Se lei udisse. Блейк Пирс

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Se lei udisse - Блейк Пирс


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Ecco un’altra delle sue piccole gentilezze. «C’è una grossissima parte di me entusiasta del fatto che ricominci. Nell’ultimo mese è stato quasi doloroso guardarti ciondolare di qua e di là, con l’aria di chi ha perso le chiavi e non sa dove cercarle. Lo so che ti manca e, per quanto riguarda questo caso, sono felice di dare il mio consenso. Ma la cosa solleva delle domande.»

      «Parecchie domande» concordò Kate. «Affrontiamole.»

      «Ottimo. Pur essendo ormai praticamente in pensione, dovrò comunque rispondere a telefonate e partecipare a riunioni qua e là nel prossimo anno per concludere accordi dell’ultimo minuto. Quindi ti chiedo che il tuo lavoro non prevalga automaticamente sul mio. Detto ciò, dobbiamo andare avanti e scegliere un nido per Michael.»

      «Sono d’accordo. Ora, per questo caso, sei libero nella prossima settimana?»

      «Sì. Non ho niente in programma per altre tre settimane, in realtà.»

      «E ti spiacerebbe fare il padre single per qualche giorno se accetto il caso?»

      «Certo che no. Un po’ di tempo tra ragazzi sarà divertente.»

      «Quali altre domande hai?»

      «Sto pensando al fattore sicurezza. Lo so che tu sai cavartela e questa è una delle ragioni per cui ti amo. Però non può certo piacermi l’idea che la mia mogliettina di cinquantasette anni parta all’inseguimento di uomini che hanno la metà dei suoi anni e che non si fanno problemi a ucciderla. Non sei mica un’agente da scrivania o che se ne sta parcheggiata in auto.»

      «Io e Duran ne abbiamo parlato. Questo caso in particolare dovrebbe essere piuttosto semplice. È anche consapevole del fattore età, anche se lui l’ha messa giù in maniera un pochino meno sgradevole.»

      «Un’altra cosa.» Allen si posò allo schienale della sedia e bevve un sorso di vino. Guardò la sdraietta in cui sonnecchiava Michael mentre loro mangiavano e sorrise. «Per quanto andrai avanti? Sinceramente? Per quanto ancora puoi insistere? Non riesco a immaginare che sottoporre il tuo corpo allo stress di una gravidanza e di un parto ti abbia facilitato molto le cose.»

      «È una domanda difficile a cui rispondere» disse Kate. «Questa situazione… non avrei mai potuto immaginarmela. Un bambino a cinquantasette anni. Un supervisore e una partner che mi vogliono ancora in attività. È più di quanto possa sinceramente digerire e… non lo so. Credo di non poterlo sapere finché non tornerò là fuori.»

      Lo osservò pensarci su; l’angolo destro della bocca scattò all’ingiù in un mezzo cipiglio, come spesso faceva quando rifletteva.

      «Allora penso che tu debba tornare» disse. «Per il momento. Magari ne riparleremo fra tre mesi per vedere come siamo messi. Ti pare giusto?»

      «Mi pare più che giusto.»

      Aveva voglia di dirgli quanto era stato adorabile e accomodante per tutta la relazione. Ma lui già lo sapeva, perché Kate glielo diceva di continuo. Sapeva che la maggior parte delle volte pareva scegliere il lavoro a discapito di Allen; se doveva essere onesta con se stessa, aveva fatto proprio così. Ma adesso avevano un bambino e un futuro quasi proiettato verso il matrimonio. Era questa la sua vita adesso, la sua nuova vita, e finalmente aveva la possibilità di impedire al lavoro di controllarla completamente. L’aveva già fatto una volta in passato, e la cosa aveva quasi creato una ferita tra lei e Melissa.

      Capì subito che era cambiato qualcosa. In passato non avrebbe perso tempo: avrebbe lasciato subito la tavola per preparare i bagagli per il viaggio dell’indomani nella Carolina del Nord. Adesso invece, in seguito alla riunione con Duran e alla conversazione con Allen, tutto ciò che voleva era starsene seduta lì con lui. Era lui il suo futuro, non il lavoro. Allen, Michael e Melissa potevano essere il centro della sua vita, e sarebbe stato bello.

      Tutto ciò che doveva fare era assicurarsi di avere il cuore centrato. Assicurarsi di essere in grado di adattarsi a una vita che pareva tanto perfetta.

      E, per il momento, starsene seduta lì con Allen pareva davvero la perfezione assoluta.

