Obiettivo Zero . Джек Марс

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Obiettivo Zero  - Джек Марс


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zelo a un atteggiamento pigro sul lavoro.

      “Non si può mai essere troppo attenti,” aggiunse Thompson. “Come stanno le ragazze?”

      “Stanno bene.” Reid sorrise con aria garbata. “Ma, ah… quella la deve proprio portare sempre in bella vista?” Indicò la Smith & Wesson al fianco di Thompson.

      L’uomo anziano sembrò confuso. “Beh… sì. Il mio permesse per le armi nascoste è scaduto, e la Virginia è uno stato in cui è legale girare armati.”

      “… Giusto.” Lui si costrinse a sorridere di nuovo. “Ha ragione. Grazie ancora, signor Thompson. Le farò sapere se abbiamo bisogno di qualcosa.”

      Thompson annuì e poi attraversò in fretta il cortile fino a casa sua. Il vice direttore Cartwright aveva garantito a Reid che l’uomo anziano era molto in gamba; era un agente della CIA in pensione, e anche se mancava dall’azione da più di due decenni era ovvio che fosse lieto, se non persino ansioso, di tornare a essere utile.

      Reid sospirò e si chiuse la porta alle spalle. Girò la chiave e attivò di nuovo l’allarme di sicurezza (un gesto che stava diventando un rituale ogni volta che apriva o chiudeva la porta), e poi si voltò per trovare Maya in piedi dietro di lui nell’ingresso.

      “E quello cosa è stato?” domandò la ragazza.

      “Oh, niente. Il signor Thompson voleva solo salutare.”

      Maya incrociò di nuovo le braccia. “E io che credevo che stessimo facendo progressi.”

      “Non essere ridicola.” Reid sbuffò. “Thompson è solo un vecchietto innocuo…”

      “Innocuo? Porta una pistola ovunque vada,” protestò Maya. “E non pensare che non lo abbia visto mentre ci guarda dalle sue finestre. È come se ci stesse spiando…” Rimase a bocca aperta. “Oddio, sa di te? Anche il signor Thompson è una spia?”

      “Santo Cielo, Maya, io non sono una spia…”

      In realtà, pensò, è esattamente quello che sei…

      “Non ci credo!” esclamò lei. “È per questo che gli chiedi di tenerci d’occhio quando vai via?”

      “Sì,” ammise Reid a bassa voce. Non doveva confessarle verità non richieste, ma non aveva senso nasconderle quei dettagli quando le sue ipotesi erano tanto accurate.

      Si aspettava che la figlia si arrabbiasse e iniziasse di nuovo ad accusarlo, ma invece Maya scosse la testa e mormorò: “Incredibile. Mio padre è una spia, e il nostro vicino di casa fuori di testa è una guardia del corpo.” Poi, con sua sorpresa, gli gettò le braccia al collo, facendogli quasi cadere le pizze di mano. “So che non puoi dirmi tutto. Volevo almeno una parte della verità.”

      “Sì, sì,” borbottò lui. “Sto solo rischiando la sicurezza internazionale per essere un bravo padre. Ora vai a svegliare tua sorella prima che la pizza si raffreddi. E Maya? Non una parola di tutto questo a Sara.”

      Andò in cucina, prese qualche piatto e dei tovaglioli, e versò tre bicchieri di gazzosa. Qualche momento più tardi, Sara entrò in cucina, strofinandosi gli occhi assonnati.

      “Ciao, papà,” mormorò.

      “Ehi, tesoro. Siediti. Dormi male ultimamente?”

      “Mmh,” mugugnò vagamente lei. Prese una fetta di pizza e ne morse la punta, masticando piano e con poco entusiasmo.

      Reid era preoccupato per la figlia minore, ma cercò di non darlo a vedere. Invece prese una fetta della pizza salsiccia e peperoni. L’aveva quasi portata alla bocca quando Maya intervenne, strappandogliela di mano.

      “Che cosa credi fare?” volle sapere la ragazza.

      “… Mangio? O almeno ci sto provando…”

      “Uhm, no. Hai un appuntamento, ricordi?”

      “Cosa? No, è domani…” si interruppe, incerto. “Oddio, è stasera, non è vero?” Si trattenne dal darsi una manata in fronte.

