Storia della decadenza e rovina dell'impero romano, volume 1. Edward Gibbon

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Storia della decadenza e rovina dell'impero romano, volume 1 - Edward Gibbon


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Traiano era cosa dubbiosa se fosse il Tribunato un uffizio, od un nome. Plin. let. l. I 23.

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I tiranni stessi furono ambiziosi del Consolato. I Principi virtuosi lo dimandarono con moderazione, e l'esercitarono con esattezza. Traiano rinnovò l'antico giuramento, dinanzi il tribunale del Console, di osservare le leggi; Plin. Panegir. c. 64.

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«Quoties magistratuum comitiis interesset, Tribus cum candidatis suis circuibat, supplicabatque more solemni. Ferebat et ipse suffragium in Tribubus, ut unus e populo.» Svet. Vita d'Aug. c. 56.

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«Tum primum comitia e campo ad Patres translata sunt», Tacito ann. I 15. La parola primum par che alluda ad alcuni deboli e vari sforzi fatti per rendere al popolo quel diritto.

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Dione, l. LIII p. 703, 704, ha dato un debole, e parziale prospetto del sistema Imperiale. Per illustrarlo ho meditato Tacito, esaminato Svetonio, e consultato i seguenti moderni: L'Ab. de la Bleterie Mem. dell'Accad. Tom. XIX, XXI, XXIV, XXV, XXVII; Beaufort, Repub. Rom. I p. 255. 275; due Dissert. di Noodt, e di Gronov. De lege Regia stampate a Leida nel 1731; Gravina De Imp. Rom. p. 479 544 de' suoi Opuscoli; Maffei Verona illustr. p. 1 p. 245 cc.

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Un Principe debole sarà sempre governato dai suoi domestici. La potenza degli schiavi aggravò la vergogna dei Romani, ed i Senatori fecer la corte a un Pallante, e ad un Narciso. Può accadere che un favorito moderno sia un gentiluomo.

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Vedi un Tratt. di Van-Dale De consacrat. Principum. Sarebbe più facile per me il copiare, di quel che sia il verificare le citazioni di questo dotto Olandese.

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Ved. una Dissert. dell'Ab. di Mongault nel I vol. della Accad. dell'Iscrizioni.

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«Jurandasque tuum per nomen ponimus aras» dice Orazio all'Imperatore istesso, e Orazio conosceva bene la Corte di Augusto.

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Vedi Cicerone Philipp. I 16; Giuliano in Caesaribus.

Inque Deum templis jurabit Roma per umbras esclama Lucano sdegnato. Ma questa indignazione è originata più dal patriottismo, che dalla devozione.

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Dione lib. LIII. p. 710 colle note curiose di Reimar.

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Mentre Ottaviano si avanzava verso il banchetto dei Cesari, il suo colore cambiava come quello del Camaleonte, pallido prima, di poi rosso, indi nero; prese finalmente il delicato colore di Venere, e delle Grazie: Caesares, p. 309. Questa immagine, impiegata da Giuliano nella sua ingegnosa finzione, è giusta e graziosa. Ma quando ei considera questo cambiamento di carattere come reale, e che lo attribuisce al potere della filosofia, egli fa troppo onore alla filosofia, e ad Ottaviano.

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Dugent'anni dopo lo stabilimento della Monarchia, l'Imperatore Marco Aurelio vanta il carattere di Bruto come un perfetto modello della virtù romana.

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È gran perdita per noi quella parte di Tacito, che trattava di questo avvenimento. Siamo forzati di contentarci dei rumori popolari riferiti da Giuseppe, e delle imperfette narrazioni di Dione e di Svetonio.

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Augusto restituì l'antica severità alla disciplina. Dopo le guerre civili non chiamò più i soldati Militones, ma solamente Milites; Sveton. in Aug. c. 25. Vedi la maniera colla quale Tiberio calmò la sedizione delle legioni della Pannonia. Tacito Annal. I.

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Queste parole par che fossero la formola determinata Ved. Tacito Annal. XIII 4.

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Il primo fu Camillo Scriboniano che prese l'armi nella Dalmazia contro Claudio, e fu abbandonato dalle sue proprie truppe in cinque giorni. Il secondo Lucio Antonio nella Germania che si ribellò contro Domiziano; e il terzo Ovidio Cassio nel Regno di Marco Antonino. I due ultimi non regnarono che pochi mesi, e furono trucidati dai loro proprj aderenti. È da osservarsi che Camillo e Cassio colorirono la loro ambizione col divisamento di ristabilire la Repubblica; impresa, diceva Cassio, specialmente riservata al suo nome, ed alla sua famiglia.

