Orlando Furioso. Lodovico Ariosto

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Orlando Furioso - Lodovico Ariosto


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è l'annel ch'ella portò già in Francia

      la prima volta che fe' quel camino

      col fratel suo, che v'arrecò la lancia,

      la qual fu poi d'Astolfo paladino.

      Con questo fe' gl'incanti uscire in ciancia

      di Malagigi al petron di Merlino;

      con questo Orlando ed altri una matina

      tolse di servitù di Dragontina;

5

      con questo uscì invisibil de la torre

      dove l'avea richiusa un vecchio rio.

      A che voglio io tutte sue prove accorre,

      se le sapete voi così come io?

      Brunel sin nel giron lel venne a torre;

      ch'Agramante d'averlo ebbe disio.

      Da indi in qua sempre Fortuna a sdegno

      ebbe costei, fin che le tolse il regno.

6

      Or che sel vede, come ho detto, in mano,

      sì di stupore e d'allegrezza è piena,

      che quasi dubbia di sognarsi invano,

      agli occhi, alla man sua dà fede a pena.

      Del dito se lo leva, e a mano a mano

      sel chiude in bocca: e in men che non balena,

      così dagli occhi di Ruggier si cela,

      come fa il sol quando la nube il vela.

7

      Ruggier pur d'ogn'intorno riguardava,

      e s'aggirava a cerco come un matto;

      ma poi che de l'annel si ricordava,

      scornato vi rimase e stupefatto:

      e la sua inavvertenza bestemiava,

      e la donna accusava di quello atto

      ingrato e discortese, che renduto

      in ricompensa gli era del suo aiuto.

8

      – Ingrata damigella, è questo quello

      guiderdone (dicea), che tu mi rendi?

      che più tosto involar vogli l'annello,

      ch'averlo in don? Perché da me nol prendi?

      Non pur quel, ma lo scudo e il destrier snello

      e me ti dono, e come vuoi mi spendi;

      sol che 'l bel viso tuo non mi nascondi.

      Io so, crudel, che m'odi, e non rispondi. —

9

      Così dicendo, intorno alla fontana

      brancolando n'andava come cieco.

      Oh quante volte abbracciò l'aria vana,

      sperando la donzella abbracciar seco!

      Quella, che s'era già fatta lontana,

      mai non cessò d'andar, che giunse a un speco

      che sotto un monte era capace e grande,

      dove al bisogno suo trovò vivande.

10

      Quivi un vecchio pastor, che di cavalle

      un grande armento avea, facea soggiorno.

      Le iumente pascean giù per la valle

      le tenere erbe ai freschi rivi intorno.

      Di qua di là da l'antro erano stalle,

      dove fuggìano il sol del mezzo giorno.

      Angelica quel dì lunga dimora

      là dentro fece, e non fu vista ancora.

11

      E circa il vespro, poi che rifrescossi,

      e le fu aviso esser posata assai,

      in certi drappi rozzi aviluppossi,

      dissimil troppo ai portamenti gai,

      che verdi, gialli, persi, azzurri e rossi

      ebbe, e di quante fogge furon mai.

      Non le può tor però tanto umil gonna,

      che bella non rassembri e nobil donna.

12

      Taccia chi loda Fillide, o Neera,

      o Amarilli, o Galatea fugace;

      che d'esse alcuna sì bella non era,

      Titiro e Melibeo, con vostra pace.

      La bella donna tra' fuor de la schiera

      de le iumente una che più le piace.

      Allora allora se le fece inante

      un pensier di tornarsene in Levante.

13

      Ruggiero intanto, poi ch'ebbe gran pezzo

      indarno atteso s'ella si scopriva,

      e che s'avide del suo error da sezzo,

      che non era vicina e non l'udiva;

      dove lasciato avea il cavallo, avezzo

      in cielo e in terra, a rimontar veniva:

      e ritrovò che s'avea tratto il morso,

      e salia in aria a più libero corso.

14

      Fu grave e mala aggiunta all'altro danno

      vedersi anco restar senza l'augello.

      Questo, non men che 'l feminile inganno,

      gli preme al cor; ma più che questo e quello,

      gli preme e fa sentir noioso affanno

      l'aver perduto il prezioso annello;

      per le virtù non tanto ch'in lui sono,

      quanto che fu de la sua donna dono.

15

      Oltremodo dolente si ripose

      indosso l'arme, e lo scudo alle spalle;

      dal mar slungossi, e per le piaggie erbose

      prese il camin verso una larga valle,

      dove per mezzo all'alte selve ombrose

      vide il più largo e 'l più segnato calle.

      Non molto va, ch'a destra, ove più folta

      è quella selva, un gran strepito ascolta.

16

      Strepito ascolta e spaventevol suono

      d'arme percosse insieme; onde s'affretta

      tra pianta e pianta, e trova dui, che sono

      a gran battaglia in poca piazza e stretta.

      Non s'hanno alcun riguardo né perdono,

      per far, non so di che, dura vendetta.

      L'uno è gigante, alla sembianza fiero;

      ardito l'altro e franco cavalliero.

17

      E questo con lo scudo e con la spada,

      di qua di là saltando, si difende,

      perché la mazza sopra non gli cada,

      con che il gigante a due man sempre offende.

      Giace morto il cavallo in su la strada.

      Ruggier si ferma, e alla battaglia attende;

      e tosto inchina l'animo, e disia

      che vincitore il cavallier ne sia.

18

      Non che per questo gli dia alcun aiuto;

      ma si tira da parte, e sta a vedere.

      Ecco


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