Obiettivo Zero . Джек Марс
Читать онлайн книгу.molto interessante. Quante persone conosci che sanno esporre l’intera storia orale della rivolta di Bulavin?”
“Solo una.” Maya roteò gli occhi. “E non esporre a quella donna l’intera storia orale della rivolta di Bulavin.”
Reid ridacchiò e abbracciò la figlia.
“Andrai bene,” lo rassicurò lei.
“Anche voi starete bene,” disse il padre. “Chiederò al signor Thompson di passare per un po’…”
“Papà, no!” Maya si liberò dal suo abbraccio. “Andiamo. Ho sedici anni. Posso tenere d’occhio Sara per un paio d’ore.”
“Maya, sai quanto è importante per me che voi due non siate da sole…”
“Papà, quell’uomo puzza di olio per motori, e tutto quello di cui vuole parlare sono ‘i bei vecchi tempi’ con i Marines,” disse lei esasperata. “Non succederà niente. Mangeremo la pizza e guarderemo un film. Sara sarà a letto prima del tuo ritorno. Andrà tutto bene.”
“Credo ancora che il signor Thompson dovrebbe venire…”
“Può spiare dalle sue finestre come fa di solito. Staremo bene. Te lo prometto. Abbiamo un ottimo sistema di sicurezza, catenacci a tutte le porte, e so della pistola vicino all’ingresso…”
“Maya!” esclamò Reid. Come faceva a saperlo? “Quella non devi toccarla, hai capito?”
“Non la toccherò,” lo rassicurò lei. “Sto solo dicendo. Lo so che è lì. Per favore. Lascia che ti dimostri che posso farlo.”
A Reid non piaceva l’idea che le sue ragazze rimanessero da sole in casa, neanche un po’, ma Maya lo stava praticamente supplicando. “Ripetimi il piano di fuga,” disse.
“Tutto quanto?” protestò la figlia.
“Tutto quanto.”
“Va bene.” Si lanciò i capelli dietro una spalla, come faceva spesso quando era irritata. Roteò gli occhi al soffitto mentre recitava, con tono piatto, il piano che Reid aveva messo a punto poco dopo il loro arrivo nella casa nuova. “Se qualcuno arriva alla porta d’ingresso, prima devo accertarmi che l’allarme sia armato, e che il catenaccio e i lucchetti siano chiusi. Poi controllo dallo spioncino per accertarmi che sia qualcuno che conosco. Se non lo è, chiamo il signor Thompson e gli chiedo di indagare.”
“E se lo è?” insistette lui.
“Se è una persona che conosco,” ripeté Maya, “controllo dalla finestra di lato, con attenzione, per vedere se c’è qualcun altro. Se c’è, chiedo al signor Thompson di venire a indagare.”
“E se qualcuno prova a entrare con la forza?”
“Allora scendiamo nello scantinato e andiamo nella palestra,” recitò la ragazza. Uno dei primi lavori che Reid aveva fatto, dopo aver traslocato, era stato sostituire la porta della stanzetta nello scantinato con una dall’anima in acciaio. Aveva tre pesanti catenacci e cardini in lega d’alluminio. Era a prova di proiettili e ignifuga, e il tecnico della CIA che l’aveva installata aveva dichiarato che sarebbero serviti una dozzina di arieti della SWAT per buttarla giù. Aveva trasformato a tutti gli effetti la piccola palestra in un bunker improvvisata.
“E poi?” domandò lui.
“Prima chiamiamo il signor Thompson,” disse Maya. “E poi il 911. Se dimentichiamo i cellulari o non possiamo raggiungerli, c’è un telefono fisso nello scantinato pre-programmato con il suo numero.”
“E se qualcuno fa irruzione, e non riuscite ad arrivare allo scantinato?”
“Allora andiamo all’uscita disponibile più vicina,” continuò Maya. “Non appena siamo fuori, facciamo più rumore possibile.”
Thompson era molte cose, ma duro d’orecchio non era fra di esse. Una notte Reid e le ragazze avevano tenuto il volume della televisione troppo alto mentre guardavano un film d’azione, e l’uomo anziano era arrivato di corsa al suono di quello che aveva pensato fossero spari silenziati.
