia in sul levar del sole;

       ed e' mi domandò del cammin mio.

      Oh lasso me! con sue dolci parole

       ei m'ha tradito: or vada, ch'io nol giunga

       e non l'occida, a lunge quanto vuole.—

      10 Driada disse:—Il falso è sí alla lunga,

       che 'nvan per queste selve t'affatichi

       che mai per te insino a lui s'aggiunga.

      —O Rifa mia, io prego che mi dichi

       dov'è la quercia, dove sta unita

       15 Filena mia coi begli occhi pudichi,

      e, da che io non gli parlai in vita,

       la vegga morta e le mie braccia avvolti

       a quella pianta, dove sta impedita.—

      Mossesi allor con pianti e con singolti,

       20 ed io con lei per l'aspero cammino

       di quelli boschi e di que' lochi incolti,

      insin che giunsi all'arbore tapino;

       non alto giá, ma era lato tanto,

       quanto in la selva è lato un alto pino.

      25 Io corsi ad abbracciarlo con gran pianto,

       e dissi:—O ninfa mia, prego, se pui,

       prego che mi rispondi e parli alquanto.

       p. 21

       Oh lasso me! ché a te cagione io fui

       di questa morte; ché quel traditore

       30 nefando mostro ha tradito amendui.

      Alli miei prieghi ti ferí l'Amore

       dell'infelice colpo alla gonnella,

       che passò tanto acceso poi nel core.

      Prego, perdona a me, Filena bella:

       35 perché non parli? perché non rispondi?

       Prego, se puoi, alquanto a me favella.

      Questa novella pianta e queste frondi

       e questi rami io credo che sian fatti

       delli tuoi membri e tuoi capelli biondi.—

      40 Poiché mille sospiri io ebbi tratti

       e mille volte e piú la chiama' invano

       con pianti e voci ed amorosi atti,

      a quelle frasche stesi sú la mano

       e della vetta un ramuscel ne colsi:

       45 allora ella gridò:—Oimè! fa' piano.—

      E sangue vivo uscí, ond'io el tolsi,

       sí come quando egli esce d'una vena;

       ond'io raddoppiai il pianto e sí mi dolsi:

      —Perdona a me, perdona a me, Filena.—

       50 Poi maladissi il falso dio Cupido,

       che lei e me condotto avea a tal pena,

      dicendo:—Se piú mai di lui mi fido,

       perir poss'io, e se al suo consiglio,

       seguendo il passo suo, mai piú mi guido.—

      55 Quando questo io dicea, con lieto ciglio

       Cupido apparve con bel vestimento

       broccato ad oro nel campo vermiglio;

      e disse a me:—Perché questo lamento

       di me fai tu? Non è la colpa mia,

       60 se altri a te ha fatto tradimento.

      Anche è stato tuo error e tua follia,

       da che tu rivelasti il tuo secreto

       al mostro, che trovasti nella via.

       p. 22

       Pon' fin omai, pon' fin a tanto fleto,

       65 ché d'altra ninfa di maggiore stima,

       se mi vorrai seguir, ti farò lieto.—

      Ed io, mirando l'arbore alla cima,

       dissi:—Piú bella non fu mai veduta;

       questa l'ultima sia, che fu la prima.—

      70 Ed egli a me:—Della cosa perduta

       non curar piú; e tanto ti sia duro,

       quanto se mai tu non l'avessi avuta.—

      Ed io dicendo pur:—Venir non curo,—

       della faretra fuor un dardo trasse,

       75 ch'era di piombo pallido ed oscuro,

      e parve ch'e' nel petto me 'l gittasse;

       e perché quello fa che amor si sfaccia,

       fece che piú Filena io non amasse.

      Allor risposi a lui con lieta faccia:

       80 —Voglio venire e voglio seguitarte

       ed esser presto a ciò che vuoi ch'io faccia.—

      Ed egli disse:—Qua a destra parte

       sta una valle tra la gran foresta,

       che diece miglia di qui si diparte.

      85 Lí debbe dea Diana far la festa

       per la sua madre, come fa ogni anno,

       e la dea Iuno a venirvi ha richiesta,

      sí ch'ella e le sue ninfe vi verranno,

       che son sí belle,


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