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Velleio Patercolo l. II cap. 121. Svetonio in Tiberio cap. 20.

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Svetonio in Tit. cap 6. Plin. nella prefazione alla Stor. Nat.

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Questa idea è spesso e fortemente inculcata da Tacito Ved. Stor. I 5 16 II 76.

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L'Imp. Vespasiano col suo solito buon senso si ride dei genealogisti, che deducevano la sua famiglia da Flavio fondatore di Riete sua patria, ed uno dei compagni d'Ercole. Svet. Vita di Vesp. cap. 12.

252

Dione lib. LXVIII p. 1121. Plinio, Paneg.

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Felicior Augusto, melior Traiano: Eutrop. VIII, 5.

254

Dione lib. LXIX, p, 1249 considera il tutto come una finzione sopra l'autorità di suo padre, ch'essendo governatore della provincia, nella quale morì Traiano, potea facilmente sviluppare questo mistero. Dodwell Praelect. Cambden XVII. ha sostenuto che Adriano, essendo Traiano vivente, fu designato suo successore.

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Dione, l. LXX p. 1171 Aurel. Victor.

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La deificazione, le medaglie, le statue, i templi, le città, gli oracoli, e la costellazione di Antinoo sono ben cogniti, e disonorano agli occhi della posterità la memoria dell'Imperatore Adriano. È da osservarsi per altro, che tra i quindici primi Cesari Claudio fu il solo, i cui amori non abbiano fatto arrossir la natura. Intorno agli onori renduti ad Antinoo, vedi Spanheim nei Commentarj ai Cesari di Giuliano p. 80.

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Stor. Aug. p. 13. Aurelio Vittore in Epitom.

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Senza il soccorso delle medaglie e delle iscrizioni noi ignoreremmo quest'azione di Antonino Pio, che fa tant'onore alla sua memoria.

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In tutti i 23 anni del regno di Antonino, Marco Aurelio non fu che due notti assente dal Palazzo, ed ancora in due volte diverse. Storia Angusta p. 25.

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Questo Principe amava gli spettacoli, e non era insensibile ai vezzi del bel sesso: Marco Aurelio I 16. Storia Augusta p. 20 e 21. Giuliano nei Cesari.

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Marco Aurelio è stato accusato d'ipocrisia, e i suoi nemici gli hanno rimproverato di non aver avuto quella semplicità, che contrassegnava Antonino Pio, e Vero pur anco: Storia Augusta 6. 34. Questo ingiusto sospetto ci fa vedere quanto le qualità personali sieno più applaudite delle virtù sociali. Marco Aurelio egli istesso è tacciato d'ipocrisia, ma lo scettico più grande che dar si possa, non dirà mai che Cesare fosse un poltrone, o Cicerone un imbecille. Lo spirito ed il valore seducono assai più dell'umanità e dell'amore per la giustizia.

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Tacito ha in poche parole esposti i principj della scuola del Portico. «Doctores sapientiae secutus est, qui sola bona quae honesta, mala tantum quae turpia, potentiam nobilitatem, caeteraque extra animum, neque bonis, neque malis adnumerant.» Tacito Stor. IV 5.

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Avanti la seconda sua spedizione contro i Germani, fece alcune pubbliche lezioni di filosofia al popolo romano. Egli avea già fatto lo stesso nelle città della Grecia e dell'Asia. Stor. Aug. in Cassio c. 3.

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Dion. l. LXXI p. 1190 Stor. Aug. in Avidio Cassio.

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Stor. August. in Marco Antonin. c. 18.

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Vitellio spese per la sua tavola circa dodici milioni di zecchini quasi in sei mesi. È difficile l'esprimere i vizj di questo Principe con dignità od anche con decenza. Tacito lo chiama un porco, ma sostituendo a quella parola grossolana una bellissima immagine «At. Vitellius, umbraculis hortorum abditus, ut ignava animalia, quibus si cibum suggeras, jacent torpentque, praeterita, instantia, futura pari oblivione dimiserat. Atque illum nemore Aricino desidem, et marcentem etc.» Tacit. Stor. III 36. Sveton. in Vitell. c. 13. Dione Cassio l. LXV p. 1062.

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