      “Certo che lo è,” disse Maya con la bocca piena di pizza.

      “E comunque non è un appuntamento. È una cena con un’amica.”

      La figlia maggiore scrollò le spalle. “Come dici tu. Ma se non vai a prepararti, arriverai in ritardi per la tua ‘cena con un’amica’.”

      Lui guardò l’orologio. Maya aveva ragione; avrebbe dovuto incontrare Maria alle cinque.

      “Muoviti, su. Vai a cambiarti.” Lo spinse fuori dalla cucina e Reid corse al piano di sopra.

      Con tutto quello stava succedendo e i suoi continui sforzi per evitare di riflettere, si era quasi dimenticato della promessa di vedersi con Maria. Avevano fatto diversi tentativi di ritrovarsi nelle ultime quattro settimane, ma per un motivo o per l’altro i loro piani erano sempre andati a monte; se doveva essere sincero con se stesso, la maggior parte delle volte era stata colpa sua. Alla fine Maria era sembrata stancarsi e non solo aveva programmato l’uscita, ma aveva scelto un posto a metà strada tra Alexandria e Baltimora, dove viveva lei, purché Reid le avesse promesso di vederla.

      Sentiva la mancanza della collega. Gli mancava la sua presenza. Non erano solo partner nell’agenzia, ma condividevano un passato, anche se Reid non riusciva a ricordarne la maggior parte. In effetti quasi niente. Tutto ciò che sapeva era che quando era con Maria, aveva la netta sensazione di essere in compagnia di qualcuno che teneva a lui, un’amica, qualcuno di cui potersi fidare, e magari anche qualcosa di più.

      Andò all’armadio e tirò fuori un completo che riteneva sarebbe stato adatto all’occasione. Preferiva uno stile classico, anche se era consapevole che il suo guardaroba lo invecchiava di almeno un decennio. Estrasse un paio di pantaloni color cachi, una camicia plaid, e una giacca di tweed con le toppe di pelle sui gomiti.

      “È così che ti vuoi vestire?” domandò Maya, facendolo sobbalzare. Era appoggiata allo stipite della porta della sua camera, masticando pensierosa una crosta di pizza.

      “Che cosa ha che non va?”

      “Quello che non va è che sembra che tu abbia appena finito di far lezione. Andiamo.” Lo prese per un braccio per riportarlo all’armadio, e iniziò a spulciare tra i suoi vestiti. “Accidenti, papà, ti vesti come se avessi ottant’anni.”

      “Che cosa hai detto?”

      “Niente!” replicò la ragazza. “Ah. Ecco.” Tirò fuori un cappotto nero dal taglio sportivo, l’unico che aveva. “Metti questo, con qualcosa di grigio sotto. O di bianco. Una maglietta o una polo. Liberati dei pantaloni da papà e indossa dei jeans. Scuri. Aderenti.”

      Su richiesta della figlia, cambiò l’outfit mentre lei aspettava nel corridoio. Supponeva che avrebbe fatto meglio ad abituarsi a quello strano rovesciamento dei ruoli. Un momento prima era un padre iperprotettivo, quello dopo cedeva agli ordini della figlia furba ed esigente.

      “Molto meglio,” disse Maya quando le si presentò di nuovo. “Sembra quasi che tu sia pronto per un appuntamento.”

      “Grazie,” replicò, “e non è un appuntamento.”

      “Continui a dirlo. Ma se vai a cena e poi a bere con una donna misteriosa che definisci una vecchia amica, anche se non hai mai parlato di lei e noi non l’abbiamo mai incontrata…”

      “Lei è una vecchia amica…”

      “E, potrei aggiungere,” continuò a parlargli sopra Maya, “è piuttosto attraente. L’abbiamo vista mentre scendeva dall’aereo a Dulles. Quindi se anche solo uno tra voi due sta cercando qualcosa di più di ‘una vecchia amicizia’, questo è un appuntamento.”

      “Buon Dio, io e te non parleremo di questo argomento.” Reid sussultò. Ma dentro di sé, si stava facendo prendere dal panico. Ha ragione. Questo è un appuntamento. Aveva fatto talmente tante acrobazie mentali di recente che non si era soffermato a riflettere su che cosa significasse veramente ‘una cena e qualche bicchiere’ per una coppia di adulti single.


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