Storia della decadenza e rovina dell'impero romano, volume 1. Edward Gibbon

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Storia della decadenza e rovina dell'impero romano, volume 1 - Edward Gibbon


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la sorte di Siracusa, di Taranto, di Ambrachia, di Corinto ec. la condotta di Verre nell'Azione 2 or. 4 di Cic., e la pratica ordinaria dei governatori nella VIII Satira di Giovenale.

116

Svetonio vita di Claudio; Plinio Stor. Nat. XXX I.

117

Pelloutier Stor. dei Celti, tomo VI, p. 230 252.

118

Seneca De consolat. ad Helviam, pag. 74 edizione di Giusto Lipsio.

119

Dionigi d'Alicarnasso, Antich. Rom. l. II.

120

Nell'anno di Roma 701 il tempio d'Iside, e di Serapide fu demolito per ordine del Senato. (Dione l. XL p. 252), e dalle mani stesse del Console, Val. Mass. I. 3. Dopo la morte di Cesare fu riedificato a spese del pubblico, Dione, l. XLVII. pag. 501. Augusto nella sua dimora in Egitto rispettò la maestà di Serapide, Dione l. LI. p. 647, ma proibì il culto dei Numi egiziani nel Pomerio di Roma, e un miglio all'intorno, Dione l. LIII p. 679 e l. LIV pag. 735. Queste Divinità rimasero per altro in moda sotto il suo regno. Ovid. Do art. am. l. I, e sotto il suo successore, finchè la giustizia di Tiberio fu tratta ad usare qualche severità (ved. Tacito, Annal. II 85; Giuseppe Antichità l. XVIII c. 3.)

121

Tertulliano Apolog. c. 6 p. 74 ediz. Averc. Credo che questo stabilimento possa attribuirsi alla pietà della famiglia Flavia.

122

Ved. Tito Livio l. XI e XXIX.

123

Macrob. Saturn. l. III c. 9. Questo autore ci dà una formola di evocazione.

124

Minuzio Felice in Octavio p. 54. Arnobio l. VI p. 115.

125

Tacito annal. XI 24. Il Mondo Romano del dotto Spanheim è una storia completa della progressiva ammissione del Lazio, dell'Italia e delle province alla cittadinanza romana.

126

Erodoto V 97. Questo numero sembra considerabile e par credibile che l'Autore se ne sia rapportato al rumor popolare.

127

Ateneo Deipnosophist. l. VI p. 172 ediz. di Casaubono; Meursio De fortuna Attica c. 4.

128

Ved. in Beaufort Rep. Rom. l. IV c. 4 il numero esatto dei cittadini che ogni censo comprendeva.

129

Appiano De bello civili l. I. Vallejo Patercolo, l. II c. 15 16 e 17.

130

Mecenate lo consigliò di dare con un editto il titolo di cittadino a tutti i suoi sudditi; ma vien giustamente sospettato che Dione Cassio sia l'autore d'un consiglio così bene adattato alla pratica del suo secolo, e così poco alla politica di Augusto.

131

I Senatori erano obbligati di avere il terzo dei loro beni in Italia. Ved. Plinio l. VI epist. 19. Marco Aurelio permise loro di non avervi che il quarto. Dopo il regno di Traiano, l'Italia cominciò a non essere più distinta dalle altre province.

132

La prima parte della Verona Illustrata del marchese Maffei, dà la più chiara ed estesa descrizione dello stato della Italia al tempo dei Cesari.

133

Ved. Pausania l. II. Quando queste assemblee non furono più pericolose, i Romani consentirono che se ne stabilissero i nomi.

134

Cesare ne fa spesso menzione. L'Ab. Dubos non ha potuto provare che i Galli abbian continuato sotto gl'Imperatori a tenere queste assemblee. Stor. dello stabilimento della Monarch. Francese, l. I, c. 4.

135

Seneca De Consol. ad Helviam, c. 6.

136

Mennone presso Fozio c. 33. Valerio Mass. IX 2, Plutarco e Dione Cassio fanno ascender la strage a 150000 cittadini; ma credo che un numero minore sia più che bastante.