“Ma sarebbe meglio se avessimo sempre i cellulari con noi, nel caso dovessimo fare una telefonata non appena arriviamo in un posto sicuro.”
Reid annuì in segno d’approvazione. Maya aveva recitato tutto il piano, con l’eccezione di una parte piccola ma cruciale. “Hai dimenticato qualcosa.”
“No, non l’ho fatto.” Si accigliò.
“Non appena siete in un luogo sicuro, e dopo aver chiamato Thompson e le autorità…?”
“Oh, giusto. Allora ti chiamiamo subito e ti facciamo sapere che cosa è successo.”
“Okay.”
“Okay?” Maya sollevò un sopracciglio. “Okay significa che ci lascerai da sole per una volta?”
Ancora non gli piaceva. Ma era solo per un paio d’ore, e Thompson sarebbe stato alla porta accanto. “Sì,” disse alla fine.
Maya emise un sospiro di sollievo. “Grazie. Staremo bene, te lo giuro.” Lo abbracciò di nuovo, brevemente. Si girò per tornare al piano di sotto, ma poi le venne in mente qualcos’altro. “Posso farti un’altra domanda?”
“Certo. Ma non ti prometto di darti una risposta.”
“Comincerai di nuovo a… viaggiare?”
“Oh.” Ancora una volta fu preso alla sprovvista. La CIA gli aveva offerto di restituirgli il lavoro, e in effetti il direttore del National Intelligence stesso aveva richiesto che Kent Steele fosse pienamente reintegrato, ma Reid non aveva ancora accettato, e l’agenzia aveva evitato di insistere. La maggior parte del tempo faceva in modo di non pensarci.
“Io… vorrei davvero dirti no. Ma la verità è che non lo so. Non ho ancora deciso.” Si interruppe per un momento prima di chiederle: “Che cosa penseresti se lo facessi?”
“Vuoi la mia opinione?” domandò lei sorpresa.
“Sì, certo. Tu sei davvero una delle persone più intelligenti che conosca, e la tua opinione è molto importante per me.”
“Voglio dire… da una parte, è una bella cosa, sapendo quello che so ora…”
“Sapendo quello che credi di sapere,” la corresse Reid.
“Ma mi fa anche paura. So che ci sono buone possibilità che resti ferito, o… o peggio.” Maya rimase in silenzio per un po’. “Ti piace? Lavorare per loro?”
Reid non le rispose subito. Aveva ragione; quello che gli era successo era stato terrificante, e aveva messo in pericolo la sua vita più di una volta, oltre che quelle delle sue ragazze. Non avrebbe sopportato se fosse successo loro qualcosa. Ma la dura verità, e una delle maggiori ragioni per cui si era tenuto tanto impegnato di recente, era che gli era piaciuto, e che gli mancava. Kent Steele bramava la caccia. C’era stato un tempo, quando era ricominciato tutto, in cui aveva considerato quella parte di lui come una persona diversa, ma non era vero. Kent Steele era solo uno pseudonimo. Lui bramava la caccia. Gli mancava. Era una parte di Reid, proprio come insegnare e crescere le sue due figlie. Anche se aveva ancora i ricordi confusi, facevano parte di lui e della sua identità. Smettere del tutto sarebbe stato come quando un’incidente metteva fine alla carriera di una star dello sport, lasciandola a domandarsi: Chi sono, se non uno sportivo?
Non fu necessario rispondere alla sua domanda ad alta voce. Maya poté vederlo nel suo sguardo distante.
“Com’è che si chiama?” domandò la ragazza all’improvviso, cambiando argomento.
Reid sorrise imbarazzato. “Maria.”
“Maria,” ripeté lei pensierosa. “Va bene. Goditi l’appuntamento.” Poi tornò al piano di sotto.
Prima di seguirla, Reid ebbe un piccolo ripensamento. Aprì il primo cassetto del comò e frugò nel fondo fino a quando non trovò quello che stava cercando, una vecchia bottiglia di costosa colonia che non metteva da due anni. Era stata la preferita di Kate.