Il Terrore Privato Il Terrore Politico. Guido Pagliarino
Читать онлайн книгу.mattina Attilio Corona sâera presentato puntualmente.
Ne era seguita una lunga conversazione col dottor Trentinotti, verbalizzata da un cancelliere.
Grazie alle proprie aderenze in Tribunale, Carla era riuscita a ottenere notizie sul colloquio e, il giorno seguente, era uscito un suo articolo.
[Da âLa Gazzetta Liberaâ]
Il Mostro dellâOrecchio
conosceva le sue vittime?
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Avevano lavorato tutte nella stessa societÃ
Carla Garibaldi
Glâinquirenti hanno verificato e accolto lâipotesi che in passato il Mostro dellâOrecchio fosse stato in rapporti, sullo stesso luogo di lavoro, con le future vittime. Risulta dagli archivi dellâUfficio di Collocamento che gli assassinati avevano operato come magazzinieri nella ditta Coniugi Corona & Figlio s.n.c., una piccola società familiare produttrice e distributrice di porte per box doccia, che aveva cessato lâattività nel 1985, causa malattia dei proprietari, madre e figlio.
Mentre la donna è risultata da tempo deceduta, il figlio Attilio Corona, dottore in architettura ma non iscritto allâalbo degli architetti, è stato convocato dal giudice dottor Marcello Trentinotti per essere ascoltato come persona informata sui fatti, ed è stato udito ieri mattina.
Il dottor Corona è persona di media statura e di fisico asciutto. Sâè presentato in un elegante doppiopetto marrone e cravatta di seta unita dâeguale colore su camicia crema, resti dâuna passata agiatezza, avendo egli affermato di vivere assai modestamente, con lâunico reddito dâuna pensione dâinvalidità concessagli in seguito a un ictus sofferto allâinizio del 1985, non molto prima di ritirarsi dagli affari, non ancora quarantenne. Dimostra tuttavia dâaver superato bene quellâinsulto cerebrale.
Egli ha riferito al magistrato che, in seguito allâictus, la ditta era stata liquidata dalla madre, ormai anziana e con qualche problema di memoria, dunque nellâimpossibilità di continuare a gestire da sola lâazienda. Lâarchitetto ha precisato che la cessazione della Coniugi Corona e Figlio era stata purtroppo svolta maldestramente dalla propria mamma e che, per questo, loro due erano rimasti, quasi, in stato di povertà , lei con la pensione artigiana e lui con quella modesta da invalido e la sola proprietà del monolocale in cui tuttora vive. Ha aggiunto che non molto dopo la chiusura, nella donna sâera rivelato in tutta la sua gravità il devastante morbo dâAlzheimer, che già doveva aver fatto capolino al tempo della liquidazione dellâazienda. Fortunatamente, intanto il Corona sâera rimesso abbastanza in salute e aveva potuto assistere la madre fin alla morte di lei, avvenuta nel 1987, per una polmonite che il male cerebrale cronico della donna aveva reso letale nonostante un pronto ricovero. Il dottor Corona, che sâè mostrato ben lucido nel corso di tutta la conversazione col magistrato, su richiesta del medesimo ha poi ricordato e descritto le figure delle cinque vittime del Mostro dellâOrecchio, tutte sue ex dipendenti addette al magazzino materie prime o a quello vendite. Ha affermato in sostanza che nessuna di esse brillava per diligenza. A precisa domanda del dottor Trentinotti, ha risposto che non gli risultava che avessero avuto nemici in ditta, aggiungendo di sua iniziativa che potevano però averne avuti al di fuori, nellâambiente dellâestrema destra, essendo stati militanti comunisti, comâegli aveva inteso a suo tempo orecchiando loro conciliaboli. Alla richiesta del giudice se non gli fossero sorte perplessità , ultimamente, nel sapere che qualcuno stava ammazzando suoi ex dipendenti, ha risposto che non ne era al corrente non leggendo giornali, per ragioni economiche, e non possedendo un apparecchio televisivo, in quanto non amava la televisione e desiderava, comunque, non sborsare il canone. Ha spiegato, senza remore, che, da quandâera mancata la mamma e, con lei, la materna pensione, egli era rimasto veramente molto povero, per cui risparmiava anche la lira.
