Il Terrore Privato Il Terrore Politico. Guido Pagliarino
Читать онлайн книгу.dâesserne stati gli amanti! Nondimeno, il Cipolla potrebbe essere stato ucciso non dal Mostro da quel serial killer, ma da un ammiratore-imitatore del medesimo, oppure da un nemico personale che voleva depistare le indagini usando il metodo del Mostroâ.
âDâaccordo, Vittorioâ.
âNon è comunque improbabile che il serial killer conoscesse almeno tre delle uccise e che le stesse gli avessero aperto la porta, e inoltre câè unâaltra cosa: ho il sospetto che i morti si fossero tutti conosciuti lâun lâaltro, in passato, e anzi in due casi, secondo una confidenza di Evaristo, è quasi sicuramente così: domattina verificherò, di persona qualcosa al riguardo e, se andrò a segno, ti riferirò, anche per il tuo giornale, mentre se sarà un fiasco, nossignoreâ.
Qui aveva affrontato il secondo piatto, portato già da un paio di minuti da una gentil signora, funghi autunnali e fiori di zucchine impanati e fritti, non proprio il massimo al fine dâuna buona digestione, soprattutto per uno stomaco ultra ottantenne come il suo.
La mattina dopo, in ottima salute, Vittorio era andato allâAnagrafe, chiedendo dâun dirigente che conosceva perché, come lui stesso, era parrocchiano di Santa Barbara.
Sapendolo questore emerito, trascurando la legge sulla privacy il conoscente gli aveva messo a disposizione un archivista e, col suo aiuto, lâamico aveva saputo quali fossero state le professioni delle cinque vittime, secondo le loro vecchie carte dâidentità . Aveva scoperto, via, via, che anche la Capuò Tron, la Piccozza Ferini e il Cipolla, per molto tempo, avevano svolto il lavoro di magazziniere. Restava da vedere dove: anchâessi nella stessa fabbrichetta di porte per docce?
Nel pomeriggio Vittorio aveva avvisato telefonicamente il commissario Sordi della coincidenza, suggerendogli dâindagare negli archivi dellâUfficio di Collocamento torinese per scoprire in quali ditte quei tre fossero stati magazzinieri: âMi chiedo, Evaristo, se fossero stati occupati nella stessa azienda dove avevano lavorato la Peritti e la Scrofagnoccaâ.
Aveva informato anche me, come sâera dâaccordo nel caso di sviluppi. perché riferissi a Carla e questa ne ricavasse un articolo.
Era stato pubblicato la mattina seguente, in prima pagina. Su richiesta di Vittorio, lâautrice sâera attribuito il merito della scoperta presso lâAnagrafe, ché il mio amico non aveva voluto figurare sui media; mâaveva detto al telefono: âNon è tanto per modestia che non voglio essere nominato, ma per buona prudenza, perché mica voglio trovarmi in casa il mostro a bucarmi il cranio col punteruolo, alla mia veneranda età â. Dal tono lâavevo indovinato sorridente.
[Da âLa Gazzetta Liberaâ]
Tutti gli uccisi dal Mostro dellâOrecchio
erano stati magazzinieri. Coincidenza?
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Le vittime si conoscevano? Potrebbero
essere a rischio anche loro ex colleghi?
Carla Garibaldi
à tristemente noto che sono arrivate ormai a cinque le vittime del Mostro dellâOrecchio, tutte ammazzate con un acuminato punteruolo piantato nellâencefalo attraverso lâapparato uditivo.
Ricordiamo che si chiamavano Maria Capuò Tron, Giovanna Peritti vedova Verdani, Margherita Piccozza Ferini, Alessandro Cipolla e Mosca Scrofagnocca.