      CAPITOLO QUATTRO

      Quando Kate e DeMarco si incontrarono all’auto nel parcheggio del bureau, parve che non fosse passato un giorno. C’era però qualcosa di notevolmente diverso, e di ben più profondo della mera apparenza, in DeMarco; praticamente come l’ultima volta che si erano viste, quasi sei mesi prima.

      «Agente Wise, bello rivederti» disse DeMarco.

      «Il piacere è mio.»

      Si abbracciarono rapidamente e fu allora, in qualcosa di semplicissimo come quel breve scambio di effusioni, che Kate capì che in DeMarco c’era qualcosa di diverso. Erano passati meno di undici mesi dall’ultima volta che avevano lavorato insieme, ma la donna era cambiata in un modo di non facile interpretazione. Era più della semplice distanza temporale e del modo in cui Duran l’aveva ritratta alla riunione. Lei stessa pareva cambiata. Il primo pensiero di Kate fu che sembrava invecchiata, ma non era del tutto esatto. Aveva l’aria di una che teneva la testa alta, che guardava dritto avanti a sé senza bisogno di essere sostenuta. In quel senso, sì, DeMarco pareva invecchiata. Avendo appena avuto un bambino, Kate alla fine pensò a un’analogia calzante; nell’aspetto DeMarco era passata da una donna ingenua desiderosa di avere un bambino alla donna che l’aveva appena avuto: una madre ormai guidata dall’istinto materno.

      Un altro cambiamento notevole risiedeva nel legame tra Kate e DeMarco. Fu evidente fin dall’inizio – dal momento in cui buttarono le borse nel bagagliaio della berlina del bureau per cominciare il viaggio verso la Carolina del Nord. Non era nulla di negativo. Erano entrambe estasiate di rivedersi, forse ancor più entusiaste di lavorare a un caso dopo quasi sei mesi. Ma c’era la sensazione di un cambiamento di leadership. DeMarco non era più la subordinata che ammirava Kate e ne seguiva la guida. Adesso in lei c’era una maggiore sicurezza. Era un’agente emergente che sbrogliava casi da sola.

      Non era stato detto nulla – né da DeMarco né da Duran – ma Kate capì ancor prima che uscissero da Washington DC che di quel caso il capo era DeMarco. Era un fatto intangibile che percepiva. E, a dire la verità, a Kate non importava. Anzi, sembrava giusto.

      La maggior parte del viaggio passò con gli aggiornamenti. Avevano sei ore da passare e trascorsero fin troppo in fretta. Kate raccontò qualche storia su Michael e su come ci si sentisse ad avere un neonato più piccolo della nipote. Parlò dei tentativi di rimanere acuta e attiva lontano dal lavoro quando il suo mondo essenzialmente era costituito da latte in polvere, pannolini da cambiare e sonnellini ogni secondo che poteva.

      DeMarco, a sua volta, le parlò della sua vita. Tenne al minimo i dettagli personali, fornendo solo l’essenziale su una nuova donna con cui usciva e un rischio di cancro del padre. Ma parlò soprattutto di lavoro. Quando si mise a discuterne i punti salienti, lo fece quasi con imbarazzo.

      «Non c’è bisogno di essere così timide» disse Kate. «Duran mi ha detto che stai lavorando benissimo, in particolare nelle ultime settimane. Allora… quando ha detto che hai preso quell’assassino da sola, che cosa voleva dire esattamente?»

      «Vuoi davvero saperlo?» Sembrava sorpresa ma, nel profondo, un po’ entusiasta.

      «Certo che sì!»

      «Be’, non voglio vantarmi. Però sì… aveva ucciso due coniugi nella parte settentrionale di New York e poi aveva cercato di uccidere e derubare qualcuno a Washington DC. Abbiamo scoperto che era qui ed è stata avviata una caccia all’uomo. All’inizio non ero io a capo del caso, ma il responsabile ha preso l’influenza e sono stata praticamente costretta ad accettare il ruolo. Alla fine ho bloccato l’assassino e uno dei suoi amichetti in una vecchia casa appena fuori Georgetown. Ho dovuto sparare all’amico. Gli ho fatto fuori il ginocchio sinistro. Ho fermato l’assassino in un velocissimo incontro di wrestling. Per sbaglio gli ho dislocato l’anca e fratturato un polso.»

      «Gli hai dislocato l’anca per sbaglio?» chiese Kate con una risata.

      «Sì, per sbaglio. E poi… era fatto. Dopo abbiamo scoperto che aveva preso degli acidi. Fosse stato in sé e avesse capito che cosa stava succedendo, le cose sarebbero potute finire molto


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