Purtroppo, secondo voci dal Tribunale, non pare che la deposizione di Attilio Corona potrà essere utile alle indagini sul Mostro.
Vittorio pensava che, al fine di studiare più a fondo il caso del Mostro dellâOrecchio, potesse essergli utile una conversazione con Attilio Corona. Sâera adoperato quindi per avere lâindirizzo dellâarchitetto. Del tutto ovviamente, lâaveva cercato anzitutto sulla guida, ma il Corona non doveva avere telefono fisso e, comunque, il suo nome non figurava sullâelenco. Dâaltra parte, non era stato possibile a Vittorio dâottenere lâinformazione in Questura, in quanto la legge sulla privacy, in vigore ormai dal 1997, non consentiva aglâinquirenti, e nel caso particolare al Sordi cui Vittorio sâera rivolto, di fornire dati anagrafici di testimoni. Il commissario avrebbe sicuramente fatto unâeccezione per Vittorio châera, in fin dei conti, suo collaboratore di fatto, ma il vice questore Pumpo aveva da poco ricordato ai dipendenti le norme sulla privacy, con una circolare perentoria, per cui quando il mio amico aveva telefonato a Evaristo chiedendogli lâindirizzo del Corona, il commissario aveva preferito negargli la risposta.
Era stata Carla Garibaldi a individuare, immagino tramite unâagenzia dâinvestigazioni, di cui talvolta si serviva, e a rivelarmi la residenza dellâarchitetto, che io avevo telefonato subito a Vittorio. In paga, egli mi aveva invitato a cena al solito ristorante.
Quella sera, tra la prima e la seconda portata, mâaveva detto: âLa mansarda di Attilio Corona si trova a un tre chilometri da qui, sotto la parrocchia di San Taddeo, di cui è parroco quel don Giulio Colamonti di cuiâ¦â
ââ¦di cui aveva scritto Carla nel suo articolo sul demonismoâ.
âSissignore, hai buona memoria, proprio quel prete che sâera preso un esaurimento nervoso, a dire poco, per colpa di satanisti che lâavevano aggreditoâ.
âSpuntano di nuovo fuori le sette demoniache, in qualche modoâ.
âGià , però, fin a prova contraria, io non penso che don Colamonti abbia ancora a che fare con quella gente, credo che da decenni faccia il parroco e basta. Unâaltra cosa: gli ho telefonato un paio dâore fa, presentandomi come questore senza dirgli che sono ormai in pensione, e gli ho chiesto di ricevermi; lui ha accettato: cercherò di sapere cosa sappia del suo parrocchiano Corona, poi cercherò di parlare suo tramite al medesimoâ.
Vittorio aveva ancora un discreto passo, nonostante i suoi ottantun anni sonati, e il mattino dopo sâera recato a piedi allâincontro.
Comâegli mâavrebbe riferito, insospettito nel vedersi innanzi un uomo in evidente età di pensione il sacerdote gli aveva chiesto: âà lei il questore DâAiazzo?â calcando la voce sulla parola questore e non invitandolo a sedersi, nonostante tre cassapanche correnti, lâuna dietro lâaltra, lungo una delle pareti dellâanticamera quadrangolare, al piano terreno, dove lâaveva accolto.
âSì, precisamente sono un questore emerito, cioè in pensione, ma sempre attivo come consulente della Poliziaâ.
âAh, eccoâ.
âCome le avevo detto al telefono, sono stato inviato per avere informazioni sul dottor Attilio Corona, suo parrocchiano, e possibilmente per essergli in seguito presentatoâ.
âLei a quale dirigente fa riferimento in Questura?â.
âAl sostituto commissario Sordiâ.
âCapito.