Storia della decadenza e rovina dell'impero romano, volume 2. Edward Gibbon

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Eutropio IX. 19. Vittore in Epitom. Sembra che la città fosse propriamente detta Daclia da una piccola tribù d'Illirici. (Vedi Cellario, Geograf. antic. tom. I. p. 393). Probabilmente il primo nome del felice schiavo fu Docles, che allungò dopo per servire alla greca armonia in quel di Diocles, e che finalmente convertì in quello di Diocletianus, come più proprio della maestà Romana. Prese parimente il nome patrizio di Valerio, che gli viene ordinariamente dato da Aurelio Vittore.

207

Vedi Dacier sulla sesta satira del secondo libro di Orazio, Cornel. Nip. nella vita di Eumene. c. I.

208

Lattanzio (o chiunque fu l'autore del piccol trattato de mortibus persecutorum) accusa in due luoghi Diocleziano di timidità c. 7, 8. Nel cap. 9, dice di lui «erat in omni tumultu meticulosus et animi disiectus».

209

In questo elogio sembra che Aurelio Vittore insinui una giusta, benchè indiretta censura, della crudeltà di Costanzo. Apparisce dai fasti, che Aristobolo rimase Prefetto della città, e che terminò con Diocleziano il Consolato ch'egli avea cominciato con Carino.

210

Aurel. Vittore nomina Diocleziano «Parentem potius quam Dominum». Vedi Stor. Aug. p. 30.

211

La questione del tempo, in cui Massimiano ricevesse la dignità di Cesare e di Augusto, avea divisi i critici moderni, e data occasione ad un gran numero di dotte dispute. Io ho seguitato il Tillemont, (Stor. degl'Imperat. t. IV. p. 500-505) che ha bilanciato le diverse difficoltà e ragioni colla solita sua scrupolosa esattezza.

212

In una orazione recitata dinanzi a lui (Panegir. vet. II. 8.) Mamertino dubita se il suo Eroe, imitando la condotta di Annibale e di Scipione, ne avesse mai udito i nomi. Possiamo quindi benissimo inferire, che Massimiano ambiva più di essere stimato come soldato che come uomo di lettere: ed in tal guisa si può spesso saper la verità dal linguaggio medesimo dell'adulazione.

213

Lattanzio de M. P. c. 8 Aurel. Vittore. Siccome tra i Panegirici si trovano orazioni recitate in lode di Massimiano, ed altre che adulano i di lui avversarj a sue spese, si ricava qualche verità da questo contrasto.

214

Vedi i Panegir. 2 e 3, e particolarmente III. 3, 10, 14, ma sarebbe cosa tediosa il copiare le prolisse ed affettate espressioni della falsa loro eloquenza. Riguardo ai titoli si consulti Aurel. Vittore, Lattanzio de M. P. c. 52. Spanhemio de usu Numism. etc. Dissert. XII. 8.

215

Aurel. Vittore, in Epitom. Eutrop. IX. 22. Lattanzio de M. P. c. 8. Hieronym. in Chron.

216

Il Tillemont non ha potuto rinvenire che tra i Greci moderni il soprannome di Chlore. Verun notabile grado di pallidezza non sembra potersi combinare col rubor menzionato nel Panegir. V. 19.

217

Giuliano, nipote di Costanzo, vanta la discendenza della sua famiglia dai bellicosi Mesj (Misopogon, p. 348.) I Dardani abitavano all'estremità della Mesia.

218

Galerio sposò Valeria, figlia di Diocleziano. Se si parla con precisione, Teodora, moglie di Costanzo, era soltanto figlia della moglie di Massimiano. Spanhem. Dissertat. XI. 2.

219

Questa divisione combina con quella delle quattro Prefetture: vi è però qualche ragione di dubitare che fosse la Spagna Provincia di Massimiano. Vedi Tillemont, tom. IV. p. 517.

220

Giuliano in Caesarib. p. 315 note di Spanhem. alla traduzione Francese, p. 122.


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