137

Venticinque colonie furono stabilite nella Spagna. Ved. Plinio Stor. Nat. II 3, 4; IV 35, e nove nella Britannia, tra le quali Londra, Colchester, Lincoln, Chester, Glocester, e Bath sono ancora città considerabili. Ved. Riccardo di Cirencester p. 364 e la Stor. di Manchester di Whitaker l. I c. 3.

138

Aulo Gellio Noctes Atticae, XVI. 13. L'imperatore Adriano era sorpreso che le città di Utica, di Cadice e d'Italica, che godevano de' privilegi annessi alle città municipali, sollecitassero il titolo di Colonie: fu presto però seguito il loro esempio, e l'Impero si trovò ripieno di colonie onorarie. Ved. Spanheim De usu numismat. dissert. XIII.

139

Spanheim Orb. Rom. c. 8 p. 62.

140

Aristide, in Romae encomio, tom. I. p. 218 edit. Jebb.

141

Tacito Annal. XI 2 24 Stor. IV 74.

142

Plinio Stor. Nat. III 5, S. Agostino De Civitate Dei XIX 7, Giusto Lipsio De pronunciatione linguae latinae c. 3.

143

Apuleio e S. Agostino saranno garanti per l'Affrica; Strabone per la Spagna e la Gallia; Tacito nella vita d'Agricola per la Britannia, e Velleio Patercolo per la Pannonia. A tutte queste testimonianze noi possiamo aggiugnere il linguaggio delle Iscrizioni.

144

La lingua celtica si conservò nei monti del paese di Galles, di Cornovaglia, e dell'Armorica. Apuleio rimprovera l'uso della lingua punica a un giovane affricano, che viveva tra gli ultimi del popolo, mentre avea quasi dimenticata la greca, e che non sapeva o non voleva parlar latino. Apolog. p. 596. S. Agostino non parlò che rarissimamente in lingua punica ne' suoi Concilj.

145

La sola Spagna fu madre di Columella, dei due Seneca, di Lucano, di Marziale e di Quintiliano.

146

Da Dionigi fino a Libanio, nessun critico greco, che io sappia, fa menzione di Virgilio, o di Orazio. Sembra che nessuno conoscesse i buoni Scrittori romani.

147

Il lettore curioso può vedere nella Biblioteca Ecclesiastica di Dupin tom. XIX p. I cap. 8 qual cura si aveva per conservare le lingue siriaca ed egiziana.

148

Ved. Gioven. Sat. III e XV, Ammiano Marcellino XXII 16.

149

Dione Cassio l. LXXVII p. 1275. Sotto il regno di Settimio Severo fu per la prima volta un Egiziano ammesso nel Senato.

150

Valerio Massimo, l. II c. 2 n. 1. L'Imperatore Claudio degradò un ragguardevol Greco, perchè non sapeva la lingua latina. Questi avea forse qualche pubblico impiego. Svet. Vita di Claudio c. 16.

151

Nel campo di Lucullo un bove fu venduto una dramma, ed uno schiavo quattro dramme. Plutarco; Vita di Lucullo, p. 580.

152

Diodoro di Sicilia, in Eclog. Hist. l. XXXIV e XXXVI Floro III 19 20.

153

Ved. un esempio notabile di severità in Cicerone, in Verrem. V. 3.

154

Grutero, e gli altri compilatori riportano un gran numero d'iscrizioni indirizzate dagli schiavi alle lor mogli, ai figli, ai compagni, ai padroni ec. e che, secondo tutte le apparenze, sono del secolo degl'Imperatori.

155

Ved. la Storia Augusta, ed una Dissert. di M. de Burigny intorno agli schiavi dei Romani nel XXXV volume dell'Accademia delle Belle Lettere.

156

Ved. un'altra Dissert. del suddetto M. de Burigny intorno ai liberti dei Romani nel XXXVII tomo della stessa Accad.

157

Spanheim Orb. Rom. l. I. c. 16 p. 124 ec.

158

Seneca, De Clementia l. I. C. 24. L'Originale è molto più forte. Quantum periculi immineret, si servi nostri numerare nos coepissent.

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