Mentre lâidentità e lo stesso profilo psicologico dellâassassino restano purtroppo celati, un particolare nuovo è emerso ieri, da una nostra ricerca negli archivi dellâAnagrafe torinese. Tutti gli uccisi e non solo, comâera già noto alla Questura, la Peritti e la Scrofagnocca avevano esercitato per anni il lavoro di magazziniere. La Capuò Tron aveva smesso di lavorare dopo il matrimonio, comâè risultato dai confronti con le sue successive carte dâidentità , dalle quali ella risulta casalinga. La Piccozza Ferini, sempre secondo i documenti, aveva abbandonato il lavoro solo alcuni anni dopo le nozze, forse perché il marito, poi dirigente bancario, era ancora allâinizio della carriera e uno stipendio non sarebbe stato sufficiente. Il Cipolla aveva smesso il lavoro di magazziniere solo quandâera andato in pensione. Quanto alle altre due assassinate, la Scrofagnocca era ancora attiva al momento della morte, presso un magazzino di sanitari, mentre la vedova Verdani, pensionata da circa un anno al momento della morte, aveva tuttavia abbandonato il lavoro di magazziniera molto prima, quando sâera sposata con un commerciante cui aveva poi dato il proprio aiuto.
Anche se può essere solamente un nostro sospetto, ci permettiamo di sottoporre aglâinquirenti alcune domande:
Stabilito che tutti gli assassinati erano stati magazzinieri, in qualche periodo della loro vita avevano forse lavorato nella medesima azienda?
Questa ditta era forse, per tutti e cinque, la fabbrica di porte per docce, chiusa ormai da diverso tempo, dove sicuramente, comâè già noto alla Questura, la vedova Verdani e la Scrofagnocca avevano prestato la loro opera?
Qualora fosse questo il filo rosso che lâassassino ha seguito, altri antichi colleghi delle vittime potrebbero essere in pericolo? Ci sembra questa una domanda vitale.
In merito poi alla matrice satanica dei delitti ipotizzata dal vice questore Pumpo, potrebbero le stesse vittime, in passato, aver avuto a che fare, a qualsivoglia titolo, con quellâambiente? Se sì, esso sarebbe stato in qualche modo collegato allâazienda in cui lavoravano? E in questo caso, i proprietari avrebbero potuto non esserne al corrente?
âHo letto il pezzo della tua collegaâ, mâaveva detto Vittorio, âe sono rimasto un poâ perplessoâ.
âPerché sâè attribuito il merito della scoperta allâAnagrafe?â
âNo, no, lo sai che te lâavevo detto io stesso, di chiederglielo. Intendevo che, in chiusura dellâarticolo, ha azzardato un poâ troppo: anche se non sâesprime con chiarezza, sembra quasi châella insinui che i proprietari della ditta fossero demonisti: potrebbe venirgliene una richiesta di risarcimento per danni morali, sai?â
âNon la teme, è assicurata come lo sono un poâ tutti i giornalisti, me compreso: col nostro mestiere, beccarsi querele non è mica difficile, sai?â
âGià , ma andarsele proprio a cercareâ¦â
Il sostituto procuratore della Repubblica Marcello Trentinotti, forse spinto proprio dallâarticolo di Carla, aveva esortato il vice questore Pumpo, e questi il Sordi, a procurargli al più presto i risultati dei controlli avviati presso lâUfficio di Collocamento. Nel frattempo, aveva dato incarico a un cancelliere di raccogliere, presso gli archivi della Camera di Commercio, tutti i dati relativi alla fabbrica per docce Società Coniugi Corona & Figlio.
Era risultato che non solo due ma tutti e cinque gli assassinati erano stati dipendenti di quellâazienda e, per diverso tempo, avevano lavorato insieme.
La società era stata unâimpresa familiare che aveva cessato la propria attività alla metà degli anni â80. Ne erano stati proprietari madre e figlio, Luigia e Attilio Corona, dopo che il rispettivo marito e padre era deceduto per un ictus verso la fine dei â70.
Mentre la donna era risultata morta da tempo, il figlio,