La Corona Bronzea. Stefano Vignaroli

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La Corona Bronzea - Stefano Vignaroli


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fermate tutto. Slegatela, vestitela e riportatela in cella. Non posso tollerare che una donna sia trattata in questa maniera.»

      Il tono di Lucia era autoritario e tutti si fermarono. Anche Mira cessò di gridare. Ma Padre Ignazio la guardò con aria di sfida.

      «Qui dentro sono io che comando. Lasciatemi finire il mio lavoro. Dobbiamo scoprire tutti i segni che Mira ha sul suo corpo e che dimostrano che è una strega. E poi dobbiamo ascoltare dalle sue labbra la sua piena confessione. Con quale autorità voi, contessina, volete intromettervi nelle questioni che riguardano la Chiesa e la Santa Inquisizione?»

      «Con l’autorità che mi spetta di diritto e che in questo preciso momento reclamo!», gridò Lucia, con una forza d’animo che neanche sospettava di possedere. «Da questo istante sono il vostro Capitano del Popolo, e come tale ho il diritto di decidere anche sulla sorte di questa donna. Voi, carcerieri, eseguite subito quanto vi ho poc’anzi ordinato: slegate Mira, datele dei vestiti e riportatela in cella. Voi, invece, Padre Ignazio Amici, seguitemi nello studio del Giudice Uberti. Debbo parlarvi in privato.»

      Lucia, scendendo le scale che riportavano verso la stanza in cui fino a poc’anzi era stata a colloquio con il Giudice Uberti, per cercare di calmarsi ripeteva a se stessa, nella sua mente, gli insegnamenti ricevuti dalla nonna e, in tempi più recenti, da Bernardino.

       Conosci te stessa per prima cosa, comprendi l’Arte sin qui misteriosa. Sii disponibile ad imparare, con molta saggezza usa il sapere. Il tuo comportamento sia equilibrato, e il tuo parlare sia ben ordinato. E pure in buon ordine tieni il pensiero…

      E sì, doveva ben ponderare le parole e tenere in ordine i suoi pensieri, per non aggredire il Domenicano a male parole e passare dalla parte della ragione a quella del torto. Prima di entrare nella stanza fece due respiri profondi, poi chiese al Giudice di lasciarla sola con Padre Ignazio. Uberti obbedì, anche se titubante, e uscì, chiudendo la porta dietro di sé.

      Lucia infisse i suoi occhi nocciola in quelli celesti, quasi acquosi, del sacerdote, a volergli dimostrare che non aveva affatto timore di lui.

      «Ministro di Dio, avete la presunzione di chiamarvi? È così che siete testimone del messaggio di Nostro Signore? Gesù è sceso in terra per salvare i peccatori. O mi sbaglio? E voi, invece di predicare l’amore, cosa fate? Godete nel gettare fango sulla povera gente o, peggio, nel vederla morire tra atroci sofferenze. Passino le vostre omelie domenicali in cui accusate presunte streghe di diffondere, con le loro pratiche, il morbo che sta decimando la nostra popolazione. Passi la vostra arroganza nel negare i conforti religiosi agli appestati in punto di morte. Passi anche il fatto che abbiate negato una degna sepoltura a dei cristiani, con la scusa di evitare la diffusione della peste. Ma torturare così una giovane indifesa è troppo. Vergognatevi, e fate ammenda!»

      «È Santa Madre Chiesa che vuol questo. Dobbiamo combattere le eresie e il demonio, in qualsiasi forma essi si manifestino», le rispose Padre Ignazio, senza distogliere lo sguardo, a far capire a Lucia che stava accettando la sfida. «Io agisco per perseguire un preciso intento, far rispettare la Regola e le Leggi! Dal momento che attualmente, in questa città, nessun altro si prende la briga di farlo…»

      «L’unico intento che perseguite, Padre Ignazio, sapete qual è? Quello di soddisfare i vostri porci comodi. Non crediate che abbia dimenticato quello che stavate per fare a me. Anche se mi avevate ridotto uno straccio, somministrandomi le vostre maledette droghe, ero perfettamente cosciente. Se quel giorno, nella mia stanza da letto, non fosse entrato mio zio, non avreste esitato ad abusare del mio corpo!»

      Il Domenicano, colto nel vivo, arrossì in volto e abbassò lo sguardo. Poi cercò di difendersi.

      «Non è così, mia Signora. I vostri ricordi sono offuscati. Io stavo solo cercando di fare un esorcismo, che alla fine riuscì. Ed è proprio grazie al mio intervento se siete qui e non siete salita su un rogo anche voi, perché ho esorcizzato il demonio che albergavate!»

      «Balle! Tutte balle! Voi siete un falso, un bugiardo, e per di più un opportunista. Mi fate schifo. Sapete cosa penso di voi? Che siete un pervertito. E che siete un impotente! Già, un impotente, che si eccita solo vedendo la sofferenza. Ecco perché godete nell’assistere alle torture, perché solo assistendo a certe scene il vostro membro si erge!»

      «Cosa dite, Madonna? State usando un linguaggio che non si addice di certo a una nobile damigella come voi! Vi assicuro che non è così. Il mio unico scopo è quello di far rispettare le leggi, quelle divine e quelle degli uomini. E non sono un impotente, seguo solo la regola del mio ordine, che mi impone la castità.»

      Lucia aveva capito, dal tremore della voce del suo interlocutore che stava avendo la meglio, e così decise di lanciare l’affondo finale. Si slacciò il fiocco che stringeva al collo la sua camicetta e, con un gesto repentino e improvviso, l’aprì sul davanti, mettendo a nudo i suoi seni.

      «E così, non siete impotente. Orsù, dunque, volevate il mio corpo! Prendetelo ora, che ve lo offro di mia volontà. E dimostrate di essere un uomo che sa amare dolcemente una donzella.»

      Padre Ignazio, conscio della trappola in cui lo stava attirando la contessina, arretrò. Lì dentro erano loro due da soli. Sapeva bene che la giovane non si sarebbe fatta scrupolo di accusarlo di aver cercato di abusare di lei, anche con la violenza. E sarebbe stata la parola sua contro quella di lei.

      «Copritevi, per favore! Non è corretto da parte vostra cercare di indurmi così in tentazione. Ditemi cosa volete che io faccia, e lo farò», disse con un filo di voce e la testa bassa.

      «Lo sapevo che eravate un impotente», continuò Lucia, prendendo dal candelabro sopra la scrivania una candela accesa e porgendogliela. «Perché non provate a versare sui miei seni della cera bollente? Forse così inizierete a eccitarvi, e poi avrete finalmente voglia di possedermi. Ma no, vedo che ancora indietreggiate, vi allontanate da me. Oltre che un impotente, siete anche un vigliacco!»

      «Basta, vi prego! Ve lo ripeto: ditemi quello che volete io faccia e lo farò!»

      Il sacerdote vide con sollievo Lucia riporre la candela e riallacciarsi la veste, per poi proseguire il suo discorso. Sentiva il sudore imperlargli la fronte e scendere copioso lungo la schiena.

      «Volete sapere la verità? Tanto siete un vigliacco e non avrete il coraggio di riferirla a nessuno. Non è Mira la responsabile della morte di mio zio, ma io. Sono stata io a ferirlo e provocarne la caduta dal balcone. E adesso che avete saputo, vi dico quello che voglio che facciate. Proscioglierete Mira dalle accuse di stregoneria. Direte che erano accuse infondate e riconsegnerete la mia ancella al Giudice Uberti. Fatto questo, iniziate a preparare i bagagli. Vi voglio lontano da Jesi, il più lontano possibile. Domani stesso manderò un messaggero al Santo Padre, ad Adriano Sesto, consigliando il vostro trasferimento in Alta Savoia. Lassù le eresie imperversano e un inquisitore come voi saprà bene il da farsi per combatterle. C’è bisogno di voi, in quelle terre di confine, per ricondurre all’ovile le pecorelle smarrite!»

      «Il nuovo Santo Padre?», replicò Padre Ignazio, ora impallidendo visibilmente, sentendo tutte le sue certezze venir meno.

      «Siete stato così indaffarato a servire la vostra Santa Madre Chiesa, da non essere neanche venuto a conoscenza del fatto che il soglio pontificio è stato occupato dal Vescovo Adriano Florensz da Utrecht, più di quattro mesi or sono? Dopo la morte di Leone Decimo, il conclave ci ha messo parecchio a eleggere il nuovo pontefice. Ma alla fine, ha scelto, e non il Vescovo di Firenze, Giulio De’ Medici, come forse voi vi aspettavate.»

      «E quindi, la Chiesa è governata ora da un uomo vicino ai Riformatori? E il nostro legato pontificio? Quando giungerà in sede?» Padre Ignazio era del tutto scosso dalla notizia.

      «Come siete mal informato, mio caro! Il Cardinal Cesarini è giunto da Roma già alla metà dello scorso mese di marzo, ma sembra che Jesi non sia una sede che abbia incontrato le sue grazie. Ha lasciato un suo vicario, ritornandosene ben presto in quel di Orvieto. Considerando la sua perenne assenza, le autorità civili ne hanno richiesto la sostituzione. Ma aspetteremo notizie da Roma, che di certo non tarderanno ad arrivare. Datemi ascolto, preparate i bagagli, prima che tutto il male che avete fatto si ritorca


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